Ateneo

L’Italia punti sul Mediterraneo orientale

06 Febbraio 2019

di Guido Dell'Omo
da Geopolitica.info

L’East Med Gas Forum rappresenta un passo decisivo per rafforzare la cooperazione tra paesi vicini geograficamente e che, al contempo, condividono un obiettivo importante: investire nel gas naturale. Il 14 e 15 gennaio esponenti dei governi da Egitto, Italia, Ue, Cipro, Israele, Giordania nonché Mohamed Mustafa, consigliere economico del presidente palestinese Mahmoud Abbas, si sono incontrati al Cairo con l’obiettivo di mettere le basi per accelerare le relazioni nel settore energetico tra i paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

Le potenzialità del gas naturale fanno gola agli attori regionali ma non solo. Allargando l’obiettivo anche l’Ue nel 2015 ha indicato la costruzione del gasdotto EastMed come Project of Common Interest. L’Egitto scommette che la sua posizione strategica a cavallo del Canale di Suez, ponte di terra tra l’Asia e l’Africa, e le sue infrastrutture ben sviluppate, tra cui una vasta rete di condotte e due impianti di liquefazione del gas, contribuiranno a trasformarlo in un centro energetico di distribuzione per i paesi della regione e non solo. La scoperta dei giacimenti di Zohr e Nour a largo delle coste egiziane grazie alle doti esplorative di Eni e altre scoperte minori nelle acque cipriote e israeliane hanno proiettato l’Egitto verso il ruolo di esportatore di gas naturale. In questo contesto l’Italia deve cercare di diversificare le proprie fonti energetiche perché Algeria e Libia nei prossimi anni aumenteranno considerevolmente il consumo interno di energia riducendo notevolmente la loro capacità di esportazione.

In Italia il Trattato di Aquisgrana è stato accolto come un campanello d’allarme da coloro che sono consapevoli dell’amicizia e delle convergenze che contraddistinguono il rapporto tra Francia e Germania e che, in generale, temono un salto di livello nei rapporti tra Parigi e Berlino che li porti a intrattenere qualcosa più simile a una relazione che a un’amicizia. Nell’attesa di una distensione dei rapporti tra Roma e il convoglio a guida franco-tedesca, l’Italia potrebbe concentrarsi sul fronte sud-est puntando su un settore di cruciale importanza. Il settore dell’energia sta attraversando anni decisivi che vedono un ruolo sempre più cruciale per il gas naturale, che secondo le stime dell’International Energy Agency entro il 2040 rappresenterà, dopo il petrolio, la seconda fonte energetica per consumo con un aumento della domanda globale pari al 45%, superando così il carbone. Questa risorsa è quindi candidata a rappresentare la fonte energetica più utilizzata durante la transizione mondiale che vedrà un progressivo abbandono dei combustibili fossili per favorire la ricerca e lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili e sostenibili.

Per ora l’Unione europea è il più grande importatore di gas ma anche l’Asia giocherà un ruolo da protagonista. Solo in Cina, secondo le stime, nei prossimi decenni ci sarà un aumento della domanda per il gas naturale che toccherà l’80%, rendendo Pechino il più grande importatore di gas dopo l’Unione europea. La diversificazione energetica è prioritaria e sarebbe opportuno disporre di diverse opzioni. In questo contesto all’interno dei confini italiani si parla poco del progetto del gasdotto EastMed che nel 2015, col supporto dei governi italiano, greco e cipriota è stato indicato come Project of Common Interest dalla Commissione europea. Un progetto che prevede la costruzione di 1900km di gasdotto che colleghi le risorse del Mediterraneo orientale a Grecia, Creta, Cipro e Italia. Il ruolo di Eni nel Mediterraneo ha rafforzato le previsioni secondo cui il gas naturale prodotto dai campi di Tamar e Leviathan di Israele, Zohr dell’Egitto e Afrodite di Cipro meridionale potrebbe diventare una fonte alternativa di approvvigionamento per l’Ue, proiettando l’Italia verso il ruolo di hub energetico.

Intanto la Germania, redarguita dagli Stati Uniti di Donald Trump per il prolungamento del gasdotto NordStream con la Russia, apre il mercato europeo al gas d’oltreoceano. Pochi mesi fa sulle pagine del quotidiano tedesco Bild il vice segretario per l’Energia Dan Brouilette ha affermato che “il gas naturale liquefatto degli Stati Uniti sta arrivando in Germania.” E che “la domanda non è se, ma quando.” In Italia attualmente produciamo solo l’8% del nostro fabbisogno di gas, il 40% lo importiamo dalla Russia, il 25% dall’Algeria, il 6% dalla Libia e il 10% nel sistema diviso tra l’Olanda e il Mare del Nord, mentre un altro 11% lo prendiamo dal Qatar, che è uno dei maggiori esportatori di gnl nel mondo. La nostra posizione nel Mediterraneo offre uno scenario in cui l’Italia può pensare di proporsi come ponte energetico tra i paesi in via di sviluppo e l’Europa settentrionale, pensando al contempo al continuo processo di diversificazione – già a buon punto – della nostra rete di approvvigionamento. Per pensare di poter realizzare lo scenario che vede il nostro Paese come un hub fondamentale per il passaggio di gas naturale in Europa, però, bisogna superare l’ostacolo tutto italiano della mania di dire “no” a grandi progetti infrastrutturali: senza il continuo ammodernamento dei gasdotti e la costruzione di quelli considerati strategici per il futuro dell’Italia non si andrà da nessuna parte mentre, ad approfittarne, sarà qualcun altro.