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1021. L'ESISTENZA DELL'EUROPA - Conversazione con il filosofo Massimo Cacciari  
15 APRILE 2020 Per l’Europa non ci saranno più esami di riparazione Conversazione con il filosofo Massimo Cacciari di Andrea Monda da L'Osservatorio Romano Bene ha fatto il Papa a concentrarsi nel messaggio Urbi et Orbi di Pasqua sulla situazione dell’Europa, a incitare l’Unione europea a ritrovare il sano spirito delle origini, ma il problema sembra proprio essere la sordità delle istituzioni politiche. Così esprime le sue preoccupazioni Massimo Cacciari, una voce che non poteva mancare nel nostro Laboratorio sul “Dopo la pandemia”. Si parla spesso del mondo che verrà fuori dall’emergenza sanitaria, perché sarà diverso, ma innanzitutto, quale lezione secondo lei possiamo apprendere da questa crisi? Sono diverse le lezioni che potremmo imparare da questa esperienza a livello internazionale, a livello nazionale e a livello locale. Prima di tutto questa pandemia insegna che ci sono delle cause all’origine di queste gravissime situazioni di altissimo rischio, cause che sono state denunciate da anni e alle quali nessuno ha mai messo mano. Penso a tutta la filiera agroalimentare o alla situazione ambientale, ovviamente si tratta di cause concatenate che insieme determinano l’altissimo tasso di rischio di pandemia. Non dimentichiamoci della sars, dell’ebola e di altri casi analoghi precedenti, e di tanti altri segnali che negli ultimi decenni avremmo dovuto raccogliere. Ora siamo in piena emergenza sanitaria ed è chiaro che dovremmo andare in una direzione che renda possibile la creazione di intese tra i diversi paesi colpiti, con strategie condivise. Non dico di creare “la repubblica mondiale” o “il governo planetario”, ma dico che tra i diversi stati su questioni come quelle finanziarie, dell’immigrazione o sulle grandi questioni di politica estera si dovrebbero rafforzare le intese a livello diplomatico e soprattutto politico. Se questo non dovesse verificarsi allora saremmo come oggi, a vivere tutto come “emergenza”, quando invece non si tratta di emergenze ma di elementi fisiologici, figli del processo di globalizzazione. Il movimento dei popoli, le crisi finanziarie, i disastri ambientali, le pandemie sono tutti fenomeni fisiologici per i quali si deve essere pronti. Estote parati, siate pronti come dice il Vangelo, questo vale per ogni uomo ma anche per i diversi paesi che invece sono stati tutti colti di sorpresa. Questo vale soprattutto per l’Italia, giusto? Direi soprattutto per l’Italia. Non si può continuare con una gestione solo emergenziale per cui tutto va in tilt a partire dalle strutture sanitarie e ospedaliere. Non si può addossare la colpa a un destino cinico e baro per il fatto che, ad esempio, noi abbiamo tre volte in meno i posti di rianimazione che in Germania o in Francia, questo non è colpa del fato ma di scelte politiche; né è colpa del destino se la struttura regionalistica ogni volta che c’è una crisi va in tilt (per un terremoto, per le epidemie, per le frane...) per cui scoppia sempre un conflitto insanabile tra poteri centrali e regioni, eppure tutti sanno benissimo che il nostro paese è ad altissimo rischio sismico o di inondazioni. Forse allora si dovrebbe mettere mano, per tempo, a un riassetto istituzionale per coordinare poteri centrali e amministrazioni locali. Ma la sensazione è che si continui ad andare a colpi di interventi emergenziali, con nulla di preparato, di organizzato, di programmato. Altro esempio: è noto che in Italia ci siano nove milioni di poveri di cui tre milioni in condizioni di povertà assoluta. Allora interveniamo per garantire un reddito di sopravvivenza ma ad oggi ancora non è stato erogato; il punto è dunque che esistono ancora tutte quelle strettoie amministrative, lacci e lacciuoli burocratici. Quando vogliamo capire che una riforma della burocrazia non è più procrastinabile? Eppure non se ne sente parlare... L’Europa uscirà senz’altro diversa da questa crisi. Il Papa nel suo messaggio Urbi et Orbi ha dedicato molto spazio all’Europa e ha fatto riferimento allo spirito della fine della guerra, a quel mettere da parte le rivalità per ricostruire insieme con spirito solidale l’Europa. Oggi più che mai. L’Europa da un certo punto di vista è ancora un’astrazione. O i governi europei trovano di fronte a questa emergenza che li coinvolge tutti una linea comune, una strategia efficace che dimostri di aver imparato la lezione, o la situazione potrebbe solo precipitare. La lezione che scaturisce non solo dalla pandemia ma prima ancora dalla vicenda della Grecia, dalla questione dell’immigrazione, dal fallimento di una politica estera condivisa. Ci sarebbero quindi le speranze di potersi riprendere dalla crisi e di poter procedere nella via dell’Unione europea, consapevoli però che non ci sono più esami di riparazione. Se si fallisce ora, la deriva dei nazionalismi diventerà una valanga inarrestabile. È necessario che i leader europeisti (o sedicenti tali) sappiano che l’Europa è al bivio decisivo: o riparte bene con un grande piano Marshall europeo, gli eurobond e via discorrendo o si fallisce. Un anno fa lei ha rilasciato un’intervista all’Osservatore Romano e disse che l’Italia e l’Europa erano vecchie, decrepite, ed entrambe avevano bisogno di un “fertilizzante”, e da non credente, indicava nella presenza della Chiesa e della spiritualità cristiana quel fertilizzante; oggi l’Europa sembra, anche fisicamente, in agonia, quale può essere allora la responsabilità dei cristiani? Senza la cristianità non può esserci nemmeno l’idea di Europa. Ovviamente nella consapevolezza che l’essere cristiano si può definire in vari modi e anche in modi tra di loro confliggenti, ma senza questo riferimento non si va da nessuna parte, tantomeno ora in cui i valori sono necessari e urgenti, uso questa espressione quasi in senso materiale, cioè quello che deve essere messo in campo per uscire da questa situazione. Ebbene, di quali valori stiamo parlando se non quelli della solidarietà, dell’amore del prossimo? È ora di farla finita con la filopsichia, l’amore della propria anima, devono entrare in campo questi valori con tutta la loro concretezza altrimenti non usciamo da questa situazione, ogni paese crollerà con il culto del proprio ombelico fino a sprofondare. E allora diventa importante la presenza della Chiesa, con le sue immagini, i suoi gesti così fortemente simbolici. Pensiamo in concreto al gesto del Papa che in questi giorni va in Piazza San Pietro, vuota, per pregare, benedire, gesti potenti che hanno un enorme valore, gesti di estrema drammaticità che sottolineano quello che dicevo prima: siamo di fronte a un bivio e questo vale anche per la Chiesa. Siamo tutti di fronte a quella piazza vuota, una piazza che non si può riempire come prima, non si può pensare più di riempirla come si faceva prima, con i turisti, con chi si va a fare la passeggiatina, no, sarebbe una tragica illusione. Per la Chiesa come per l’Europa o nascono dei “cives” europei veri, cittadini di questa benedetta terra, impegnati, responsabili oppure l’Europa, e quella piazza, resteranno vuote. Il predicatore della Casa Pontificia padre Cantalamessa nella predica del Venerdì santo ha detto che non si può tornare a vivere come Lazzaro, che torna dalla morte alla stessa vita di prima, e poi morirà di nuovo, ma si deve risorgere come Gesù, per la vita piena, eterna. Esattamente: non si può riempire la piazza come prima con l’illusione di ripristinare lo status quo ante. Dalla crisi si esce con una nuova volontà comune europea, che magari riprenda un’idea d’Europa che non si è mai concretizzata, si deve ripartire con quello spirito di riforma interna e di maggiore collaborazione e cooperazione internazionale. Qualche giorno fa gli italiani hanno applaudito gli albanesi che vengono in soccorso e si sono indignati contro i paesi nordici che non lo fanno, ma il punto forse è che non si può chiedere l’aiuto degli altri per rimanere identici a quello che eravamo, perché prima la situazione non era virtuosa. Possiamo chiedere aiuto ma per cambiare, non per rimanere uguali. Sono perfettamente d’accordo; una delle cose più odiose è questo piagnisteo nei confronti dell’Europa che ha responsabilità immense (e possiamo parlarne anche peggio dei più severi critici dell’Europa), ma tu devi dire finalmente cosa vuoi fare tu. Anche perché non è l’Europa che ti ha costretto ad aumentare costantemente il debito in questi ultimi 25 anni, non è l’Europa che ti ha costretto a non fare le riforme istituzionali. Quindi tu devi dire cosa vuoi fare e non fare il bambino che dice “chiedo alla mamma, al papà” e poi ti lamenti se il papà e la mamma non ti danno i quattrini. Ci sono tanti problemi, e bisogna quindi uscire da questa crisi con delle politiche di convergenza europea sul piano fiscale e sul piano sociale. Pensiamo al problema dell’immigrazione che va assolutamente affrontato anche se ora al momento tace ma potrebbe esplodere in ogni momento. Facciamo quindi un discorso serio sulle colpe dell’Europa ma prima di tutto facciamo un discorso serio a casa nostra. Ma non sento molti che intraprendono questo discorso, che si chiedono su come noi italiani intendiamo affrontare il dopo emergenza sanitaria quando si tratterà di fare i conti. Su queste pagine l’economista Stefano Zamagni ha detto che si deve affrontare con spirito critico il neoliberismo, l’assetto economico dominante di cui la crisi ha svelato tutte le contraddizioni. Da una parte è chiaro, soprattutto in momenti di crisi, che politiche neoliberiste non consentono politiche di welfare, politiche sociali. Allarghiamo però l’orizzonte e usciamo dall’Europa e dagli Usa e pensiamo a ciò che sta emergendo in vista del dopo crisi, ai nuovi equilibri internazionali. Il modello neoliberista è in crisi, da tempo, pensiamo alla crisi finanziaria di una dozzina di anni fa, ma verso quale modello si sta procedendo? Quale modello si sta predisponendo per il dopo? Non mi sembra che sia un ritorno a un modello socialdemocratico. Mi sembra piuttosto un modello che emerge nei grandi spazi imperiali in cui abbiamo un’assoluta simbiosi tra politica e capitalismo, penso ad alcune aree geografiche in particolare. Non si tratta certo del liberismo degli anni ’80, il liberismo dei Reagan o della Thatcher che era basato sul capitalismo liberato dai lacci e lacciuoli statali, ora invece tutti i capitalisti del mondo si stanno accorgendo che hanno bisogno di protezione e di governo, come ha dimostrato la grande crisi finanziaria. Emerge quindi in queste aree un modello basato sul connubio strettissimo tra mercato e classe dirigente che porta a un modello industriale monopolistico dove capitale e politica sono connessi e non puoi più distinguerli. Questo è il grande modello che sta vincendo e oggi anche estendendo un po’ dappertutto, per cui criticare il neoliberismo è giusto ma fuori tempo, perché oggi abbiamo a che fare con un modello nuovo di capitalismo che avanza, diverso, che è per giunta connesso con una funzione inevitabilmente autoritaria che mette in crisi profonda ogni assetto che voglia dirsi democratico. È una tendenza che soffia un po’ dappertutto, con il legislatore e i parlamenti un po’ dappertutto che contano sempre meno, anche qui in Italia, mi sembra evidente. Non è un buon segnale, indica che queste sono le grandi tendenze nel mondo contemporaneo, che dovrebbero risvegliare un sussulto di chi ha a cuore la democrazia prima che la situazione degeneri definitivamente. La missione dei democratici oggi dovrebbe essere questa, anche se all’orizzonte non vedo molto in giro, ma è proprio qui in Europa che dobbiamo cercare, e l’aiuto della parola della Chiesa potrebbe servire. Una parola che suona un po’ inquietante oggi è “identità”, con la sua ambiguità. Secondo lei c’è bisogno di più identità o di meno identità? Di più senz’altro. Noi esseri umani passiamo tutta la vita a cercare di conoscere noi stessi, di saperne di più, di capirci. Il che significa ragionare sul proprio passato per vedere che cosa di questo passato sia intervenuto nel formare il proprio carattere e per interrogarci, chiederci cosa speriamo, quale è il senso, lo scopo della vita. Cerchi di mettere a fuoco la tua identità ma poi scopri che questa ricerca non può svolgersi in termini solipsistici ma si svolge all’interno di un dialogo, di un colloquio con gli altri, all’interno di relazioni. Il momento del rapporto e quindi del riconoscimento dell’altro è fondamentale, quindi direi che oggi abbiamo bisogno di sempre più identità ma che deve essere intesa come ricerca da fare insieme, pensiamo alla propria identità ma anche all’identità delle comunità e quindi anche dell’Europa. Se si rimette in moto questa ricerca il problema dell’Europa si risolve, altrimenti si mettono in moto dei “meccanismi identitari” che sono un’altra cosa, sono la degenerazione, il sintomo che con l’identità abbiamo dei problemi. In questi meccanismi identitari viene rovesciata la logica, non si cerca più l’identità ma la si considera in modo astratto, come dato acquisito, non come ricerca da effettuare attraverso il dialogo con l’altro, con la diversità; accade quindi che ogni diversità diventa “nemico”. Una ricerca comune attraverso il dialogo verso un orizzonte che non è mai stabile, fisso, astratto: è così che deve configurarsi l’Europa come organismo vivente che si adatta ai diversi incontri, alle diverse situazioni. Perché l’identità non è un essere ma un dovere essere, uno scopo che puoi svolgere soltanto nel rapporto all’interno di un collettivo, di una comunità. E invece abbiamo avuto l’esplosione negli ultimi anni dei cosiddetti sovranismi... Questi fenomeni nascono proprio dall’aver trascurato la dimensione delle identità e avere abbandonato molte persone a questo smarrimento, aver dato così linfa a questi meccanismi autoritari che sono la scorciatoia rispetto alla faticosa ricerca dell’identità. Dal punto di vista politico i nazionalismi sono nient’altro che il prodotto degli errori, dei fallimenti delle politiche unitarie realizzate. Se fai una sciagurata politica di annessione di stati dentro l’Europa senza nessuna cura di quella situazione storica particolare commetti un errore politico che non può non avere gravi conseguenze. Il caso della Grecia è il più macroscopico. Tutti i popoli europei hanno visto come è stato trattato non il governo (che non meritava molto) ma il popolo greco. Prima di allora in Europa c’era soltanto la Le Pen in Francia che aveva un piccolo peso a livello elettorale, ora siamo giunti al punto che i nazionalismi minacciano di prendere la maggioranza del Parlamento europeo, rischio che abbiamo corso dopo la pessima gestione della crisi finanziaria e dell’immigrazione, due fatti che dicono il fallimento dell’Unione europea. Eppure al tempo stesso oggi l’Europa non può permettersi di fallire perché altrimenti il mondo che verrà fuori da questa crisi della pandemia sarà in mano ai grandi imperi, con quali conseguenze è presto per dirlo. Torna all'Appello  
1022. L'ESISTENZA DELL'EUROPA - Il contributo di Giovanni Ghiselli  
22 APRILE 2020 di Giovanni Ghiselli L’Europa per seguitare a esistere culturalmente e politicamente deve continuare a fondarsi sulla propria base umanistica. “L'uomo che non conosce il latino somiglia a colui che si trova in un bel posto, mentre il tempo è nebbioso: il suo orizzonte è assai limitato; egli vede con chiarezza solamente quello che gli sta vicino, alcuni passi piu in là tutto diventa indistinto. Invece l'orizzonte del latinista si stende assai lontano, attraverso i secoli piu recenti, il Medioevo e l'antichità.-Il greco o addirittura il sanscrito allargano certamente ancor piu l'orizzonte. Chi non conosce affatto il latino, appartiene al volgo, anche se fosse un grande virtuoso nel campo dell'elettricità e avesse nel crogiuolo il radicale dell'acido di spato di fluoro"1. Lo studio dei classici serve ad accrescere la nostra umanità Perche studiare il greco e il latino, potrebbe chiederci un giovane, a che cosa servono? Alcuni rispondono:" a niente; non sono servi di nessuno; per questo sono belli"2. Non è questa la nostra risposta. Se è vero che il classico non si asservisce alla volgarità delle mode, infatti non passa mai di moda, è pure certo che la sua forza è impiegabile in qualsiasi campo. La conoscenza del classico potenzia la natura peculiare dell'uomo che è animale linguistico. Il greco e il latino servono alle relazioni umane, quindi all’umanità e alla civiltà: accrescono le capacità comunicative che sono la base di ogni studio e di ogni lavoro non esclusivamente meccanico. Chi conosce il greco e il latino sa parlare la lingua italiana più e meglio di chi non li conosce. Sa anche pensare piu e meglio di chi non li conosce3. Sa volere bene e amare più e meglio di chi non li conosce. Studiando e comprendendo il greco e il latino si diventa più umanisti e più umani. Voglio anticipare qui esempi che fanno vedere con chiarezza la coincidenza e l’identificazione di umanesimo con amore per l’umanità. Vediamone alcune espressioni L’umanesimo è prima di tutto amore dell’umanità. L' Antigone di Sofocle dichiara il suo amore per l'umanità dicendo a Creonte :" ou[toi sunevcqein ajlla; sumfilei'n e[fun", (v. 523), io non sono nata per condividere l’odio ma l’amore. Teseo risponde "e[xoid j ajnh;r w[n"(Edipo a Colono, v.567), so di essere un uomo a Edipo che gli ha chiesto perché accolga e aiuti lui che è il più disgtraziato e malfamato degli uomini. E' una dichiarazione di quella filanqrwpiva che si diffonderà in età ellenistica e diventerà l'humanitas latina. Una simile dichiarazione di umanesimo, quale interesse per l'uomo è quella arcinota di Terenzio:" :"Homo sum: humani nil a me alienum puto"4. Nell'Eneide di Virgilio, Didone incoraggia i Troiani, giunti naufraghi sulle coste, della Libia ricordando che anche lei è esperta di sventure le quali l'hanno resa non solo attenta e  diffidente, ma pure compassionevole verso i disgraziati:"non ignara mali miseris succurrere disco "(I, 630), non ignara del male imparo a soccorrere gli sventurati. Tanta humanitas non verrà contraccambiata da Enea. Eppure questo è uno degli insegnamenti massimi dei nostri autori e dovrebbe esserlo nella scuola :"E infine, possiamo imparare la lezione fondamentale della vita, la compassione per le sofferenze di tutti gli umiliati, e la comprensione autentica"5. Marco Aurelio, imperatore (161-180 d. C.) e filosofo, scrive “: noi siamo nati per darci aiuto reciproco (pro;" sunergivan), come i piedi, le mani, le palpebre, come le due file dei denti. Dunque l'agire uno a danno dell'altro è cosa contro natura ("to; ou\n ajntipravssein ajllhvloi" para; fuvsin" (Ricordi , II, 1). La cultura classica sa opporre degli argini all’irrazionale quando questo dilaga e minaccia di stravolgere la civiltà. E' quello che Thomas Mann fa dire a Serenus Zeitblom nel Doctor Faustus (1947) : "non posso far a meno di contemplare il nesso intimo e quasi misterioso fra lo studio della filologia antica e un senso vivamente amoroso della bellezza e della dignità razionale dell'uomo (...) dalla cattedra ho spiegato molte volte agli scolari del mio liceo come la civiltà consista veramente nell'inserire con devozione, con spirito ordinatore e, vorrei dire, con intento propiziatore, i mostri della notte nel culto degli dei"6. In La montagna incantata (Der Zauberberg del 1924) il protagonista Hans Castorp interviene in una discussione tra i suoi mentori Settembrini e Naphta dicendo che la scienza medica si occupa dell’essere umano, è umanistica, come giurisprudenza, teologia e arti liberali, poi le discipline del trivio grammatica, dialettica, retorica e quelle del quadrivio, aritmetica, geometria, musica, astronomia.. “Sono tutte discipline umanistiche e quando vogliamo studiarle dobbiamo imparare prima di tutto le lingue antiche, fondamentali per un approfondimento formale. Io sono un realista e un tecnico ma è una regola eccellente porre a fondamento di ogni professione umanistica l’elemento formale, l’idea della bella forma che conferisce un sovrappiù di nobiltà, di cortesia.” ( Cap. V, Humaniora, p. 381). Tra Humanismus e Umanesimo “ soprattutto affine è la volontà di far rivivere l’opera classica, la sua eterna vitalità (Umano troppo umano, II, 408), in lotta contro l’assenza di forma, di misura7, il Mablose semibarbaro contemporaneo. (…) E’ essenziale comprendere come l’incolmabile differenza filosofica tra le due prospettive abbia pure un fondamento filologico. Esse però intendono in una chiave opposta la tragedia (…) Per l’Humanismus la tragedia entra ‘armoniosamente’ nell’idea classica di paidea; il suo è il Dioniso della polis, pacificato nell’ambito della comunità, la quale sembra averne dimenticato la tremenda minaccia o illudersi di averla per sempre superata.. Un Dioniso che Platone (…) ha guarito da ogni spaesante dismisura”8. Parlare male non solo è una stonatura in sé, ma mette anche del male nelle anime. Lo afferma Socrate nel Fedone :" euj ga;r i[sqi (…) a[riste Krivtwn, to; mh; kalw'" levgein ouj movnon eij" aujto; tou'to plhmmelev", ajlla; kai; kakovn ti ejmpoiei' tai'" yucai'"" (115 e), sappi bene (…) ottimo Critone che il non parlare bene non è solo un errore, una stonatura in sé, ma mette anche del male nelle anime. Non saper parlare significa incapacità in ogni campo e soggezione rispetto a chiunque sappia farlo. Non poter parlare con capacità persuasiva vuole dire , tra l’altro, non essere in grado di contrapporsi ai truffatori astuti, ai demagoghi e, oggi, alla pubblicità. Pindaro nella Nemea VIII ricorda il torto subito da Aiace a[glwsso" (v. 24), sicché l’invidia poté mordere il suo valore e prevalse l’odioso discorso ingannevole7. Non c'è altro tempio della Persuasione che la parola, dice Euripide, personaggio delle Rane di Aristofane che cita un verso del tragediografo: "oujk e[sti Peiqou'" iJero;n a[llo plh;n lovgo" "9. Chi non possiede la parola in grado di persuadere non di rado ricorre alla violenza. Pasolini aveva capito che la povertà del linguaggio è una forma di impotenza che prelude alla violenza: "Quando vedo intorno a me i giovani che stanno perdendo gli antichi valori popolari e assorbono i nuovi modelli imposti dal capitalismo, rischiando così una forma di disumanità, una forma di atroce afasia, una brutale assenza di capacità critiche, una faziosa passività, ricordo che queste erano le forme tipiche delle SS: e vedo così stendersi sulle nostre città l'ombra orrenda della croce uncinata"10 Don Milani insegnava che "bisogna sfiorare tutte le materie un po' alla meglio per arricchire la parola. Essere dilettanti in tutto e specialisti nell'arte della parola" Per essere specialisti in quest’arte bisogna saper parlare in mondo preciso e conciso. Per raggiungere questo scopo ci vuole ricchezza, vastità e proprietà di lingua. Non è possibile parlare né scrivere bene, con proprietà e concisione, senza conoscere le lingue e le letterature classiche. “Quanto una lingua è piu ricca e più vasta, tanto ha bisogno di meno parole per esprimersi, e viceversa quanto e piu ristretta, tanto piu le conviene largheggiare in parole per comporre un’espressione perfetta. Non si dà proprieta di parole e modi senza ricchezza e vastità di lingua, e non si dà brevità di espressione senza proprietà” (Leopardi, Zibaldone, 1822). Alfieri cercava di trovare per i suoi drammi “un fraseggiare di brevità e di forza”, traducendo “i giambi di Seneca” (Vita, 4, 2). Quintiliano: “densus et brevis et semper instans sibi Thucidides (Institutio oratoria, X, 73). Succede del resto, sebbene di rado, che la quantità anche molto grande non infici la qualità. Questa del resto necessita comunque della conoscenza dei classici. Sentiamo un famoso confronto tra Shakespeare e Sofocle: “Effetto della quantità. Il più gran paradosso della storia della poesia è che uno possa essere, in tutto ciò che forma la grandezza dei poeti antichi , un barbaro, cioè difettoso e deforme dalla testa ai piedi, e rimanere tuttavia il più grande poeta. Così è infatti per Shakespeare, che, paragonato con Sofocle, è come una miniera piena di un'immensità di oro, piombo e ciottoli, mentre quello non è soltanto oro, ma oro anche lavorato nel modo piu nobile, tale da far quasi dimenticare il suo valore come metallo. Ma la quantità, nei suoi massimi potenziamenti, agisce come qualità. Ciò torna a vantaggio di Shakespeare"12. Non dimentichiamo però che Shakespeare se era “un barbaro che era non privo di ingegno”13 leggeva tuttavia gli autori latini e Plutarco tradotto dal Thomas North. “La poesia fonda la sua potenza sulla compressione. Poeta in tedesco si dice Dichter, colui che rende le cose dicht (spesse, dense, compatte). L’immagine poetica comprime in un’istantanea un momento particolare caratteristico di un insieme più vasto, catturandone la profondità, la complessità, il senso e l’importanza”14. Come l’immagine onirica, la parola del poeta è costituita da una condensazione. La conoscenza dei classici è conferisce il sicuro possesso della parola che è utile in tutti i campi, da quello liturgico a quello erotico: "Non formosus erat, sed erat facundus Ulixes/et tamen aequoreas torsit amore deas ", bello non era, ma era bravo a parlare, Ulisse, e pure fece struggere d'amore le dee del mare, scrive Ovidio nell'Ars amatoria (II, 123 - 124). Kierkegaard cita questi due versi nel Diario del seduttore (7 giugno). Nei versi precedenti Ovidio consiglia di imparare bene il latino e il greco, per potenziare lo spirito e controbilanciare l'inevitabile decadimento fisico della vecchiaia: "Iam molire animum qui duret, et adstrue formae: /solus ad extremos permanet ille rogos. /Nec levis ingenuas pectus coluisse per artes/cura sit et linguas edidicisse duas" (Ars amatoria II, vv. 119 - 122), oramai prepara il tuo spirito a durare, e aggiungilo all'aspetto: solo quello rimane sino al rogo finale. E non sia leggero l'impegno di coltivare la mente attraverso le arti liberali, e di imparare bene le due lingue15. Bologna 22 marzo 2020. Giovanni Ghiselli 1 A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena, Tomo II, 299. 2 Il greco e il latino, la religione e la matematica “Erano-e l’insegnante lo faceva notare spesso-del tutto inutili apparentemente ai fini degli studi futuri e della vita, ma solo apparentemente. In realtà erano importantissimi, più importanti addirittura di certe materie principali, perche sviluppano la facolta di ragionare e costituiscono la base di ogni pensiero chiaro, sobrio edefficace” (H. Hesse, Sotto la ruota (del 1906), p. 24. 3 Vittorio Alfieri nella sua Vita (composta tra il 1790 e il 1803) racconta di avere impiegato non poco tempo dell’inverno 1776-1777 traducendo dopo Orazio, Sallustio, un lavoro “piu volte rifatto mutato e limato…certamente con molto mio lucro si nell’intelligenza della lingua latina, che nella padronanza di maneggiar l’italiana” (IV, 3). 5 E. Morin, La testa ben fatta, p. 49. 6 T. Mann, Doctor Faustus, capitolo 2 7 Cfr- Orazio:"est modus in rebus, sunt certi denique fines,/quos ultra citraque nequit consistere rectum " (Satire , I, 1, vv. 106-107), c'è una misura nelle cose, ci sono limiti definiti 8 M. Cacciari, La mente inquieta, saggio su l’Umanesimo, caitolo primo Humanismus o Umanesimo?, p. 12) 9 Rane, v. 1391. Euripide, in gara con Eschilo, cita e pone sulla bilancia questo verso della sua Antigone , per noi quasi tutta perduta (fr. 170). Il peso maggiore però è del verso di Eschilo (fr. 279) al centro del quale si trova Qavnato~ (Rane, v. 1392). Dioniso, che fa da giudice, infatti dice che la morte è baruvtaton kakovn (1394), il guaio più pesante; Peiqw; de; kou`fovn ejsti kai; noun` oujk e[cwn (v. 1396), la Persuasione invece è leggera e senza pensiero. Snell difende Euripide dagli attacchi di Aristofane utilizzando una nota tratta dal Diario di Goethe che alcuni mesi prima della morte scriveva:"Non finisco di meravigliarmi come l'elite dei filologi non comprenda i suoi meriti e secondo la bella usanza tradizionale lo subordini ai suoi predecessori seguendo l'esempio di quel pagliaccio di Aristofane. (...) Ma c'è forse una nazione che abbia avuto dopo di lui un drammaturgo che sia appena degno di porgergli le pantofole?" B. Snell, La cultura greca e le origini del pensiero europeo, Aristofane e l’estetica, capitolo settimo, p. 189.. 10 Scritti corsari, p. 187. 11 Lettera a una professoressa , p. 95. 12 " Nietzsche, Umano, troppo umano II, Parte prima. Opinioni e sentenze diverse, 162 13 Manzoni, I promessi sposi, cap. VII 14 Hilman, La forza del carattere, p. 70. 15 Il latino e il greco ovviamente. Senza con questo trascurare le altre. Torna all'Appello  
1023. I DIALOGHI DI POLIS. Che futuro ha questa Europa?  
Quando 24 Febbraio 2020 Dove Università degli Studi Link Campus University - Antica Biblioteca - Via del Casale di San Pio V, 44 – Roma Orario ore 16:30 – PARTECIPANO – Piero De Luca Deputato Partito Democratico Stefano Fassina Deputato Liberi e Uguali Giovanbattista Fazzolari Senatore Fratelli d’Italia Dino Giarrusso Europarlamentare Movimento 5 Stelle Antonio Maria Rinaldi Europarlamentare Lega Cristina Rossello Deputato Forza Italia – MODERA – Angelo Polimeno Bottai Vicedirettore Tg1, presidente di EURECA Accrediti Scarica la locandina Per informazioni: segreteriapolis@unilink.it  
1024. Lectio Magistralis di Maurizio Molinari. Il giornalismo al tempo della terza repubblica. Fatti nazionali e internazionali  
Quando 19 Febbraio 2020 Dove Università degli Studi Link Campus University - Antica Biblioteca - Via del Casale di San Pio V, 44 – Roma Orario ore 09:30 Lectio Magistralis Il giornalismo al tempo della terza repubblica. Fatti nazionali e internazionali Maurizio Molinari Direttore de “La Stampa” – MODERA – Marco Antonellis Giornalista La partecipazione all’evento è aperta a tutti. Scarica la locandina Per informazioni: segreteriapostgraduate@unilink.it  
1025. Il 14 febbraio inaugurazione XIV ed. del Master in Intelligence and Security  
Quando 14 Febbraio 2020 Dove Università degli Studi Link Campus University - Via del Casale di San Pio V, 44 – Roma Orario ore 15:00 Prof. Vincenzo Scotti Presidente Link Campus University Saluti introduttivi On. Raffaele Volpi Presidente COPASIR “Intelligence e Parlamento” Gen. C.A. Massimiliano Del Casale “Sicurezza nel Mediterraneo: interessi nazionali e geopolitici e crisi della Libia” Scarica la locandina Per informazioni: eventi@unilink.it Vai alla pagina del master  
1026. The evolution of ip regulation for emerging technologies: the korean experience  
Quando 10 Febbraio 2020 Dove Università degli Studi Link Campus University - Via del Casale di San Pio V, 44 – Roma Orario ore 15:00 THE EVOLUTION OF IP REGULATION FOR EMERGING TECHNOLOGIES: THE KOREAN EXPERIENCE – WELCOME REMARKS – VINCENZO SCOTTI President, Link Campus University CARLO MARIA MEDAGLIA President of the Undergraduate and Graduate School, Link Campus University FERRUCCIO MARIA SBARBARO Director, CERSIG Research Center MATTEO CAGNASSO International Coordinator, CERSIG Research Center – MODERATOR – ANDREA OTTOLIA Professor of Business Law and Intellectual Property, University of Genoa – SPEAKERS – EUNG JUN JEON Adjunct Professor, Chung-Ang University – Representative attorney, Youme Law Firm RECENT DEVELOPMENTS IN KOREAN TRADEMARK LAW SEUNG SOO CHOI Adjunct Professor, Chung-Ang University – Partner, Jipyong Law Firm A PROPER TEST TO DETERMINE COPYRIGHT INFRINGEMENT RELATED TO COMPUTER GAMES DONG HWAN SHIN Attorney, Youme Law Firm RECENT DEVELOPMENTS IN KOREAN PATENT LAW GYOOHO LEE Professor of Law, Chung-Ang University TRIPLE DAMAGES IN KOREAN IP LAWS JIN KYUN LEE Chairman, Perio Dental Clinic – Director for International Affairs, Korean Dentist Association NEW 3D PROGRAM IN DENTAL FIELD UNDER 4TH INDUSTRIAL REVOLUTION Download  leaflet Organizing secretary: Dott. Gian Paolo Guarnieri For registration and information please email: cersig@unilink.it – g.guarnieri@unilink.it  
1027. #LINKS: al via Il Progetto Europeo. Il Kickoff Meeting Online  
01 LUGLIO 2020 Link Campus University partecipa al progetto europeo #LINKS - Strengthening links between technologies and society for European disaster resilience. Obiettivo del progetto è studiare e valutare a livello europeo gli effetti dell'impiego dei social media e del crowdsourcing sulla resilienza ai disastri. Tale progetto svilupperà un framework che potrà essere usato per capire, misurare e dirigere il crowdsourcing in situazioni di disastro, prendendo in considerazione la diversità tra la percezione del rischio del disastro e la vulnerabilità (DRPV), i processi di gestione del disastro (DMP) e le tecnologie applicate alla comunità in situazioni di disastro (DCT). Link Campus University, attraverso il centro di ricerca DASIC - Digital Administration and Social Innovation Center si occuperà delle attività di dissemination e comunicazione del progetto, provvedendo a definire gli strumenti più adatti per diffondere i risultati del progetto ai diversi target group identificati. Così facendo si contribuirà a creare una community di stakeholder su queste tematiche, che mette insieme first responder, autorità pubbliche, organizzazioni della società civile, imprese, cittadini e ricercatori. Il 25 e il 26 giugno si è svolto il kickoff meeting di LINKS, il primo degli appuntamenti tra i 17 partner, provenienti da ogni parte di Europa, che costituiscono il consorzio del progetto stesso. Link Campus University, in particolare, ha presentato durante il kickoff meeting le prime attività svolte in merito alla definizione dell'identità visiva del progetto, alla strategia social che si intende implementare e alla mappatura dei principali stakeholder da coinvolgere. THE EUROPEAN PROJECT LINKS STARTS. THE ONLINE KICKOFF MEETING. Link Campus University takes part in the European project #LINKS - Strengthening links between technologies and society for European disaster resilience. The aim of the project is to study and evaluate at European level the effects of using social media and crowdsourcing on disaster resilience. This project will develop a framework that can be used to understand, measure and direct crowdsourcing in disaster situations, taking into consideration the diversity between the perception of disaster risk and vulnerability (DRPV), disaster management processes (DMP). and technologies applied to the community in disaster situations (DCT). Link Campus University, through the DASIC - Digital Administration and Social Innovation Center, will carry out the dissemination and communication activities of the project, providing the most suitable tools to disseminate the project results to the various target groups identified. Doing so, we will help create a community of stakeholders on these issues, which brings together first responders, public authorities, civil society organizations, businesses, citizens and researchers. The LINKS kickoff meeting took place on 25 and 26 June, the first of the appointments between the 17 partners, from all over Europe, who make up the consortium of the project itself. Link Campus University, in particular, during the kick off meeting presented the first carried out activities, regarding the definition of the visual identity of the project, the social strategy to be implemented and the mapping of the main stakeholders to be involved.  
1028. Generazione Proteo. GIOVANI E INFORMAZIONE: IL TROPPO STORPIA  
16 MAGGIO 2021 Il 36,1% dei giovani promuove i tg, ma il 32,5% è disincentivato  dall’infodemia. E per il 41,2% l’informazione fa troppo allarmismo. Divisi sulle scelte social dei Premier: Conte al passo coi tempi, Draghi segna il cambio di rotta. “Generazione Proteo”, l’Osservatorio permanente sui giovani della Link Campus University, presenta un’anticipazione dei risultati del 9° Rapporto di ricerca, realizzato in partnership con GRANDI SCUOLE. (Roma, 16 maggio 2021). In coincidenza con la 55° Giornata delle Comunicazioni Sociali, “Generazione Proteo”, l’Osservatorio permanente sui giovani della Link Campus University, fornisce una anticipazione dei risultati del proprio 9° Rapporto di ricerca nazionale, che anche quest’anno contiene un focus specifico sui consumi informativi dei giovani italiani nonché sul loro rapporto con i media digitali. «A un anno di distanza dall’inizio della pandemia – dichiara il prof. Nicola Ferrigni, direttore di “Generazione Proteo” – il nostro Osservatorio torna a interrogarsi sul rapporto tra i giovani, l’informazione e i media digitali. Un piccolo “assaggio” di quella generazione che andremo a descrivere in tutte le sue sfaccettature in occasione della conferenza stampa di presentazione del 9° Rapporto di ricerca annuale sui giovani, alla presenza del Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi».   Caro vecchio Tg: uno studente su tre si informa in tv… ma con occhio critico. Il 9° Rapporto di ricerca conferma la riscoperta dei news media tradizionali nella dieta informativa dei giovani italiani. Contrariamente ai luoghi comuni, nel corso dell’ultimo anno il 36,1% si è infatti informato principalmente attraverso i telegiornali, così come si mantiene stabile la lettura di quotidiani cartacei e online (13,7%), mentre i social si attestano al 28,7%. Sebbene ci si informi principalmente attraverso quotidiani e telegiornali, i giovani italiani manifestano tuttavia un giudizio critico nei confronti dei news media tradizionali: uno su tre (31,2%) pensa infatti che tg e quotidiani raccontino solo “ciò che ci vogliono raccontare”, mentre il 22,9% rinfaccia loro di aver contribuito ad alimentare il senso di paura e di insicurezza. «Al di là degli interessanti spunti circa i consumi informativi e mediali – dichiara la prof.ssa Marica Spalletta, vicedirettore dell’Osservatorio “Generazione Proteo” – il dato più significativo che quest’anno emerge dalla ricerca riguarda la centralità dell’informazione nell’esperienza quotidiana dei nostri giovani. I giovani si mostrano infatti coscienti della necessità di tenersi informati quotidianamente (come dichiara il 28,9% degli intervistati) e altrettanto consapevoli dell’importanza di un costante approfondimento. Quotidianità d’informazione e approfondimento costituiscono altresì il principale antidoto alle fake news, per “governare” le quali anche il Santo Padre richiama la necessità di una “maggiore capacità di discernimento” e di un “più maturo senso di responsabilità”, da cui i giovani sono tutt’altro che esentati». Fake news: vittima il 70% dei giovani. Sono circa 7 su 10 i giovani italiani che confermano di essersi imbattuti in fake news nel corso dell’ultimo anno. Ma è la reazione a preoccupare: ben un intervistato su cinque (21,2%) ammette infatti di essersi reso conto della falsità della notizia solo dopo un po’ di tempo.  Infodemia e allarmismo: un disincentivo all’informazione. Consapevoli della straordinarietà del momento storico che stiamo vivendo, i giovani italiani ritengono tuttavia che vi sia stato un eccesso di informazione sulla pandemia (per il 32,5% se n’è parlato troppo e in maniera esagerata) ma, soprattutto, che anche laddove la quantità di informazione era quella giusta, i modi non sono stati corretti, essendo spesso caduti nell’inutile allarmismo (41,2%). Non positive nel breve periodo, fake news e infodemia diventano addirittura un disincentivo all’informarsi in una prospettiva di lungo periodo, stante il complessivo 58,6% di intervistati che ammette di aver avuto più volte voglia, nel corso dell’ultimo anno, di smettere di seguire le notizie sulla pandemia. Le scelte social dei premier Draghi/Conte: luci e ombre. I giovani rimarcano luci e ombre delle scelte social dell’attuale premier Mario Draghi e dal suo predecessore Giuseppe Conte. La scelta di Conte di trasmettere le proprie conferenze stampa su Facebook viene infatti complessivamente promossa dagli intervistati, che la ritengono efficace (stante la centralità dei social nella vita quotidiana dei giovani, 56,9%) e sintomo di una politica al passo con i tempi (19,1%), sebbene non manchino voci dissenzienti che la considerano invece una forma di esibizionismo (15,1%). Stesso approccio per quanto concerne la scelta dell’attuale premier di non essere invece presente sui social: secondo gli intervistati, infatti, se da una parte tale scelta impedisce il rapporto diretto con in cittadini (36,6%), essa viene tuttavia giudicata “opportuna” rispetto alla situazione attuale (25,7%), e ancor più come un “cambio di rotta” (per il 16,2% “non se ne può più della politica sui social”). «Nel suo messaggio – conclude la prof.ssa Spalletta – papa Francesco richiama i giornalisti a “consumare le suole delle scarpe”, così da garantire un’informazione capace di rifuggire all’adagio shakespeariano del “parlare all’infinito e non dire nulla”. La stessa esortazione vale anche per i giovani, che la pandemia esorta a non risparmiare le suole delle proprie scarpe, selezionando nel vasto e variegato universo dell’infodemia, quelle “parole parlanti” espressione di un’informazione autentica e funzionale alla crescita della nostra società». #ProteoBrains2021. (Re)Take Your Time. Queste le prime anticipazioni del 9° Rapporto di ricerca dell’Osservatorio “Generazione Proteo” che, come ogni anno, affronta molteplici tematiche quali scuola, stili di vita, identità, lavoro, politica, ambiente, consumi e tecnologie. I giovani intervistati saranno altresì i protagonisti dei 5 digital talk di #ProteoBrains2021, in programma dal 24 al 28 maggio: un momento di dialogo e confronto sulla nostra vita nel tempo (#PAUSE), nonostante (#PLAY), a causa (#STOP), prima (#REWIND) e dopo il Covid (#FORWARD).  Per contatto: osservatorioproteo@unilink.it   
1029. Lectio Magistralis di Nicola Porro. Il giornalismo del terzo millennio: dalla macchina da scrivere ai social  
Quando 05 Febbraio 2020 Dove Università degli Studi Link Campus University - Aula 10 - Via del Casale di San Pio V, 44 – Roma Orario ore 14:30 Lectio Magistralis Il giornalismo del terzo millennio: dalla macchina da scrivere ai social Nicola Porro Vicedirettore de “Il Giornale” – MODERA – Marco Antonellis Giornalista La partecipazione all’evento è aperta a tutti. Durante la lezione verrà presentato il Corso di Alta Formazione in Giornalismo Scarica la locandina Per informazioni: segreteriamaster@unilink.it  
1030. I DIALOGHI DI POLIS. Dialoghi sulla cultura: Come il digitale cambierà l’accesso al sapere  
Quando 30 Gennaio 2020 Dove Camera dei Deputati, Sala del Cenacolo - Piazza di Campo Marzio, 42 – Roma Orario ore 16:30 – PARTECIPANO – Silvia Fregolent Deputato Italia Viva Federico Mollicone Deputato Fratelli d’Italia Antonio Palmieri Deputato Forza Italia Flavia Piccoli Nardelli Deputato Partito Democratico – MODERA – Daiana Paoli Giornalista Rai News24 Per informazioni scrivere a segreteriapolis@unilink.it Per gli uomini è obbligatoria la giacca Scarica il Programma.  
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