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Un ponte ad unirle, secoli di storia (ed un futuro?) a dividerle: Narva ed Ivangorod. Benvenuti sul confine -sempre più caldo- tra Estonia e Russia.

13 Febbraio 2019

di Roberto De Girolamo
da Geopolitica.info

Una situazione apparentemente normale e nient’altro che anomala nel panorama internazionale, dove spesso città confinanti si trovano a condividere un medesimo ponte che le collega così come i pro e i contro dell’essere “città di confine” di due stati diversi. Narva ed Ivangorod non sono però esattamente Livingstone e Victoria Falls o Buffalo e St. Catherines..sono due città divise da un percorso storico e culturale che abbraccia più in generale la dissoluzione dell’Unione Sovietica ed il processo di democratizzazione dei tre paesi baltici di Estonia, Lettonia e Lituania.

L’ingresso nell’Unione Europea e nella NATO costituisce l’ultima tappa di un lungo percorso storico quanto mai simile ed omogeneo, sia nelle origini sia negli esiti, per tutte e tre le Repubbliche baltiche di Estonia, Lettonia e Lituania. Per oltre duecento anni ha fatto parte della Russia zarista, fino alla loro indipendenza nel 1918 che conservarono per un ventennio sino allo scoppio della seconda Guerra Mondiale. A seguito della firma del Patto Molotov-Ribbentrop i tre Stati baltici vennero occupati dall’Unione Sovietica, quindi dal 1941 al 1944 vennero occupati dalla Germania nazista e dal 1944 al 1991 vennero nuovamente occupate e inglobate nell’Unione Sovietica secondo un massiccio processo di russificazione linguistica e culturale, che represse ogni ulteriore tentativo indipendentista, fino alla caduta della stessa URSS nel 1991, quando finalmente riuscirono a dichiararsi nuovamente repubbliche restaurando l’indipendenza.

Oltre ad aver sperimentato un medesimo percorso storico, un altro elemento che accomuna i tre Baltici sono i difficoltosi ed incerti rapporti odierni con la Federazione Russa, soprattutto dopo la crisi ucraina. Il Baltico è sempre stato – ed è tutt’oggi – per i Russi uno spiraglio fluido verso Occidente, un occidente che però guarda ancora con timore la mole “asiatica” del suo vicino. Rimangono sul tappeto numerosi problemi irrisolti rintracciabili soprattutto all’interno del tessuto sociale ed economico estone, lettone e lituano come il problema del trattamento giuridico delle minoranze russa e russofona in particolar modo in Estonia ed in Lettonia. Tra le popolazioni autoctone di questi due Paesi si alternano sentimenti tra loro contrastanti di rivalsa linguistica (spesso fomentati dalle élites politiche), di tutela etnica, di “russofobia” e di minaccia alla propria indipendenza nazionale nei confronti delle minoranze russofone così come sentimenti di protervia ostilità nel tentativo di fare i conti con il proprio passato. Con la restaurazione dell’indipendenza nel 1991 e l’introduzione di nuove leggi elettorali, linguistiche e di cittadinanza si è ulteriormente rafforzata l’etnicizzazione delle classi medie colte e dell’élite politica, emarginando sempre più le minoranze.

Il caso di Narva ed Ivangorod è pertanto emblematico con i cittadini per la stragrande maggioranza russofoni della cittadina estone che guardano quotidianamente le trasmissioni ed i notiziari, a tratti propagandistici, della tv statale russa; tra l’altro a Narva un terzo degli abitanti detiene un passaporto estone, un altro terzo quello russo e l’ultimo terzo ha quello grigio di apolide. Si avverte pertanto nella cittadina estone una certa tensione latente, una miccia che si teme possa essere fatta scoppiare ad arte soffiando sul fuoco della rivendicazione linguistica.

Narva, sulla base delle sue spiccate peculiarità, è stato presa come punto di partenza, l’epicentro, di uno scenario, non a caso ribattezzato Narva Scenario, che nel peggiore delle ipotesi potrebbe condurre alla Terza Guerra Mondiale; il paradigma è simile, nella teoria, a ciò che è successo in Ucraina dall’inizio della primavera 2014: dai sommovimenti politici interni si è passati al conflitto armato sino alla proxy war, ossia la guerra per procura tra Russia ed Occidente: in modo latente la Nato teme che la Russia possa in un colpo solo incorporare Narva alla Russia stessa, sostanzialmente partendo dall’altra sponda del fiume, dalla Fortezza di Ivangorod costruita nel 1492 da Ivan III proprio per contrastare la dirimpettaia fortezza, l’Hermann Castle.

E’ vero comunque che per le tre piccole nazioni baltiche, ed ancor più per l’Estonia, ricercare l’alleanza di una grande potenza esterna è d’obbligo; la crisi ucraina ha fatto crescere le preoccupazioni sul Baltico. L’ascesa alla Casa Bianca di Donald J. Trump aveva inizialmente spaventato Estonia, Lettonia e Lituania per le promesse di riavvicinamento al Cremlino e per l’iniziale descrizione della NATO come un’istituzione obsoleta e poco utile agli Stati Uniti, i quali, secondo le iniziali intenzioni di Trump si sarebbero dovuti chiudere in un isolazionismo autoreferenziale; ma i tempi sembrano essere cambiati ed oggi i leader baltici hanno fiducia in Trump e soprattutto nella Nato, tanto da destinare più del 2% del Pil alla spesa bellica dell’Alleanza Atlantica.

Tuttavia esiste una differenza sostanziale, in questo frangente, tra Narva e il Donbass: l’Estonia, come abbiamo visto, è membro della Nato e l’intervento russo appare davvero irrealistico, benché meno motivato da rivendicazioni etnico-linguistiche, avendoci abituato la Russia a muoversi, come nel caso ucraino, sulla base prevalentemente di un pragmatismo politico, economico e geostrategico; ragion per cui, riprendendo le parole dello stesso Putin “solo una persona non sana di mente o in sogno può immaginare che la Russia possa un giorno attaccare la Nato”.

La questione di Narva, più in generale del trattamento giuridico della cospicua minoranza linguistica russofona in estonia e negli altri due paesi Baltici, tuttavia resta un problema -non risolto- sul tappeto; il rischio è che attori esterni ed interni possano soffiare sul fuoco (al momento ancora in fase embrionale) delle rivendicazioni linguistiche, dell’alto tasso di disoccupazione di Narva e di tutto il nord-est dell’Estonia e della crescente richiesta di manodopera sul lato russo della frontiera e trasformare il Ponte dell’Amicizia che le unisce in un ponte levatoio.

In un momento in cui la crisi nei rapporti bilaterali tra Russia ed Estonia e più in generale tra Russia ed Unione Europea è all’ordine del giorno sembra essersi fermata proprio qui, sulle due sponde del fiume all’ombra delle due fortezze, la difficile ricerca della linea di demarcazione tra il limite orientale europeo e la Russia.