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1511. Il corridoio sciita dell’Iran verso il Mediterraneo: tra mito e realtà  
09 Aprile 2018 di Lorenzo Zacchi - 8 aprile 2018 I diversi conflitti nati dopo la parentesi delle primavere arabe hanno cambiato la fisionomia della Medio Oriente, e hanno permesso all’Iran di incrementare la propria posizione nella regione. In Siria, in Iraq, nello Yemen e in Libano la Repubblica Islamica nell’ultimo decennio ha massimizzato il proprio potere, ed ha gettato le basi per concretizzare il noto arco di influenza che da Teheran arriva al Mediterraneo, creando diversi campanelli di allarme a Washington e trai principali alleati statunitensi nella regione. Ma quanto è prioritario l’accesso al Mediterraneo per l’Iran? Si da ormai per scontato che gli scenari che viviamo tutt’ora in Medio Oriente siano frutto delle primavere arabe, e che l’arco di crisi partito dalla Tunisia nel 2011 sia inesorabilmente arrivato a colpire il cuore del mondo arabo con il conflitto siriano e quello yemenita. In realtà gli sconvolgimenti nella regione mediorientale iniziano da molto prima, con la Rivoluzione iraniana del 1979 che ha causato il primo grande cambiamento di rotta, portando la nuova Repubblica Islamica a intraprendere una serie di rinnovamenti nella politica estera che hanno influenzato il futuro del Medio Oriente. Un’altra causa principale dell’attuale situazione regionale è senza dubbio l’intervento statunitense in Iraq e il conseguente rovesciamento del regime di Saddam Hussein, che ha dato il via all’acuirsi dello scontro settario, ma principalmente politico, tra gli sciiti e i sunniti. I conflitti attuali in Medio Oriente sono il frutto e la conseguenza di diversi fenomeni politici, non riconducibili semplicisticamente ai tumulti iniziati nel Nord Africa nel 2011. Quel che è certo, però, è che l’Iran è stato in grado di approfittare dei recenti conflitti, prima in Iraq, poi in Siria e nello Yemen, per massimizzare la propria influenza in quattro capitali della regione, riuscendo ad esercitare un notevole ruolo su alcuni tra i principali stati arabi e dimostrando di essere pienamente uscito dalla fase di impasse nella quale era caduto a seguito della guerra con l’Iraq. L’Iran, come noto, fa parte dei cosiddetti “stati canaglia” per gli Stati Uniti, e di conseguenza una sua scalata ai vertici del potere mediorientale mette in allerta Washington e i suoi principali alleati regionali. Negli ultimi anni si è dato risalto, i termini negativi, alla cosiddetta “Land Route to the Mediterranean”, cioè un corridoio sciita che da Teheran arrivi sino al Mediterraneo, grazie a porzioni di terreno controllate dall’esercito iraniano o da milizie alleate. Una delle tesi più accreditate, che vede l’Iran aumentare notevolmente la capacità di deterrenza nei confronti del principale nemico regionale, Israele, e un accesso facile al Mediterraneo. Ma quanto è reale questo obiettivo per l’Iran? Per provare a rispondere a questo quesito è necessario stilare un elenco dei principali obiettivi strategici che la Repubblica Islamica persegue per mantenere i propri interessi vitali, per capire quanto sia prioritario il completamento della rotta verso il Mediterraneo. L’obiettivo primario per Teheran, al quale nessun governante può rinunciare, è il controllo della popolazione interna. E’ la principale fonte di preoccupazione per l’establishment, qualunque sia l’estrazione politica-religiosa. Il controllo della popolazione interna, con una grande attenzione per le minoranze etniche, è fondamentale per il mantenimento dello status quo. I cambiamenti politici nel corso degli ultimi due secoli in Iran sono avvenuti in seguito a grandi manifestazioni di piazza, e le manifestazioni viste a cavallo tra dicembre 2017 e gennaio 2018 (per quanto caratterizzate da una matrice economica), sono un campanello d’allarme per il governo iraniano che non può essere sottovalutato. Le divergenze etniche, inoltre, sono da sempre un pericolo per la tenuta interna del paese, essendo fortemente influenzabili da potenze esterne. Nonostante la parte centrale del paese sia costituita principalmente da abitanti di etnia persiana, sui confini si trovano importanti minoranze. Le più pericolose per la stabilità di Teheran sono quelle formate da arabi e curdi: i primi, che si trovano nel Khuzestan, sono posizionati in una porzione di terreno ricca di giacimenti di petrolio e in passato sono stati fonte di instabilità per il governo centrale iraniano. Per i secondi, i curdi, che rappresentano circa il 7% della popolazione, l’Iran nutre un sentimento di avversione storico, dovuto alle reminiscenze della guerra con l’Iraq, quando i curdi iracheni si unirono a Saddam nella lotta con Teheran. Inoltre, nel nuovo corso iracheno, i curdi hanno guadagnato importanti concessioni dal punto di vista dell’autonomia, e hanno accresciuto esponenzialmente il proprio profilo militare. Queste dinamiche hanno influenzato i vicini curdi iraniani, che negli ultimi anni si sono contraddistinti nella ricerca di autonomia, volta a conservare la propria cultura non-persiana. Il controllo capillare della regione curda è quindi fondamentale per la tenuta del paese, e offre il pretesto per espandere le maglie del controllo oltre i confini iracheni. Il secondo obiettivo da perseguire, per l’Iran, è quindi collegato al primo: il controllo dei territori a nord-est di Baghdad. La provincia di Diyala è la porzione di terreno dove maggiormente è presente il ruolo dell’Iran, ed è usata come base per proiettare l’influenza su tutto il confine iracheno-iraniano. Diverse cittadine, come Basijii, sono sotto il controllo di milizie sciite legate a doppio giro con Teheran. Il controllo di rotte stradali che partono da Diyala accrescono l’influenza iraniana sulla regione e mettono pressione alla provincia curda irachena. Un fattore importante, che mette in sicurezza tutto il confine occidentale dell’Iran. Un obiettivo iraniano che si è chiaramente visto negli ultimi anni è quello del mantenimento di un regime amico a Damasco, che possa garantire gli interessi iraniani nel territorio siriano. L’Iran si è impegnato nella battaglia a fianco di Assad, contro le formazioni di estrazione sunnita che minacciavano la tenuta stessa del regime, viste da Teheran come proxy dei paesi sunniti che avevano l’interesse nel far decadere il regno alawita degli al-Assad. In Siria sono presenti numerose sacche di influenza iraniana, tramite diramazioni dirette delle Guardie della Rivoluzione (specialmente sul confine iracheno-siriano) o milizie sciite vicine all’Iran, che forniscono a Teheran un peso notevole sul futuro del paese. Fondamentale per l’Iran è integrare sempre più Hezbollah nella vita politica del Libano, per influenzare ancor di più le decisioni di Beirut. Inoltre la presenza di Hezbollah nel sud siriano, oltre che libanese, fornisce una costante funzione di deterrenza nei confronti di Israele. Controllo delle zone occidentali dello Yemen tramite la miliiza degli Houthi, oramai a controllo di larghe porzioni della capitale Sanaa. Questa strategia porta all’Iran tre diversi potenziali vantaggi: un peso specifico sulla futura ricostruzione politica yemenita; un fattore di instabilità nel confine meridionale dell’Arabia Saudita, che si vede costretta ad impegnarsi in un conflitto che rischia di deteriorarla militarmente (sono ormai costanti gli attacchi tramite missili balistici degli Houthi contro postazioni petrolifere nel sud del regno saudita o contro la capitale); il potenziale controllo, anche se indiretto, dello stretto di Bab el-Mandeb, che congiunge il Mar Rosso con l’Oceano Indiano e importantissimo dal punto di vista commerciale. Il mantenimento del controllo dello stretto di Hormuz, strategica gola del Golfo Persico, fondamentale via commerciale per il traffico del petrolio mondiale. Nonostante sia considerato al pari di un atto di guerra, l’Iran ha minacciato diverse volte di chiudere lo stretto di Hormuz, e può usare questa carta sul tavolo delle trattative internazionali, oltre che nel consolidare la propria influenza nella regione mediorientale. Sviluppo del programma missilistico: l’aumento dei fondi destinati al programma dell’ultimo anno confermano la volontà dell’establishment iraniano di perseguire il consolidamento della capacità missilistica. Diversi analisti militari giudicano l’arsenale balistico di Teheran il più completo e avanzato della regione. Oltre alla varietà di missili a breve e medio raggio, che garantiscono un importante sistema di difesa per il paese, e accrescono la capacità di deterrenza sullo stretto di Hormuz, nel settembre del 2017 l’Iran ha testato un missile nominato Khorranshahr, una versione iraniana del nord coreano Hwasong-10, con una gittata di oltre 2000 chilometri, dimostrando di poter colpire i principali nemici nella regione: Israele e Arabia Saudita. Per concludere, il corridoio sciita rappresenta, più che un accesso al Mediterraneo, un insieme di zone di influenza che l’Iran può sfruttare per condizionare le decisioni politiche dei paesi vicini. La cosiddetta “rotta per il Mediterraneo” va inquadrata in questo senso: un aumento del già forte soft power in scenari di forte instabilità nel mondo arabo. Un corridoio che quindi non avrà l’utilità di portare armi ai proxy iraniani nella regione: la rotta preferita per il trasporto di armi da parte di Teheran è da sempre quella aerea. Anche prima del conflitto siriano la via aerea è stata la più utilizzata dalla Repubblica Islamica per raggiungere le diverse milizie, passando per Damasco: stessa modalità utilizzata anche nel pieno del conflitto e tutto lascia pensare che il metodo continuerà ad essere lo stesso. Una via terrestre, per quanto possa a livello teorico congiungere Teheran con il Mediterraneo, è difficilmente difendibile da eventuali rappresaglie di cellule e milizie sunnite, ed è intercettabile dalle forze statunitensi nell’area: le vie di rifornimento sarebbero troppo allungate, ed il tempo e i costi per il trasporto maggiormente elevati. Inoltre nulla lascia pensare che all’Iran interessi una via di accesso al Mediterraneo: andrebbe standardizzata una dottrina militare che sembra voler continuare a perseguire la strada della difesa asimmetrica, che tanti risultati ha dato nell’ultimo decennio alla Repubblica Islamica. L’Iran continuerà ad investire la maggior parte del budget per la difesa nelle Guardie della Rivoluzione, e difficilmente un accesso al Mediterraneo può portare reali benefici in termini militari al paese. La rotta per il Mediterraneo, il corridoio sciita, sono quindi una serie di zone cuscinetto che permettono all’Iran di rafforzare la propria difesa, espandendo i confini e identificando determinate zone strategiche come fondamentali per la propria sicurezza nazionale. Una Siria alleata e una maggiore presa sulla politica di Baghad tramite l’esportazione del modello Hezbollah in Iraq, utilizzando le milizie sciite che si sono enormemente rafforzate sui campi di battaglia e ormai pronte a convertirsi in veri e propri movimenti politici, sono gli imperativi da perseguire per l’Iran: una strategia di influenza che si sovrappone perfettamente al corridoio sciita che Teheran ha costruito nel tempo.  
1512. Bando di Concorso “GIOVANI AUTORI ” per n. 12 borse di studio  
6 AGOSTO 2018 “GIOVANI AUTORI” è un progetto di formazione avanzata di scrittura e drammaturgia teatrale promosso da Khora.Teatro, in partenariato con Link Theatre e sostenuto da Siae, che ha l’obiettivo di formare autori e drammaturghi under 30, selezionati con prove di ammissione, in grado di rispondere alle richieste culturali e professionali della scena contemporanea. Il percorso didattico, attraverso il lavoro con docenti professionisti, si concentra sulla funzione drammaturgica nella creazione di un testo teatrale, sviluppa un approfondito lavoro di analisi critica e l'esercizio di differenti generi e forme di scrittura. “GIOVANI AUTORI” è un’occasione per acquisire strumenti di base riguardanti le strutture drammaturgiche, le tecniche e le modalità registiche. Attraverso la “mise en scène” verranno realizzati alcuni corti teatrali. I testi prodotti verranno pubblicati, depositati in SIAE e gli autori iscritti. I giovani coinvolti potranno sviluppare una concreta professionalità nel campo della scrittura perché il percorso di approfondimento teorico e pratico mira a una consapevolezza non solo dei processi di scrittura creativa nell'ambito del teatro, ma anche all'approfondimento dei processi necessari alla realizzazione delle opere. Le attività laboratoriali si svolgeranno interamente presso il complesso architettonico del “Casale di San Pio V”, sede del campus universitario della LINK CAMPUS UNIVERSITY, mentre le “mise en scène” avranno luogo presso il Teatro Piccolo Eliseo di Roma. Le domande devono essere inviate, a pena d’inammissibilità, entro e non oltre le ore 12.00 del 24 agosto 2018. VISUALIZZA BANDO Per informazioni: e-mail: progettogiovani@khorateatro.it  
1513. Democracy and Authoritarianism in Asia  
19 Marzo 2018 21 marzo - Dalle ore 9.00 alle 11.00. Working Language: English. Prof. Luis Tomé - Professor Associado, Coordenador Científico do OBSERVARE - Departamento de Relações Internacionais - Universidade Autonoma de Lisboa – UAL Discussant: Prof. Gabriele Natalizia  
1514. Who is Who: Mike Pompeo  
19 Marzo 2018 di Lorenzo Zacchi - 14 marzo 2018 Nome: Mike Pompeo Nazionalità: Americana Data di nascita: 30 dicembre 1963 Ruolo: Segretario di Stato degli Stati Uniti, ex direttore della CIA Donald Trump, con un tweet, ha annunciato l’allontanamento di Rex Tillerson dal ruolo di Segretario di Stato, sostituendolo con l’ex direttore della CIA Mike Pompeo. Fatali per Tillerson le ultime dichiarazioni sulla Russia, e le divergenze di vedute con il presidente americano su Iran e Corea del Nord. Ma chi è Mike Pompeo, nuovo uomo dell’amministrazione Trump? Mike Pompeo nasce il 30 dicembre del 1963 a Orange, in California, da una famiglia di origine italiane. Nel 1982, si è diplomato alla Los Amigos High School di Fountain Valley, e successivamente, nel 1986, si è laureato in ingegneria meccanica come primo nella sua classe presso l’Accademia Militare degli Stati Uniti a West Point. Nel 1994 ha conseguito un dottorato in giurisprudenza presso Harvard. Dal 1986 ha prestato servizio militare come ufficiale di cavalleria di pattuglia presso il Muro di Berlino, sino alla sua caduta. Nel 1991 ha partecipato alla Guerra del Golfo in Iraq e Kuwait. E’ stato membro del Congresso eletto in Kansas per la Camera dei rappresentanti dal 2011 al 2017 con il Partito Repubblicano, distinguendosi per le sue posizioni oltranziste e radicali. E’ infatti considerato un “Falco”: giudica l’accordo nucleare con l’Iran una sconfitta per gli Stati Uniti, si oppone alla chiusura di Guantanamo, ha sempre avuto una posizione intransigente nei riguardi della Corea del Nord. Al contrario, Pompeo ha avuto una posizione piuttosto indulgente sul caso Russiagate. E’ inoltre un forte sostenitore del Secondo Emendamento, e si è sempre espresso a favore del Patriot Act e della raccolta delle informazioni in chiave anti-terroristica operata dalla NSA. Sostenitore di Marco Rubio alle primarie repubblicane, dopo la vittoria di Trump si è prontamente legato al futuro presidente americano, preparandolo sulle strategie di sicurezza nazionale e consigliandolo su tematiche di politica estera in campagna elettorale. Nel gennaio del 2017 Donald Trump lo nomina direttore della CIA: secondo i più critici il neo presidente si sarebbe affidato a Pompeo per bilanciare il caso Russiagate, inserendo a capo dell’agenzia un suo uomo. Al contrario, secondo i suoi fautori, durante la gestione della CIA, l’attuale Segretario di Stato ha dimostrato doti importanti per svolgere il nuovo incarico alla Casa Bianca: conoscenza e controllo di crisi e sfide globali complesse. Le capacità di Pompeo saranno subito messe a dura prova: a lui il compito di preparare lo storico incontro tra Trump e il leader nordcoreano Kim. Una svolta che potrebbe essere epocale per il nuovo corso dell’amministrazione Trump.  
1515. Women Security and Self-Defense Awareness Program WSSAP2018 Link Campus  
7 AGOSTO 2018 Venerdì 23 novembre 2018 dalle 10:00 alle 18:00   Link Campus University in linea con le attività formative dell'area sicurezza e con l'impegno contro ogni forma di violenza, dedica delle giornate gratuite alla difesa personale e alla self awareness, con l'obiettivo di insegnare la detection comportamentale, indicare i giusti livelli di attenzione e trasferire competenze pratiche di difesa alle donne, rendendole maggiormente consapevoli dei rischi ed in grado di difendersi da situazioni di pericolo. Le attività formative sono rivolte ad un pubblico femminile, in particolare alle studentesse e alle dipendenti dell'Ateneo e a chi richiederà di iscriversi. I gruppi sono a numero chiuso per un massimo di 30 partecipanti. La durata è di 8 ore.   VAI ALLA PAGINA DI RIFERIMENTO  
1516. La riforma elettorale di Bergoglio e il taglio dei collegi cardinalizi sicuri: il prossimo Papa sarà eletto con il proporzionale.  
14 Marzo 2018 Cinque anni di pontificato per Francesco tra resistenze e innovazione di Piero Schiavazzi Un quinquennio sulle rive del Tevere scandisce il tempo, inquieto, della politica e lo scorrere dei parlamenti della Repubblica. Coincidendo nell'ultimo caso con lo start elettorale di un romano pontefice: marzo 2013, mese del conclave. Simultaneità troppo invitante per non assumerne glossario e scenario. Metodo e metafora. E riassumere, in siffatta maniera, la prima "legislatura" di Francesco. Iniziamo dal paesaggio: in Urbe e in Orbe. Analisti, e psicanalisti, alla scuola di Karl Jaspers, le chiamano epoche assiali: quando l'asse dell'universo e della storia s'inclina, s'incrina, dentro e fuori di noi. Senza sentire ragioni, senza risparmiare istituzioni. Stato e partito. Ideologia e antropologia. Chiesa e religione incluse. I valori a dispetto delle apparenze permangono, ma si riposizionano. Arretrano e avanzano in graduatoria. Bergoglio, unitamente ad esserne causa e catalizzatore, risulta egli stesso conseguenza del processo suddetto, che Giovanni Battista Vico da credente ricondurrebbe alla provvidenza divina e Benedetto Croce, da laico, alla logica terrena delle cose tout court. Le due categorie della misericordia e globalizzazione, con il Papa dei confini del mondo, ascendono ai vertici della hit e orientano, a ciascun livello, il discernimento dei singoli e dei popoli, nel foro interno delle coscienze individuali e in quello, esterno, delle relazioni internazionali. Le regole, a ben guardare, non hanno subito modifiche. In gergo calcistico diremmo per intenderci che i precetti dottrinali e l'offside, ossia il peccato, sono rimasti tali. Però è cambiato il gioco e al pubblico, che osserva, sembra in definitiva di assistere a un'altra partita. Dove la squadra si converte, gioiosamente, dall'arrocco all'attacco. Evangelii Gaudium, appunto. Magna Carta e manuale di schemi o insegnamenti che nondimeno trovano il team impreparato, dai cardinali e vescovi ai movimenti laicali, mettendo in preventivo e ammettendo in anticipo, sin dal principio, il rischio di prendere goal in contropiede ("Preferisco una Chiesa incidentata, piuttosto che malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze"). Da qui le resistenze, le rivolte di spogliatoio che ritardano l'arrivo dei risultati e caratterizzano l'attuale fase di stanca – "limbo" la definisce Massimo Franco - del pontificato, confidando che l'allenatore getti la spugna e obbligando Bergoglio a rimodulare gli assetti e i tempi: per non incorrere in sgambetti e porte sbattute, defenestrazioni e defezioni, dalla tolleranza zero in fatto di abusi (messa in forse dalle dimissioni di Marie Collins) alla Vatileaks libraria di Nuzzi - Fittipaldi e alle battaglie, viceversa in campo aperto, a colpi di comunicati, tra George Pell e la Segreteria di Stato sui nuovi organismi di vigilanza, ergo trasparenza, finanziaria. Un quadro diagnostico scivoloso di riforme a metà, in casa, e omertà dure a morire, diffuse orizzontalmente, sottopelle, in tutta l'estensione del corpo ecclesiale. Per saggiare la profondità e velocità del cambiamento non bisogna pertanto soffermarsi a indugiare – indagare tra le pieghe dei documenti, alla stregua dell'Esortazione Amoris Laetitia: duecento pagine di contrastata, contestata mediazione sui temi e problemi della morale familiare. Ma occorre concentrarsi sulla costituzione materiale. Accanto al lento incedere dei sinodi - parlamenti terreni della Chiesa, dove il pastore ha il compito di garantire l'unità del gregge, spinto avanti dai progressisti e frenato dai conservatori - c'è il Sinai d'alta quota dell'"Air Force One" papale, divenuto letteralmente, da un viaggio all'altro, fonte primaria del magistero: qui Francesco libera e libra il suo pensiero, riscrivendo le leggi e trascrivendole, all'istante, sulle tavole digitali dell'immaginario collettivo. Parole pronunciate "al volo", con nonchalance e toni da talkshow, piovono dal cielo e fanno "il giro" del mondo, slacciando le cinture delle regole pregresse ("Chi sono io per giudicare un gay?") e sovrapponendosi non solo etimologicamente, bensì teologicamente, al circuito (en kýklos) tradizionale di una enciclica. Poiché sulle labbra dell'uomo che ha il potere di legare e di sciogliere anche una battuta produce norme, amplificate - ratificate dalla rete mediatica, innovando la prassi e il costume dell'istituzione. Se in ambito antropologico il verbo di Bergoglio penetra biblicamente nell'anima mundi e si mostra "più tagliente di una spada", sul piano diplomatico registriamo uno strappo addirittura più deciso, e decisivo, che incide "il midollo e le giunture" del pianeta globale. Una rottura che ha per oggetto e bersaglio l'Occidente. Facendo della Cina l'obiettivo e la destinazione finale del pontificato, in attuazione storica e onirica del sogno e disegno che alberga nel DNA di ogni membro Compagnia di Gesù: condensando e accelerando in cinque anni cinque secoli di missione, pena l'esclusione dall'area che conta, in Asia Orientale, dove si perde, o vince, la partita del Terzo Millennio. Il futuro della Chiesa e dell'umanità, secondo il Papa, non transita infatti dal "passaggio a Nordovest" e dal modello americano della civil religion, caro a Joseph Ratzinger: un retroterra strategico di cultura e di coltura, nel quale diversamente dal vecchio continente la vision del cristianesimo non deprime - sopprime le radici ma offre linfa vitale, connotando (In God we trust) e permeando di sé le istituzioni. Un mondo con cui Francesco ha reciso il cordone ombelicale, abbandonando l'idea stessa di civiltà cristiana, per sciogliersi quale lievito negli universi altrui, senza pretesa di plasmarli, ma di aiutarli a evolvere, condividendo, insieme, un traguardo di più alta spiritualità e umanità. Indipendentemente dall'incompatibilità personale con Donald Trump, mai un Pontefice era risultato così vicino e lontano al tempo stesso dagli USA. Bergoglio proviene infatti dal medesimo emisfero e contestualmente da quello opposto: sudista prima che occidentale. Dai boat people al boat Pope. La barca di Pietro nel quinto anniversario della fumata bianca, completa l'identificazione con i barconi dei migranti, unitamente all'inversione di rotta e rotazione dell'asse iniziate l'8 luglio 2013 sul molo di Lampedusa, in guisa di perno di un compasso planetario, da Settentrione a Meridione. Opzioni che, volendo laicizzare il ragionamento, il Ceo di qualunque holding valuterebbe con uguale propensione, seguendo i diagrammi statistici e dislocando l'azienda "Chiesa" sui mercati che crescono: in primis l'Africa, con un tasso d'incremento dei battezzati superiore del doppio, rispetto alla popolazione. Tra Benedetto e Francesco, in conclusione, potrà pure sussistere una liaison interiore filosofica e teologica. Non certo geopolitica. Come geopolitico è il distinguo ed elemento di netta, inequivocabile, irreversibile discontinuità con i predecessori. Per finire la "legge elettorale": devoto della Madonna dei nodi, Bergoglio è riuscito a sbrogliare il groviglio di cui, sull'altra sponda del Tevere, governo e parlamento, scienziati e costituzionalisti non sanno venire a capo. Arrendendosi alla "sfinge" della curia, nell'Urbe, ma prendendosi la rivincita sulla piramide gerarchica, nell'Orbe. Operando la più grande redistribuzione di potere tra città, regioni, continenti e stravolgendo i criteri d'ammissione al club ambitissimo, esclusivo della Sistina, dove si sceglierà il suo successore. Se il prossimo Papa si eleggesse oggi resterebbero fuori, ad esempio, diocesi blasonate, intoccabili, cedendo spazio a sedi sconosciute, improbabili. Però reali, e impeccabili. Favola di cenerentole trasformate in regine. Rebus geografico e applicazione giurispubblicistica dell'adagio evangelico: gli ultimi saranno i primi. Davanti al Giudizio di Michelangelo, si materializzerebbero Morelia e Mérida, Les Cayes e San José de David, Bamako e Ouagadougou, Bangui e Santiago de Cabo Verde, Port Louis e Port Moresby, Nuku'alofa e Tlalnepantla, Cotabato e Pakse, Dacca e Yangon. Mentre scomparirebbero Filadelfia e Los Angeles, Baltimora e Detroit, Montreal e Santo Domingo, Tokyo e Sydney, Kampala e Lagos, Luanda e Dakar, Marsiglia e Siviglia, Berlino e Kiev, Torino e Venezia. Si può parlare a riguardo di un passaggio dall'aristocrazia dei collegi sicuri, tradizionalmente cardinalizi, alla democrazia e al proporzionale: poiché le new entry sono accomunate dal fatto di aver guidato in periodi più o meno lunghi le rispettive conferenze, nazionali o continentali, dei vescovi, suffragate dal voto dei colleghi. Ne discende un meccanismo a "geografie variabili", basato sulle preferenze, che conserva per il momento posti fissi, o quote importanti di maggioritario ma propende, nell'intento dell'artefice, a ridurli ulteriormente - un terzo del totale - in una sorta di Rosatellum (30%) al rovescio. Prospettiva che costituisce il portato più duraturo, gravido di futuro, della "legislatura". E rende Francesco, verosimilmente, il primo Papa della globalizzazione. Protagonista di una riforma che democratizza, modernizza l'istituto del conclave. Adeguandone concretamente le strutture all'ideale, avveniristico, di universalismo che l'Onu addita. E invano persegue. Consapevole che, a differenza della Chiesa, difficilmente le sarà data opportunità di realizzarlo.  
1517. Women Security and Self-Defense Awareness Program WSSAP2018 Link Campus  
Venerdì 23 novembre 2018 - ore 10.00 Gymnasium  - Università degli Studi Link Campus University Via del Casale di San Pio V, 44 - Roma Link Campus University in linea con le attività formative dell'area sicurezza e con l'impegno contro ogni forma di violenza, dedica delle giornate gratuite alla difesa personale e alla self awareness, con l'obiettivo di insegnare la detection comportamentale, indicare i giusti livelli di attenzione e trasferire competenze pratiche di difesa alle donne, rendendole maggiormente consapevoli dei rischi ed in grado di difendersi da situazioni di pericolo. I principi guida sono la determinazione a non essere una vittima, l’immediatezza e la semplicità della reazione ma sopratutto la capacità di rilevazione delle minacce e la capacità di comprendere i comportamenti di soggetti intorno a noi. Tutto questo permette di sviluppare una mentalità difensiva permanente. Le attività formative sono rivolte ad un pubblico femminile, in particolare alle studentesse e alle dipendenti dell'Ateneo e a chi richiederà di iscriversi. I gruppi sono a numero chiuso per un massimo di 30 partecipanti. La durata è di 8 ore. Il lavoro fisico è stato studiato per poter essere affrontato senza difficoltà da chiunque, indipendentemente dall’età, grado di allenamento, struttura fisica. INTRODUCONO  VANNA FADINI Presidente GEM - Link Campus University FILOMENA MAGGINO Professoressa Università degli Studi La Sapienza Consigliere del Presidente del Consiglio DOCENTI E ISTRUTTORI PAOLA GIANNETAKIS ALESSANDRO FASAN STEFANO BUSOLINI PROGRAMMA DEL CORSO Legittima difesa Psicologia e comportamento Detection and protection Awareness e prevenzione su varie tipologie di aggressioni Fondamentali della difesa personale Simulazioni di possibili situazioni reali I DOCENTI: Prof.ssa Paola Giannetakis: esperta in analisi comportamentale e criminologia, direttore del centro di ricerca di science e tecnologie applicate all'intelligence TechSa, direttore del Master in Scientific intelligence, direttore del Master in Crime Science and Investigation, coordinatore dell'area sicurezza e cybersecurity della Link Campus University. Dott. Alessandro Fasan: specializzato in Sicurezza e Intelligence alla Link Campus University, inizia la pratica delle arti marziali da bambino, acquisendo una formazione ampia e variegata praticando molti e diversi tipi di arti marziali, giungendo alla pratica di sport da combattimento (Muay Thai), fino a giungere alla pratica di sistemi di difesa personale e close combat. Attivo da 11 anni nell'ambito della sicurezza privata, personale. Stefano Busolini: iscritto all'Albo Nazionale Formatori del Centro Nazionale Sportivo Libertas per la disciplina del Krav Maga ed all'Albo Nazionale Tecnici del Centro Nazionale Sportivo Libertas con la qualifica di Tecnico specializzato nella disciplina del Krav Maga. Tecnico specializzato e docente formatore nella disciplina del Krav Maga. Chef-instructeur di S.O.G. (Système pour groupes opérationnels). Istruttore di pesi e cultura fisica. Attivo da 18 anni nell'ambito della sicurezza privata, personale (scorte, protezione vip), locali ed eventi. Scarica la locandina Per informazioni inviare una mail a: sci_int@unilink.it  
1518. Interesse nazionale e investimenti stranieri: la riforma del CFIUS  
12 Marzo 2018 di Piero De Luca - 6 marzo 2018 Per questo negli Stati Uniti esiste il Committee on Foreign Investments in the United States (CFIUS), istituito dal presidente Gerald Ford nel 1975 e presieduto dal Segretario al Tesoro. Al suo interno vi lavorano rappresentanti di 16 dipartimenti e agenzie statunitensi, tra cui i dipartimenti di, Stato, Difesa, Commercio e Sicurezza Interna. Il Comitato è responsabile della revisione di fusioni e acquisizioni estere di aziende statunitensi, analizzando le implicazioni per la sicurezza nazionale degli investimenti stranieri nell’economia americana, ed in particolare in taluni specifici settori strategici, tra cui la sicurezza, la tecnologia, le telecomunicazioni, le infrastrutture e l’energia. Quindi se il CFIUS determina che una transazione pone rischi per la sicurezza nazionale, può imporre requisiti all’accordo per mitigare il rischio, o in alternativa riferire al Presidente che ha l’autorità per bloccarla. Il Comitato ha il potere di avviare l’esame di un’operazione a seguito della notifica volontaria da parte degli investitori oppure dopo aver ricevuto una segnalazione da parte di terzi. A questo punto ha 30 giorni per autorizzare l’operazione oppure intraprendere un’indagine. In quest’ultimo caso, il CFIUS ha ulteriori 45 giorni per decidere se autorizzare o negare la transazione. Ogni anno, il Comitato redige e pubblica una relazione in cui individua le aree su cui ha concentrato maggiormente il proprio controllo. Una delle ultime operazioni ad essere stata bloccata, riguarda il tentativo di un fondo cinese di acquisire la Lattice Semiconductor Corporation, società statunitense specializzata nella produzione di dispositivi logici ad alte prestazioni. Per far fronte al crescente pericolo di acquisizioni estere di settori strategici, soprattutto cinesi, lo scorso novembre è stata introdotta da membri bipartisan della Camera e del Senato degli Stati Uniti, la Foreign Investment Risk Review Modernization Act (FIRMMA). Secondo la normativa vigente, il CFIUS interviene laddove un investitore straniero acquisisce il  pieno controllo di un’impresa operante negli Stati Uniti. I critici dell’attuale legislazione suggeriscono che anche se alcune transazioni (in particolare nel settore dell’alta tecnologia) non determinano un pieno controllo straniero di un’impresa, la stessa debba comunque essere posta sotto il controllo del CFIUS. Questo perché la tecnologia può comunque essere condivisa facilmente con un paese straniero. Se la FIRMMA diventasse effettivamente legge, verrebbero introdotte nuove categorie di transazioni che sarebbero soggette alla giurisdizione del CFIUS. In particolare si renderebbe necessaria una revisione per: i trasferimenti di proprietà intellettuale ad un’impresa straniera attraverso una joint venture o qualsiasi altro accordo, di società operanti nel settore dell’alta tecnologia; le acquisizioni di società attive nei settori tecnologici ed infrastrutturali critici, che consentano l’accesso a informazioni tecniche riservate o a dati finanziari non disponibili ad altri azionisti; l’acquisto o la locazione di immobili, in prossimità di installazioni militari o ad altre strutture ritenute di importanza strategica. Alcuni sostengono che una legislazione più stringente sia contraria alla promozione americana del libero commercio. Potrebbe essere vero, ma è pur vero che il capitalismo guidato dallo stato cinese rende difficile distinguere le imprese private da quelle di proprietà statale. Inoltre, la Cina è sembrata finora poco incline a consentire investimenti esteri privati ​​in molti settori chiave della sua economia. Pechino è stata anche esplicita in merito alle sue aspirazioni di dominio tecnologico. Lo sforzo del governo cinese per diventare leader globale in campi d’avanguardia come auto elettriche, intelligenza artificiale, robotica e altre cruciali tecnologie del futuro è ormai evidente. Il trasferimento di tecnologie diviene perciò una questione nevralgica, da un lato, per gli obiettivi di sviluppo di Pechino e, dall’altro, per la difesa e la sopravvivenza dell’industria statunitense. Articolo originariamente apparso su Formiche.  
1519. El mundo del papa Francisco y su atenta mirada al gigante asiático  
12 Marzo 2018 Early in Time 10/03/2018 - Pope Francis does not stop looking at the Asian giant, China La Vanguardia 09/03/2018 - El mundo del papa Francisco y su atenta mirada al gigante asiático, China Diario Las Americas 09/03/2018 - El papa Francisco no para de mirar al gigante asiático, China Con la elección de Francisco hace cinco años, la preocupación de la Iglesia hacia los conflictos y los problemas del mundo ha cambiado la visión geopolítica del Vaticano, que ahora encara el delicado reto de acercarse a China. El próximo 13 de marzo se cumple el quinto aniversario de aquella “fumata blanca” que situó en el trono de San Pedro al primer papa latinoamericano de la historia, Jorge Mario Bergoglio, impulsor de una nueva geopolítica en el pequeño pero influyente Estado Vaticano. El pontífice rápidamente orientó la acción exterior de la Santa Sede, tradicionalmente occidental, hacia el sur y el este del mundo, África y Extremo Oriente, explica a Efe el docente de Geopolítica vaticana en la Universidad romana “Link Campus”, Piero Schiavazzi. Quizá siguiendo la profecía marcada por Juan Pablo II en su exhortación apostólica “Ecclesia in Asia” (1999), en la que apuntaba que mientras en el primer milenio “la cruz fue plantada” en Europa y en el segundo en América y África, en el actual se hará en Asia. Es el “viejo sueño” de jesuitas como Francisco Javier o Matteo Ricci, misioneros en una Asia en la que los católicos crecen, hasta los 141 millones de fieles, aunque solo representen un 3,24 % de la población total, según un informe de 2017 de la Agencia Fides. Y en ese vasto continente, el interés reside en la República Popular de China, país con el que la Santa Sede no mantiene relaciones desde 1951, tras el ascenso al poder de Mao Zedong, y con la que existen negociaciones en curso para un posible acercamiento. El propio papa reconoció que existe un “diálogo político” y que se da “poco a poco, con delicadeza” durante el vuelo de regreso de Bangladesh, último país asiático que ha visitado tras Birmania, Corea del Sur, Sri Lanka y Filipinas. El principal escollo en las relaciones entre Pekín y Roma es el nombramiento de obispos pues las autoridades chinas no aceptan que el papa designe cargos y en su lugar lo hacen ellas, originando dos iglesias paralelas, la “patriótica” y la “clandestina”. Sin embargo, en los últimos tiempos ambas partes han dado señales de acercamiento, como el inédito permiso para sobrevolar china en su viaje a Seúl en 2014 (denegado a Karol Wojtyla en 1989) o lo que ya se conoce como “diplomacia del arte”, el intercambio de patrimonio. Francisco aludía así a un acuerdo que muchos dan por inminente y que ha levantado dudas, pues todo indica que aceptaría nombramientos consensuados, aunque permitiría llegar a los cerca de 10 millones de católicos en comunión con Roma y que rezan casi en clandestinidad. En cualquier caso, Schiavazzi apunta a que serviría como “una primera fase” de cara al futuro, respetando el criterio que el papa defendió en su exhortación “Evangelii Gaudium” (2013): “el tiempo es superior al espacio”, ceder para entrar en China. “Él apunta a convertir China porque entiende que la Iglesia se juega su futuro. Si la Iglesia queda en el 3 % actual en Asia será periférica y marginal en la geopolítica de este siglo”, consideró. El Vaticano de Francisco también mira a Rusia y la distensión de sus relaciones pasa por el poderoso Patriarcado Ortodoxo, algo ya iniciado con el histórico encuentro en La Habana entre el papa y el patriarca Cirilo, el primero desde el Gran Cisma del 1054. Para ello, y a la espera de un soñado viaje a Rusia, Francisco, que se ha reunido en dos ocasiones con Vladímir Putin en el Vaticano, envió el pasado agosto a Moscú a su secretado de Estado, Pietro Parolin, con la crisis siria y ucraniana de fondo. Bergoglio además atesora otros éxitos diplomáticos como el histórico deshielo entre la Cuba de Raúl Castro y los Estados Unidos de Barack Obama, dinamitado después por su sucesor, Donald Trump. También se mantiene muy pendiente de la situación en Oriente Medio, llegando incluso a reunir en el Vaticano en la primavera de 2014 al por entonces presidente israelí Simon Peres y el palestino Mahmud Abás, y ha abordado con líderes de la región la controvertida capitalidad de Jerusalén, cuyo “statu quo” defiende. Y como no podía ser de otra manera, sigue de cerca la situación en su “Patria Grande”, Latinoamérica: animó al fin de la guerrilla en Colombia y ha llamado al diálogo en Venezuela en repetidas ocasiones, poniendo a mediar en las negociaciones a su clero, a menudo atacado por el régimen de Nicolás Maduro. Importante es también la redistribución del poder en este mundo globalizado y para ello Francisco, con 4 consistorios, ha creado 49 cardenales -y 12 no electores- de los que muchos llegan de ciudades periféricas, descentralizando de este modo la Iglesia romana. Así, en un futuro cónclave, estará representado el enclave católico de la isla filipina de Mindanao, Cotabato; la capital de Burkina Faso, Uagadugú; la comuna haitiana de Los Cayos; el distrito panameño de David, o la isla pacífica de Tonga, entre otros. EFE  
1520. Simona Quadarella vince 3 ori agli europei di nuoto di Glasgow 2018  
8 AGOSTO 2018 Simona Quadarella, la nostra studentessa di Economia Aziendale Internazionale, si è laureata campionessa d’Europa negli 800 stile libero femminili agli europei di nuoto di Glasgow 2018, stabilendo il nuovo record italiano in 8'16''35. Quello della 19enne romana è il secondo tempo al mondo dopo l’americana Ledecky. Dopo il trionfo negli 800 metri, Simona vince l’oro anche nei 1500 stile libero, chiudendo con il crono di 15’51“61. Simona conclude l'europeo in bellezza, vincendo il terzo oro nei 400 stile libero con il tempo di 4’03″35, primato personale. Un abbraccio da parte di tutta la Link Campus University. Credits Ph. Giorgio Scala - https://deepbluemedia.photoshelter.com  
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