30 Novembre 2018
di Riccardo Lancioni, da Geopolitica.info
Economia e Industria
L’Hesagone vanta un PIL nel 2017 di 2.583 miliardi, dati WB, cedendo all’India la settima posizione a livello mondiale. Possiede la più produttiva agricoltura d’Europa, grande vanto nazionale, ma industrialmente si trova al terzo posto dopo Italia e Germania. Al di là del freddo dato statistico la Francia possiede numerose aziende di grandi dimensioni nei settori chiave e lo stato svolge un ruolo centrale nell’economia nazionale. L’APE, Agence des Partecipations de l’Ètat, è una delle agenzie di partecipazioni statali più grandi del mondo, dati del “Rapport d’Activitè APE 2017-2018”. Vanta un portafoglio con oltre 75md di valore in quote azionarie di 81 imprese. Ma dove si colloca il principale intervento statale? Vi è una netta predominanza nel settore energetico, che rappresenta quasi il 50% dei titoli di proprietà dell’APE. Per comprendere il peso di tale impegno si consulti Eurostat che vede la Francia primo produttore europeo di energia con il 48% del totale. Una vastissima produzione che mantiene basso il costo per famiglie e imprese ma che genera anche notevoli profitti con l’export.
I 58 reattori nucleari gestiti dalla società pubblica EDF, Électricité de France, sono la componente nettamente maggioritaria e insostituibile, 71,6%, della produzione nazionale di energia. Fornitore di materiale fissile è Orano, 45% statale, che si occupa di estrazione e raffinazione dell’uranio, fabbricazione, trasporto e riprocessamento del combustibile, smantellamento dei siti radioattivi e gestione delle scorie. Nell’equazione non bisogna dimenticare Total che è l’ottava azienda mondiale per estrazione di greggio. Sia Grands ports maritimes sia Naval Group sono statali o a maggioranza statale con una capacità cantieristica e portuale di prim’ordine. Lo stato possiede forti partecipazioni anche in Air France-KLM, Renault e nel gruppo PSA, Peugeot Société Anonyme, a cui appartengono anche Citroën e Opel. BNP Paribas e Credit agricole sono la seconda e terza banca a livello Europeo come assets, dati di S&P. Arriviamo in fine al comparto difesa e spazio. Qui la Francia dispiega una serie di aziende statali e private senza eguali sul continente, le maggiori sono Dassault, Thales, Airbus, Nexter e Safran, con una capacità di produrre sistemi in autonomia per tutte le forze armate, il “tout français” è un elemento essenziale per la politica internazionale dell’Eliseo.
La Francia però non possiede sul territorio nazionale le materie prime necessarie, come fare?
I 14 con il Franco
Recentemente la scrittrice francese Fanny Pigeaud ha denunciato come coloniale il sistema del franco CFA nel suo libro “L’arme invisible de la Françafrique” uscito lo scorso 27 settembre ed edito da La Découverte. Ma di cosa si tratta?
Le due aree monetarie distinte, rispettivamente Union économique et monétaire ouest-africaine e Communauté économique et monétaire de l’Afrique centrale.
Il franco resiste ancora in 14 paesi africani sotto il nome di franco CFA, franc de la Communauté financière africaine, nato ufficialmente nel 1945 come franc des colonies françaises d’Afrique. Per quanto anacronistico possa sembrare la “zona del franco” comprende due aree valutarie distinte, Africa Centrale e Africa Occidentale, con 14 paesi appartenenti: Camerun, Ciad, Gabon, Guinea Equatoriale, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo, Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea-Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo. Mantenendo attualmente il 60% delle loro riserve monetarie presso la Banca di Francia, ottengono in cambio che Parigi garantisca la parità fissa con l’euro. La mobilità dei capitali, un tempo necessaria al drenaggio di risorse verso la madrepatria è tuttora in vigore e le riunioni periodiche per decidere le politiche monetarie si tengono presso il Tesoro Francese.
Non è solo l’economia ad essere tacciata di neo-colonialismo.
La legion toujours en Afrique
Il nome legione straniera risuona di misticismo e romanticismo d’altri tempi, oggi è uno strumento militare moderno e di grande efficacia. I legionari così come i soldati francesi sono tutt’ora impegnati nell’operazione Barkhane partita il primo agosto 2014 che vede dispiegati complessivamente 4500 uomini con 470 veicoli blindati. Il dispositivo, si legge nel “Dossier de Presse–Opération Barkhane” (aprile 2018) dello stato maggiore transalpino, è stato messo in campo per neutralizzare la minaccia terroristica nell’area dei G5 del Sahel: Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Chiad. Ma Barkhane è soltanto l’ultima di una lunghissima serie di interventi in Africa che non ha visto cali d’intensità nemmeno durante la presidenza socialista di Mitterand.
Ma perché impegnarsi così tanto nell’area? Le motivazioni non possono che essere molteplici. Il terrorismo di matrice jihadista che ha colpito così duramente la Francia è senza dubbio una spiegazione. Un’altra potrebbe essere economica, ad esempio il Niger è il quarto esportatore di uranio a livello mondiale, abbiamo visto come tale risorsa sia vitale all’indipendenza energetica francese.
Le missioni all’estero portate avanti dai nostri cugini d’oltralpe non si fermano qui.
Consultando il rapporto del Ministère des Armées, “Les chiffres de la défense 2017-2018”, da cui è presa la carta, si evince come oltre alle Forces de Souveraineté che difendono i resti dell’impero coloniale francese, sono dispiegati altri 3.500 soldati in aree di importanza strategica quali: Senegal, Costa d’avorio, Gabon, Gibuti ed Emirati Arabi Uniti. L’Armée de l’air ha compiuto in agosto qualcosa di straordinario, portando i sui caccia Rafale fino ad Hanoi. Nel 1954 la caduta di Dien Bien Phu si era portata dietro le aspirazioni francesi nel sud-est asiatico ma ora un dispositivo aereo transalpino, comprendente anche cargo ed aerocisterne, si è lanciato nel cuore dell’area più calda del mondo a livello di confronto tra grandi potenze. Probabilmente Pechino, che ha numerose questioni aperte con il Vietnam, non ha gradito il riavvicinamento dei due antichi nemici ma sono i francesi che nella “Revue Strategique 2017” definiscono la PRC una potenza revisionista, ostile e con aspirazioni globali. Per ulteriori chiarimenti sui motivi di frizione tra Francia e Cina si legga qui e a trarne le dovute conclusioni.
Proiezione di potenza
Centro della capacità di proiezione francese è però la Marine Nationale che schiera nella Task Force 475 l’unica portaerei a propulsione nucleare non-statunitense del mondo, la Charles De Gaulle, a cui si aggiunge una consistente forza di superficie e 3 piattaforme d’assalto anfibio. Per attaccare dagli abissi la MN dispone di 6 sottomarini nucleari d’attacco, molto silenziosi, e 4 con missili balistici. Organizzati nella Force océanique stratégique essi costituiscono il pivot della difesa nazionale garantendo la second strike capability, in pratica l’assicurazione sulla vita della Francia. L’Armée de l’air conta quasi 230 aerei da combattimento, alcuni con capacità nucleare, e 78 da trasporto tattico e strategico. Da notare che la quasi totalità dei mezzi impiegati è di produzione nazionale.
Le già vaste capacità francesi saranno ulteriormente ampliate nei prossimi 5 anni da quasi 200 miliardi di stanziamenti previsti dal “Loi de Programmation Militaire 2019/2025”, sembra quindi ragionevole presumere sia un aumento dell’interventismo estero sia una maggiore spinta verso una difesa europea a traino francese.
Conclusioni
Risulta evidente come Parigi goda di una libertà nettamente superiore alle altre potenze del pianeta. Usa, Russia e Cina sono legate da logiche di confronto tra loro, Germania e Giappone non godono della piena libertà in politica estera e la Gran Bretagna non ha dimostrato particolare attitudine a intraprendere spregiudicatamente azioni all’estero negli ultimi anni. La Francia grazie al seggio permanente nel consiglio di sicurezza ONU, ad una degna capacità di proiezione e al suo arsenale nucleare è in grado fare di questa autonomia una ragione di vita. Con un peso economico e militare inferiore ai suoi competitor internazionali ha saputo, nell’arco dell’ultimo decennio, sfruttare situazioni caotiche per trarne vantaggio. Noi italiani, più di altri, abbiamo subito gli effetti di questa dottrina opportunistica, il caso Libico è esemplare di come un presidente transalpino possa permettersi di intervenire impunemente. È proprio qui che sta l’essenza di questa analisi. La Francia sebbene non sia un peso massimo è senza dubbio una grande potenza perfettamente in grado di assicurare la propria sopravvivenza e la propria prosperità mantenendo una sua sfera egemonica.