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Il declino della democrazia: analisi di Freedom in the World 2018

18 Marzo 2019

di Andrea Pezzati
da Geopolitica.info

Freedom House è un’organizzazione non governativa con sede a Washington D.C. che si occupa di condurre ricerche e analisi sulla democrazia, sulla libertà politica e sui diritti umani. Il suo contributo più noto è la pubblicazione annuale di un report chiamato Freedom in the World, in cui viene valutato il livello di libertà, politica e civile, presente in ciascun paese del mondo. Ogni stato viene classificato come Free, Partly Free o Not Free in base al punteggio ottenuto (da 1, Most Free, a 7, Least Free).

Il 2018 ha rappresentato una triste costante: per il tredicesimo anno consecutivo la libertà nel mondo ha subito un calo generale. Infatti, dal 2006 la percentuale di paesi Not Free è aumentata dal 14% al 26% mentre la percentuale dei paesi Free è diminuita dal 46% al 44%. I paesi Not Free hanno mantenuto le loro caratteristiche autoritarie: violenze e incarcerazioni di oppositori politici, censura della stampa, corruzione dilagante, libertà politiche e di espressione molto limitate, uso della forza per reprimere manifestazioni di dissenso, scarsa separazione dei poteri, per citarne alcune. Sono dieci gli stati che hanno il punteggio massimo di 7: Arabia Saudita, Corea del Nord, Eritrea, Guinea Equatoriale, Repubblica Centrafricana, Siria, Somalia, Sud Sudan, Sudan, Turkmenistan. I paesi che hanno sperimentato un miglioramento sono Angola, Armenia, Ecuador, Etiopia e Malesia in quanto i loro governi sono stati capaci di attuare riforme economiche e sociali che hanno innalzato la qualità della vita della popolazione. Bisogna precisare che ciò non significa che hanno raggiunto necessariamente adeguati livelli di libertà. L’Angola, ad esempio, è passata da un punteggio di 6 nel 2018 a un punteggio di 5.5 nel 2019, rimanendo, quindi, classificata come Not Free.

In generale, nel 2018, sono 68 i paesi che hanno subito un declino nel punteggio mentre sono 50 coloro che hanno visto crescere il proprio. Questa differenza può essere ritenuta ancora più allarmante se si considera che solamente il 39% della popolazione mondiale abita in uno stato Free, contro il 37% e il 24% che abitano rispettivamente in stati Not Free e Partly Free. Dunque, meno di una persona su due nel mondo gode delle piene libertà politiche e civili previste dalla democrazia.

In ogni report, Freedom House analizza la situazione di alcuni paesi ritenuti meritevoli di attenzione. Gli Stati Uniti, roccaforte della democrazia, restano saldamente un paese Free con un punteggio di 1.5. Tuttavia, il report afferma che lo stato di diritto nel paese americano è in declino a causa delle politiche governative riguardanti l’immigrazione, giudicate rigide e confusionarie, e della diffusa discriminazione nei confronti dei rifugiati e dei migranti. Gli Stati Uniti si posizionano dietro 51 degli 87 paesi Free. L’Armenia ha avuto un’importante svolta democratica con l’elezione a Primo Ministro di Nikol Pashinyan in seguito alla Rivoluzione di Velluto, culminata con le dimissioni dell’ex Presidente della Repubblica e allora Primo Ministro Serž Sargsyan. Le passate dichiarazioni del neoeletto Presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, potrebbero far pensare a un possibile passo indietro nei diritti umani e nella democrazia. La Cambogia è sempre più autoritaria, in quanto il Presidente Hun Sen ha eliminato l’opposizione e censurato i media. Paul Biya, Presidente del Camerun dal 1982, ha nuovamente esteso il suo mandato (il settimo) attraverso elezioni giudicate truccate; inoltre, la popolazione anglofona subisce oppressioni e viene emarginata, con il rischio dello scoppio di una guerra civile. La Cina continua le persecuzioni e le detenzioni forzate presso “centri di rieducazione” nei confronti del popolo Uiguro. L’Etiopia vede finalmente la luce: il nuovo Primo Ministro Abiy Ahmed Ali ha concluso un trattato di pace fondamentale con l’Eritrea, portando a termine un conflitto iniziato nel 1998; inoltre, ha liberato migliaia di prigionieri politici, posto fine allo stato di emergenza, licenziato funzionari colpevoli di violazioni di diritti umani e promosso riforme economiche e sociali. L’Iraq ha eletto in maniera democratica il suo ottavo Presidente, Barham Ṣāliḥ. Il Presidente dello Sri Lanka Maithripala Sirisena ha unilateralmente licenziato il Primo Ministro Ranil Wickremesinghe e sciolto il Parlamento, aprendo una grave crisi politica. In Tanzania il governo ha posto agli arresti gli oppositori politici, soffocato le manifestazioni di protesta e consolidato il potere del partito al governo.

Vi sono alcuni paesi che hanno visto mutare il loro status. L’Ungheria è passata da Free a Partly Free a causa dei continui attacchi alle istituzioni democratiche da parte del Primo Ministro Viktor Orbán e del suo partito, accusati di reprimere l’opposizione, i media, i gruppi religiosi, le associazioni, i richiedenti asilo e altri. Il Nicaragua è diventato un paese Not Free a causa della violenta repressione del governo nei confronti della popolazione scesa nelle piazze a manifestare il proprio dissenso; anche i gruppi religiosi e gli oppositori politici sono presi di mira, vengono arrestati o uccisi dai soldati dell’esercito governativo. A causa di dubbi sulla correttezza delle elezioni politiche e del tentativo da parte del governo e dei media alleati di emarginare i giornalistici critici, la Serbia passa da Free a Partly Free. Presidente dell’Uganda dal 1986, Yoweri Museveni ha limitato la libertà di espressione, mettendo sotto controllo le telecomunicazioni e ponendo una tassa sull’utilizzo dei social media; per questo il paese è divenuto Not Free. Infine, lo Zimbabwe ha migliorato il proprio punteggio progredendo da Not Free a Partly Free poiché il Presidente Emmerson Mnangagwa è stato eletto legittimamente.

Ricapitolando, tra il 2006 e l’inizio del 2019, 116 paesi hanno subito un declino netto delle libertà e della democrazia, mentre solo 63 paesi hanno avuto un netto miglioramento. Secondo Freedom House, il deterioramento delle regole democratiche deriva da diversi fattori. I processi elettorali sono peggiorati più di qualsiasi altra misura di libertà. I limiti temporali dei mandati non sono stati rispettati da 34 leader politici negli ultimi 13 anni. La libertà di espressione è in costante declino da anni. La sicurezza degli espatri è in pericolo poiché quasi la metà dei paesi Not Free bersagliano i propri cittadini migrati in altri paesi. Rispetto al 2005 sono aumentate le pulizie etniche. In seguito alla crisi migratoria del 2015, alcuni paesi sono peggiorati a causa di politiche sull’immigrazione aventi scarsa attenzione verso i diritti dei migranti.

Ciò che emerge dal report Freedom in the World 2019 è che la democrazia, dopo i successi ottenuti nel Ventesimo secolo e, in particolare, al termine della Guerra fredda quando i paesi dell’ex blocco sovietico si affacciarono a sistemi democratici, è in uno stato regressivo costante. Perdere di vista gli sviluppi e sottovalutare la condizione della democrazia nel mondo sarebbe un errore molto grave.