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1201. Quale futuro per l’Italia sullo scacchiere energetico?  
1 MARZO 2018 Angelo Colombini, Segretario Confederale Cisl Gabriele Natalizia, Link Campus University I mercati energetici, soprattutto quelli del gas, registrano un grado di interdipendenza maggiore rispetto a quella di altri settori commerciali. L’Italia sperimenta direttamente questo dato, principalmente a causa di due ragioni. La prima è la sua collocazione geopolitica, che la pone contemporaneamente nel cuore del Mediterraneo e in posizione centrale rispetto all’Unione Europea rendendola un hub naturale per lo smistamento e il rifornimento energetico dell’intero continente. La seconda ragione riguarda la sua dipendenza dagli approvvigionamenti esterni, in quanto figura tra i primi dieci importatori europei di energia (dati Eurostat marzo 2017). L’elevato costo di costruzione e gestione dei gasdotti rende l’interdipendenza tra gli Stati ancor più stretta e articolata, divenendo una questione politica tra Stati fornitori, acquirenti e di transito. È proprio per questo che l’Italia e l’Europa guardano con estremo interesse ai processi politici presenti e futuri dei Paesi attraversati dalle pipeline, con l’obiettivo di contribuire al la stabilità politica dei loro territori e mantenere relazioni commerciali equilibrate. La Russia è tra i principali partner dell’Italia (tra gli altri Libia, Algeria, Qatar, Norvegia e Olanda) dalla quale, stando ai dati relativi al 2015, il nostro Paese ha importato il 45% del gas, il 16% dei prodotti petroliferi e il 21% dei combustibili solidi. Il gas russo, per raggiungere il territorio italiano, viene trasportato dai gasdotti di Soyuz, Yamal e Brotherhood che transitano tutti per l’Ucraina. A seguito dell’annessione della Crimea nel 2014 e della guerra civile in Donbass, Mosca è stata sottoposta dall’UE a sanzioni economiche, prorogate semestralmente a causa della violazione degli accordi di Minsk. Le sanzioni imposte si possono dividere in due macro-categorie: le misure restrittive individuali (congelamento dei beni e restrizioni di viaggio di alcuni esponenti dell’élite politica ed economica russa); le restrizioni degli scambi commerciali in settori economici specifici nei confronti della Federazione Russa, della Crimea e della città di Sebastopoli. Questi provvedimenti sono stati recentemente rinnovati fino al 31 luglio 2018. In risposta alle sanzioni la Russia ha vietato le importazioni di prodotti agro-alimentari da Europa, Canada, USA, Australia e Norvegia e ha imposto, esclusivamente per gli enti statali, un veto su importazioni tessili, abbigliamento, calzature e veicoli. Gli effetti delle sanzioni sull’economia russa non hanno tardato a manifestarsi. Tra il 2013 e il 2016 l’interscambio commerciale si è dimezzato, passando da 338 miliardi di euro a 191 miliardi di euro e il PIL russo ha subito un’importante diminuzione scendendo da 1.853 miliardi di euro a 1.066 miliardi di euro. Contemporaneamente il rublo ha perso il 70% del suo valore per l’aumento dell’inflazione ed è cresciuto il numero di persone che vivono al di sotto del livello di sussistenza. Sebbene né gli Stati Europei né la Russia abbiano sostanzialmente incluso il settore energetico nelle sanzioni, è evidente che il transito del gas russo sul territorio ucraino rappresenta una criticità. Per alleggerire la propria dipendenza dai Paesi di transito, Mosca già da tempo ha studiato nuovi percorsi per le sue esportazioni di gas. Nel 2000 è stata avviata la costruzione del Nord Stream, che unisce la Russia alla Germania, ed è stata proposta quella del South Stream che, se fosse stato realizzato, l’avrebbe unita alla nostra Penisola. L’Italia, dal canto suo, si è messa alla ricerca di fonti alternative di approvvigionamento per essere meno dipendente dalla Russia. Il più importante progetto in tal senso è quello del gasdotto il Trans-Adriatic Pipeline (TAP) che, allacciandosi al TANAP (Trans-Anatolian Natural Gas Pipeline), consentirebbe un collegamento tra l’Azerbaigian e l’Italia. Tuttavia, sebbene i lavori di costruzione siano già in corso, permane una forte opposizione politica interna al progetto. Nel complesso e articolato orizzonte energetico, tuttavia, una scoperta recente potrebbe modificarne gli equilibri. Si tratta della scoperta compiuta dall’ENI nelle acque territoriali dell’Egitto del giacimento supergiant Zohr. Quest’ultimo ha un’estensione di 100 chilometri quadrati e un potenziale di risorse fino a 850 miliardi di metri cubi di gas. La notizia non ha reso felici tutti i nostri partner. Desiderando attestarsi quale principale hub europeo, la Germania sostanzialmente vorrebbe scongiurare la possibilità di un riequilibrio del baricentro del mercato del gas verso sud-est. La Russia, dal canto suo, è preoccupata che la nuova scoperta possa sottrarle importanti quote di mercato, con una conseguente flessione dei prezzi energetici. La Turchia, similmente, non vuole essere bypassata dai nuovi progetti relativi alle rotte meridionali del gas, che le farebbero perdere royalty relative al transito. In questo contesto, infatti, l’individuazione di altri importanti giacimenti di gas naturale nel Mediterraneo mediorientale, come quelli avvenuti nelle acque di Cipro e Israele (Leviathan e Aphrodite), potrebbe contribuire al rafforzamento strategico dell’Italia. I nuovi contorni che sta assumendo la partita energetica, quindi, impongono a Roma una riflessione sulle proprie politiche energetiche, ambientali e industriali. Secondo quanto riportato dal MISE-DGSAIE nel documento La situazione energetica nazionale nel 2016: «la composizione percentuale delle fonti energetiche impiegate per la copertura della domanda nel 2016 è stata caratterizzata, rispetto al 2015, dalla lieve flessione del petrolio (dal 34,6% al 34,2%) dei combustibili solidi (dal 7,7% al 7%), dalla diminuzione del saldo netto dell’energia elettrica importata (dal 6% al 4,8%, dall’aumento di quella del gas (dal 32,6% al 34,3) seguito da un lieve aumento del consumo delle fonti rinnovabili che passa dal 19,2% al 19,6%». Nello stesso periodo, va segnalata anche una diminuzione della produzione nazionale di energia pari al 4,1%, mentre le importazioni nette sono rimaste stabili pur con una diversa distribuzione delle percentuali di materie importate. Più nel dettaglio quindi, si è assistito a una «diminuzione delle importazioni nette di energia elettrica (-20,2%), del carbone (-10,4%) e delle fonti rinnovabili (-9,8%), si registrano aumenti nelle importazioni nette di gas naturale (6,7%) e di petrolio (0,35%)». Inoltre «La quota delle importazioni nette rispetto al fabbisogno energetico nazionale, che indica il grado di dipendenza del Paese dall’estero, cresce lievemente e passa dal 75,3 % nel 2015 al 75,6 % nel 2016». Va comunque evidenziato che il territorio italiano presenta difformità e contraddizioni nella distribuzione e nell’utilizzo dell’energia. Tra le regioni nelle quali queste contraddizioni risultano più evidenti figurano certamente la Puglia e la Sardegna. La prima, che ha la più alta percentuale di energia prodotta da rinnovabili, è anche la regione dove s’inquina di più a causa dell’utilizzo del carbone. In Sardegna, invece, ancora non esiste una rete del gas. Ad oggi nell’isola ci sono solo studi di fattibilità per la realizzazione della rete dorsale di trasporto del gas, che impegnano le Istituzioni e importanti operatori nazionali, mentre i maggiori centri urbani sono alimentate da “aria propanata”. Osservando quanto accade nel resto del mondo, appare necessaria una graduale evoluzione energetica e tecnologica. Come ogni cambiamento, anche quello dell’indipendenza energetica deve essere introdotto in modo progressivo e non traumatico, riconvertendo il sistema esistente in maniera sostenibile sia sotto il profilo ambientale che umano. Poniamo un caso estremo come quello della Polonia: se rinunciasse improvvisamente all’utilizzo del carbone, sua fonte energetica prevalente, molti lavoratori perderebbero il posto di lavoro, con ripercussioni gravissime sull’economia di tutto il Paese. L’Italia, quindi, dovrebbe continuare nella progressiva riconversione degli stabilimenti di Porto Marghera e Gela, dove le raffinerie “oil” sono passate alla produzione del “bio oil”. Per il prossimo futuro, qualsiasi decisione non potrà non tener conto dello stretto legame tra industria ed energia, né dimenticare che lo scopo primario di qualsiasi provvedimento e scelta politica è, anzitutto,  il benessere dei cittadini. A guidare ogni decisione, pertanto, dovrà essere la volontà di fare un “buon business”, che sia attento all’ambiente e si inserisca nel quadro della economia circolare. In tal senso, i governi che si succederanno alla guida dell’Italia dovranno tenere presente che una visione politica lungimirante non può prescindere dallo sviluppo e dalla crescita competitiva del sistema-Paese.  
1202. Preservare il momento unipolare. L’approccio strategico dell’Amministrazione Trump nella NSS-17  
1 MARZO 2018 Il recente articolo del prof. Gabriele Natalizia apparso su "Rivista trimestrale di Scienze dell'Amministrazione. Studi di teoria e ricerca sociale" sul tema  Preservare il momento unipolare. L’approccio strategico dell’Amministrazione Trump nella NSS-17. ABSTRACT Preservare il momento unipolare è stato l’obiettivo primario di tutti i presidenti americani eletti dopo la fine della Guerra fredda. Ogni Amministrazione ha definito il rapporto con gli alleati, le sfide al primato di Washington, le priorità dell’agenda politica e la visione strategica degli Stati Uniti nelle National Security Strategy. Seppur nel mezzo dello scandalo Russiagate, l’Amministrazione Trump ha fatto chiarezza sulla sua immagine del mondo e del ruolo dell’America al suo interno pubblicando questo documento alla fine del primo anno di presidenza. A differenza di Clinton e Bush e similmente a Obama, il nuovo presidente si è dovuto confrontare con l’esistenza di un numero significativo di minacce e con la loro sovrapposizione con il classico problema dell’overstretching. L’articolo si prefigge l’obiettivo di far emergere i tratti essenziali della NSS-17, analizzandoli alla luce del dibattito teorico interno alla disciplina delle Relazioni internazionali. Scarica l'articolo  
1203. Convertirsi alla Leadership finalmente etica  
30 giugno 2020 di Riccardo Piroddi È possibile discettare di Leadership ed Etica in modo non accademico, direi finanche poetico, al mondo accademico? Certo! È quanto Antonino Giannone* compie nel suo ultimo lavoro, LEADERSHIP AND ETHICS NELLA SOCIETÀ DELLA GLOBALIZZAZIONE – Compendio di lezioni e seminari, pubblicato da Eurilink University Press a giugno 2020. Il testo, certamente maturato in ambito universitario (le lezioni e i seminari del sottotitolo), ha una sostrato di diversa origine, non (solo) accademica, non (solo) professionale, (non solo) divulgativa. Il terreno, molto fertile, in cui l’Autore pianta i semi del suo argomentare è la radicata e forte fede cristiana, il cui maggiore portato, la speranza, abbraccia così strettamente ogni singola pagina del volume da permearle tutte di sé. Credere in Dio significa anche non abbandonare mai la speranza e non essere mai abbandonati da essa. E nelle vite segnate da un “evento”, il Covid-19, che qualche mese fa sarebbe apparso fantascientifico, c’è bisogno di speranza perché da questa deve ripartire la programmazione del futuro nei campi etici e pratici. L’Autore, però, suona anche l’allarme, perché di allarme si tratta, riguardo ciò che dovrà essere fatto nei prossimi anni per invertire l’esiziale tendenza della società globalizzata allo spasmodico raggiungimento del profitto in qualsiasi ambito. Penso a Sant’Agostino, il quale scrisse: “E vanno gli uomini ad ammirare le vette dei monti e i grandi flutti del mare e il lungo corso dei fiumi e l’immensità dell’oceano e il volgere degli astri… e si dimenticano di se medesimi”. Dimenticare di se medesimi, oggi, vuol dire altresì maltrattare l’ambiente in cui si vive e che si sta danneggiando, ahimè, irrimediabilmente. Ed ecco, allora, tornare la speranza. Quella cristiana, quella che serve da spinta, da avvio al motore rappresentato da ciascun uomo. Speranza, quindi, momento teorico, e impegno, di conseguenza, momento pratico, in quella dicotomia che sottintende all’umano agire. Umano agire che contempla il rapporto tra signore e servo, per dirla con la celeberrima figura dialettica della hegeliana Fenomenologia dello Spirito, o leader e collaboratore, per tornare al volume del professor Giannone, in cui è mostrato come Leadership ed Etica non possano essere scisse, anzi, debbano presupporsi vicendevolmente, perché è chiaro come non vi sia vera Leadership senza Etica. Un leader non etico non potrà mai essere un leader autorevole e benefico e un tale capo non sarà in grado di indirizzare correttamente i propri subordinati, rendendo vano il suo ruolo e dannose le sue disposizioni. Un volume questo, pertanto, la cui lettura “val bene una messa”, come esclamò Enrico di Navarra rinunciando, nel 1593, alla fede ugonotta per abbracciare il cattolicesimo ed essere così incoronato, col nome di Enrico IV, re dei francesi, perché, visti i tempi, si rende necessaria una “conversione” dalla china tenuta finora verso un nuovo modo etico che regoli i rapporti tra gli uomini. * Docente di Leadership and Ethics presso Icelab del Politecnico di Torino, ICT for Logistics and Enterprises Center, e docente presso la Link Campus University di Roma al corso di Laurea Magistrale in Business Management e Gestione Aziendale. Dopo la laurea in Ingegneria al Politecnico di Torino e le specializzazioni in Management in Italia e all’estero (Londra, Parigi, Zurigo, San Francisco, New York), ha ricoperto ruoli di direzione, fino a direttore generale e consigliere di amministrazione, in aziende industriali e di servizi di assistenza ospedaliera e sanitaria. Pubblicazioni: Etica professionale e Leader nella società della Globalizzazione (ed. CLUT Torino); Etica professionale e Relazioni industriali (ed. CLUT); Strategie aziendali (ed. CLUT); Valori fondanti ed etica per la società della globalizzazione (ed. Mazzanti, Venezia); Elementi di politica aziendale e innovazione tecnologica (ed. Cacucci, Bari), oltre a centinaia di articoli su riviste specializzate e siti web. Socio onorario dell’Accademia di storia dell’Arte sanitaria. Socio fondatore del CEIIL (Centro economia industria informatica e lavoro).  
1204. "IO" SONO L’ALTRO: TRASFORMARSI NEL PERSONAGGIO Laboratorio Internazionale sulla tecnica Michael Chekhov con Ulrich Meyer-Horsch e Suzana Nikolić  
1 MARZO 2018 "IO" SONO L’ALTRO: TRAFORMARSI NEL PERSONAGGIO Laboratorio Internazionale sulla tecnica Michael Chekhov con Ulrich Meyer-Horsch e Suzana Nikolić Chiostro del Bramante - 11 / 15 Aprile 2018 Khora Teatro e Michael Chekhov Europe in collaborazione con DART Chiostro del Bramante, Roma, Italia Tutti i veri artisti custodiscono in sé un desiderio di trasformazione profondamente radicato e spesso inconscio (Michael Chekhov) Quando i bambini giocano, possiamo osservare questo desiderio di trasformazione e di cambiamento – perdono se stessi nel gioco e si affidano completamente a un altro mondo. L'Altro, come per esempio il personaggio di un testo teatrale, è sempre qualcosa di più grande della personale esperienza dell'attore. Per questo Michael Chekhov chiede di esaminare non tanto le somiglianze tra il personaggio e l’attore quanto le differenze. Se ci immergiamo nel mondo tanto interiore quanto esteriore di questo “Altro”, scopriremo un intero mondo nuovo e ritroveremo noi stessi in una nuova luce. Alla base di questo modulo ci sarà un intenso allenamento sul movimento combinato alla consapevolezza delle immagini create attraverso il movimento. I partecipanti avranno esperienza della connessione tra immagini interiori, autenticità emotiva e la creazione di personaggi veritieri. Leggete Il giardino dei ciliegi di Anton Chekhov, scegliete un personaggio e imparate a memoria un breve monologo o una scena del personaggio individuato. I punti della tecnica affrontati durante il laboratorio: Corpo Immaginario Centri immaginari Obiettivi Relazioni Pensiero, Sentimento, Volontà La Spiritualità del Personaggio Trasformazione Studio dei monologhi e delle scene da Il giardino dei ciliegi di Anton Chekhov. Michael Chekhov Europe Formazione - Modulo 4 Mercoledì 11 – Domenica 15, Aprile 2018 10.00 h – 17.00 h Venerdì 13 Aprile 10.00 h – 14.00 h Via Arco della Pace, 5, Roma, Italia www.khorateatro.it www.chiostrodelbramante.it www.michaelchekhov.eu www.michaelchekhoveurope.eu COSTI 250 € (Iscrizioni entro il 10 Marzo 2018) 300 € (Iscrizioni dopo il 10 Marzo 2018) Saremo felici di aiutarvi a trovare una sistemazione economica. CONTATTI KHORA TEATRO Per informazioni sul laboratorio potete scrivere a: info.michaelchekhovrome@gmail.com Per informazioni su iscrizione e sistemazione potete scrivere a: production.michaelchekhovrome@gmail.com telefono: +39 3386286917 MICHAEL CHEKHOV EUROPE TRAINING Ulrich Meyer-Horsch umeyerhorsch@gmx.de telefono: +49 177 3165375 www.michaelchekhov.eu ULRICH MEYER-HORSCH Fondatore e Direttore Artistico della Chekhov International School e del Michael Chekhov Studio Amburgo. È un attore e regista professionista da più di venticinque anni presso: Teatro Kiel, Teatro Lübeck, Deutsches Schauspielhaus Amburgo, Schauspiel Frankfurt, Altonaer Teatro, Komödie Düsseldorf e Maxim Gorki Teatro Berlino, tra gli altri. Ha lavorato con Simon McBurney & Complicite, Augusto Boal e Yoshi Oida. Regista pluripremiato è conosciuto per aver diretto in modo brillante le opere di Bertolt Brecht. Fino al 2015 è stato Direttore Artistico Associato del Kreuzgangspiele Feuchtwangen, uno dei più grandi teatri estivi della Germania. Ulrich si è diplomato in Recitazione, Pedagogia Teatrale, Teologia e Filosofia. Ha studiato con gli allievi di Michael Chekhov quali Hurt Hatfield, Deidre Hurst du Prey, Mala Powers e Joanna Merlin, e con maestri dalla Germania e dalla Russia. Nel suo approccio alla Tecnica Chekhov inserisce l’esplorazione dei giochi per bambini e il lavoro con le maschere. Dal 1994 insegna in tutta Europa, Russia, Brasile, Stati Uniti, Giappone e Taiwan. E’ un docente ospite presso la Yeditepe University, Istanbul, Turchia, e un membro della facoltà internazionale di MICHA, New York. Dall’ultimo decennio insegna alla Schule für Schauspiel Amburgo. SUZANA NIKOLIĆ Diplomata in recitazione presso l’Academy of Dramatic Arts di Zagabria. Suzana Nikolić lavora professionalmente come attrice di teatro, televisione, radio e cinema dal 1986. Dal 1992 al 2001 ha fatto parte del ZKM Theater’s drama ensemble. Oltre al suo lavoro principale presso lo ZKM Theatre, ha lavorato presso il Croatian National Theater, Gavella Drama Theater, &TD Theater, Histrion Acting Company e nel Dubrovnik Summer Festival. Dal 1991 è stata professore associato presso Academy of Dramatic Arts dell'Università di Zagabria. Nel 2001 è diventata docente del corso di Stage Speech presso il Dipartimento di recitazione. Dal 2016 è professore a tempo indeterminato presso l’Academy of Dramatic Arts e a capo del Dipartimento di recitazione. Ha vinto il premio Golden Arena come Supporting Female Role nel ruolo di Višnja nel film di Snježana Tribuson “The Three Men of Melita Žganjer” (“Tri muškarca Melite Žganjer”). La sua carriera include numerose serie Tv molto popolari e dozzine di lungometraggi. Nell’anno accademico 1998/99 ha trascorso sei mesi presso la New York University - Tisch School of the Arts - Graduate Acting Program come ricercatrice Fulbright in un corso di formazione professionale. La Michael Chekhov Association (MICHA - USA) le ha conferito il titolo Master Teacher of Michael Chekhov Technique. Suzana Nikolić ha curato la traduzione in croato del libro di Michael Cechov "To the Actor: On the Technique of Acting". È membro della Croatian Association of Dramatic Artists, Croatian Film Makers Association, MCE and MICHA (USA). È anche fondatrice e direttrice artistica del Drama Arts Studio "ETRA" (2000) e dello StudioChekhov Croatia (2016). Dal 2007 è uno dei fondatori della Michael Chekhov Europe (MCE) con sede a Berlino. A CHI SI RIVOLGE Questo laboratorio è aperto a chiunque interessato a lavorare in modo professionale con la tecnica di recitazione Michael Chekhov. LINGUA Inglese con traduzione in italiano. I partecipanti possono recitare nella loro lingua madre.  
1205. Link Campus Wins NATO Security Project  
28 FEBBRAIO 2018 Getting ever closer to NATO, LCU is again the winner of a new project - WITNESS (Wide InTegration of sensor Networks to Enable Smart Surveillance) – dedicated to facilitating the security forces. International Institute of Management IMI-Nova, Universitatea de Stat din Tiraspol (Moldavia) and Kingston University (UK) are partner universities to the project, which is part of the Science for Peace and Security Programme. WITNESS is devoted to designing an innovative framework for situational awareness and decision making, to improve the effectiveness of security forces in preventing and dealing with an urban attack. The pervasive and scalable nature of this framework, based on a sensor data fusion engine and scene understanding models, will facilitate to leverage the information gathered by multiple sensors (e.g. fixed visible/IR cameras, microphones, UAV payloads) and devices (iVest of policeman and connected police vehicles), therefore obviating the need for manual surveillance and processing of the sensor streams (e.g., watching hundreds of cameras). The overall strategy of the project work plan is built around the following best practices: Scenario-driven: WITNESS will foresee end-user involvement in order to define the scenarios, elicit and analyse requirements, but also plan a realistic demonstration and assess the project results. The WITNESS work plan acknowledges the importance of receiving expert feedback in order to improve and fine-tune the WITNESS framework. Architecture-oriented: WITNESS will be boosted by architectural blueprints defining the structuring principles of WITNESS. The adoption of modular architectures will facilitate the understanding, the development and the integration of WITNESS. Iterative lifecycle: The work plan is incremental in terms of the main technical deliverables of the project (such as systems, sub-systems and algorithms). These deliverables, along with the integrated WITNESS framework will be released in at least two iterations in order to enable early assessment, as well as early risk reduction. The WITNESS iterative approach will alleviate the project from the risks of conventional waterfall approaches. Evolutionary: The incremental nature of WITNESS work plan should ensure that successive versions of the project deliverables constitute improved and evolutionary versions of the early/previous ones. The evolutionary approach will boost the principle of continuous improvement, through continually receiving and exploiting users’ feedback.  
1206. Guglielmo Stendardo dà l'addio al calcio. Presto inizierà una nuova carriera da avvocato  
22 FEBBRAIO 2018 Gugliemo Stendardo, classe 1981, ha annunciato il suo addio ufficiale al calcio giocato e ora punta a diventare procuratore. "Sono avvocato, in futuro vorrei tutelare gli interessi dei calciatori”.  Stendardo ha conseguito la laurea magistrale presso l'Università degli Studi Link Campus University in Giurisprudenza orientamento sport, con una tesi in diritto dello sport sul doping in ambito sportivo per poi superare brillantemente l’abilitazione alla professione di avvocato nel 2014 a Salerno. Guglielmo Stendardo a 15 anni entra a far parte del settore giovanile del Napoli. Nel 1998, il Napoli gli regala la tanto attesa emozione dell’esordio in Serie A nel corso della gara pareggiata per 2-2 al “San Paolo” contro il Bari. Tuttavia, si tratta di una gioia effimera poiché durante il mercato estivo la squadra della sua città natale decide di cederlo a titolo definitivo alla Sampdoria. Il 17enne accetta e ritrova l’entusiasmo, nella sua prima esperienza lontano da casa colleziona, fino al 2003, 33 presenze in Serie B. La stagione dopo passa in prestito alla Salernitana, poi ancora via a titolo temporaneo al Catania dove ha l’occasione di mettersi in mostra. Nell’estate del 2004 per Stendardo si fa avanti l’ambizioso Perugia, il difensore firma e sbarca in massima serie. Nella Lazio raggiunge letteralmente l’apice della sua carriera, gioca anche in campo internazionale e, dal 2005 al 2008, totalizza 52 gare. Stendardo riceve la proposta della Juventus e si trasferisce a Torino con la formula del prestito fino a giugno. Nell’ultimo giorno di trattative giunge l’offerta del Lecce, Stendardo non si pone problemi e firma per un anno con i salentini Nel 2012 saluta definitivamente la Capitale e si lega con l’Atalanta. A Bergamo Stendardo raggiunge il secondo picco più alto a livello personale e a dirlo sono i numeri: 116 partite giocate e ben 7 reti realizzate. Nel gennaio del 2017, però, il matrimonio con la Dea si interrompe e il centrale difensivo sposa il progetto Pescara. Nel 2012 saluta definitivamente la Capitale e si lega con l’Atalanta. A Bergamo Stendardo raggiunge il secondo picco più alto a livello personale e a dirlo sono i numeri: 116 partite giocate e ben 7 reti realizzate. Nel gennaio del 2017, però, il matrimonio con la Dea si interrompe e il centrale difensivo sposa il progetto Pescara. Qualche giorno fa Stendardo ha annunciato di rescindere il contratto con il club biancazzurro con 4 mesi di anticipo e chiudere con il calcio giocato. L'annuncio è arrivato nel corso di una conferenza stampa che il giocatore ha tenuto presso il centro sportivo Poggio degli Ulivi di Marina di Città Sant'Angelo, assieme al presidente del sodalizio abruzzese Daniele Sebastiani.  
1207. H.M.E.s – Home Made Explosives: il delicato caso del TACTP o perossido di acetone  
20 Luglio 2020 Articolo a cura di Stefano Scaini, Lorenzo Auddino e Federico Canfarini, Centro di ricerca Cyrce da Safety & Security Magazine Analizzando l’impiego di determinate sostanze e materiali con finalità criminali e terroristiche, ci troviamo chiaramente di fronte a un loro utilizzo non convenzionale, ovvero difforme dagli impieghi propri per i quali una determinata sostanza è stata inizialmente concepita, prodotta e posta sul mercato. Esiste una copiosa serie di sostanze chimiche, combustibili e propellenti allo stato solido, liquido e gassoso le quali, nonostante siano ad esempio comunemente utilizzate nel quotidiano per autotrazione, riscaldamento o per impieghi industriali, vengono impiegate in maniera non convenzionale sfruttando l’apporto energetico generato dalla reazione chimica scatenata al loro innesco; per questo motivo, approcciando la problematica e le criticità degli ordigni esplosivi e incendiari improvvisati, è corretto utilizzare la locuzione funzionale Materiali energetici (E.M. – Energetic Materials), ad indicare la macro-famiglia di sostanze comprensiva non solo dei cosiddetti materiali esplodenti, ma anche di tutte le sostanze appartenenti alla galassia del dual-use. Generalmente la produzione in proprio di materiali energetici, impiegando ovviamente prodotti di facilissima reperibilità e al contempo di scarsissima tracciabilità, è orientata all’approntamento di sostanze chimiche fortemente instabili e/o a elevatissima sensibilità quale il TACTP, nonché di esplosivi ad alto potenziale, come ad esempio l’ANFO (Ammonium Nitrate Fuel Oil), i quali non richiedano complessi processi di nitrazione per essere prodotti bensì semplici procedure di miscelazione fisica. La produzione in proprio, ad esempio, di perossidi organici quali il TACTP, fu alcuni anni orsono prerogativa di alcune cellule di Al-Qaeda con base nel Regno Unito; nonostante il perossido di acetone sia un composto chimico estremamente sensibile e caratterizzato da notevoli criticità nelle fasi di produzione, stoccaggio e trasporto sul luogo di utilizzo, tali problematiche passarono inizialmente in secondo piano rispetto alla possibilità di produrre facilmente una sostanza anche all’interno di una cucina convenzionale, nonché al fatto che, detonando autonomamente in determinate condizioni di temperatura, era possibile assemblare un ordigno esplosivo improvvisato senza dover ricorrere necessariamente a un innesco. Il TACTP o perossido di acetone (comunemente noto come TATP, la sigla corretta è TACTP in virtù della molecola ciclica), scoperto in Germania nel 1895 da R. Wolffenstein, è un perossido organico e un potente esplosivo primario; in purezza si presenta come una polvere cristallina di colore bianco, praticamente inodore, altamente sensibile al calore, allo shock meccanico e alla frizione (ovvero urto + generazione di calore). Con TACTP ci si riferisce comunemente al trimero ciclico TCAP, perossido di acetone triciclico denominato anche triperossido di triacetone, ottenuto mescolando acqua ossigenata e acetone con una piccola quantità di acido solforico o acido cloridrico in qualità di catalizzatori: analogamente vengono prodotti sia il monomero che il dimero, maggiormente instabili nonché più sensibili rispetto al trimero. A temperatura ambiente, il trimero sublima lentamente, trasformandosi nel dimero più instabile e molto più suscettibile; qualora bruciato in piccole quantità e in condizioni ordinarie, il perossido di acetone si comporta da normale combustibile mentre, in una quantità superiore a circa 2 grammi, diventa fortemente esplosivo raggiungendo elevati regimi di detonazione. Qualora confinato, il TACTP può detonare anche in minime quantità, come peraltro accade a numerosissimi materiali energetici i quali, in tali condizioni, possono addirittura evolvere da regimi di deflagrazione a ratei prossimi alla detonazione. I cristalli di TACTP, qualora completamente asciutti, sono molto più sensibili rispetto a quelli di un prodotto di recente sintesi ancora umido di acqua o acetone; inoltre la molecola del trimero, molto instabile come tutti i perossidi organici, quando sintetizzata a temperature superiori ai 10°C e con attrezzature di uso domestico, quindi non afferenti a un laboratorio, viene prodotta unitamente a quantità consistenti di dimero, ancor meno stabile e ritenuto inutile come esplosivo in quanto troppo sensibile. Il prodotto, se conservato in recipienti a chiusura ermetica, rappresenta un ulteriore pericolo in virtù della propria volatilità; quando asciutto, infatti, il perossido di acetone tende a sublimare con facilità formando grossi cristalli sulle pareti e sul coperchio del recipiente che lo contiene: la rottura e la conseguente esplosione di uno di questi, ad esempio in seguito all’apertura del contenitore, può provocare la detonazione per simpatia (ovvero estesa ai restanti cristalli non solo per contatto ma anche per prossimità) dell’intero contenuto, generando quindi un evento esplosivo di magnitudo non indifferente. Qualora il TACTP sia conservato umido o bagnato, nonché a basse temperature, la sua sublimazione verrebbe sensibilmente ridotta, rendendo quindi possibile la sua conservazione in sicurezza per periodi di tempo decisamente più lunghi; nell’industria i perossidi di acetone rappresentano sottoprodotti comuni, per esempio nella sintesi del fenolo, da eliminare quanto prima a causa della loro pericolosità: è quindi intuitivo come sia estremamente pericoloso sintetizzare il TACTP in ambito domestico, privi di un’attrezzatura adeguata o di un laboratorio dedicato, in quanto è addirittura più sensibile della nitroglicerina stessa. Nel passato il TACTP è stato utilizzato come esplosivo in svariate occasioni, ovvero negli attentati a Parigi del 13 novembre 2015, a Bruxelles il 22 marzo 2016 e a Manchester il 22 maggio 2017; si ritiene inoltre che sia stato utilizzato anche negli attentati del 2005 a Londra, sebbene a livello forense non ci siano stati riscontri oggettivi in merito. Gli attentati di Londra del 7 luglio 2005 furono caratterizzati da una serie di esplosioni causate da suicide bombers, i quali colpirono il sistema di trasporti pubblici della capitale britannica durante l’ora di punta, proprio mentre migliaia di persone si recavano al lavoro; ben tre convogli della famosa metropolitana londinese furono colpiti quasi contemporaneamente e, dopo circa un’ora, esplose anche un autobus: il bilancio finale fu di 56 morti, inclusi gli attentatori, e di circa 700 feriti. L’attentato multiplo fu concomitante al 31º vertice del G8, il quale si stava appunto svolgendo nel Regno Unito nei pressi di Edimburgo; inoltre, il giorno precedente, la capitale britannica era stata festeggiata quale sede delle Olimpiadi 2012: l’attacco portò immediatamente alla chiusura completa della metropolitana londinese per alcuni giorni, al blocco di molte strade circostanti le stazioni colpite e alla sospensione dei servizi degli autobus nella zona centrale per gran parte del giorno, generando notevoli impatti consequenziali sia dal punto di vista finanziario che da quello del disservizio. Il 21 luglio 2005 si verificò una seconda ondata di quattro esplosioni sia su convogli della metropolitana di Londra che su un autobus, ma in quell’occasione esplosero fortunatamente solo i detonatori degli ordigni esplosivi improvvisati e non le cariche esplosive celate in essi; non ci furono vittime e gli attentatori, in fuga dopo il malfunzionamento degli ordigni, furono in seguito tutti arrestati e assicurati alla giustizia. Gli attentati del 13 novembre 2015 a Parigi, anch’essi di matrice jihadista ma sferrati in questo caso da un commando armato collegato al sedicente Stato Islamico, il quale li ha successivamente rivendicati, si sono concentrati nel I, X e XI arrondissement della capitale francese, allo Stade de France, a Saint-Denis, e nell’area dell’Île de France. Le azioni sono state compiute da almeno una decina di persone fra uomini e donne, responsabili di tre esplosioni nei pressi dello stadio e di ben sei attacchi con armi da fuoco in diversi luoghi pubblici della capitale; l’azione più cruenta è decisamente avvenuta presso il teatro Bataclan, dove sono rimaste uccise ben 90 persone: si è trattato della più cruenta aggressione in territorio francese dalla seconda guerra mondiale e del secondo più grave atto terroristico all’interno dei confini dell’Unione Europea dopo gli attentati a Madrid dell’11 marzo 2004. Fu tale lo stato di crisi che, mentre gli attacchi erano ancora in corso, in un discorso televisivo il presidente francese François Hollande dichiarò lo stato di emergenza nazionale annunciando la chiusura straordinaria e temporanea delle frontiere. Gli attentati di Bruxelles, avvenuti la mattina del 22 marzo 2016, sono stati invece tre attacchi terroristici avvenuti nell’area metropolitana di Bruxelles, due presso l’aeroporto Bruxelles-National di Zaventem ed uno alla stazione della metropolitana di Maelbeek/Maalbeek; ci furono due esplosioni presso la sala delle partenze dell’aeroporto verso le ore 8:00 del mattino, una vicino ai banchi di accettazione delle compagnie American Airlines e Brussels Airlines e l’altra vicino a una caffetteria della catena Starbucks: le vetrate dell’edificio del terminal furono infrante con danni significativi al suo interno, ove un terzo ordigno esplosivo improvvisato fu ritrovato inesploso poco dopo le prime due detonazioni, unitamente a un AK-47. A seguito di ciò, il governo belga istituì il più alto livello d’allerta nazionale, e l’aeroporto fu chiuso con la conseguente cancellazione di tutti i voli e con la deviazione degli arrivi nei vicini aeroporti di Charleroi-Bruxelles Sud e Schiphol ad Amsterdam. Una terza esplosione, alle 9:11 locali, ebbe luogo sul vagone centrale di un convoglio della metropolitana nel centro di Bruxelles, mentre il treno era in transito tra le stazioni di Maelbeek/Maalbeek e Schuman; parimenti a quanto accaduto all’aeroporto di Zaventem, i servizi dell’intera metropolitana di Bruxelles furono immediatamente interrotti. L’attentato di Manchester del 22 maggio 2017 è stato un attacco suicida, avvenuto alla Manchester Arena al termine del concerto della cantante statunitense Ariana Grande, alle ore 22:31 locali; l’esplosione generata in quell’occasione provocò 23 vittime, incluso l’attentatore, e ben 250 feriti tra cui una dozzina di adolescenti al di sotto dei 16 anni. L’attacco, rivendicato con immediatezza dall’autoproclamatosi Stato Islamico, rappresenta il peggior attacco avvenuto nel Regno Unito dagli attentati di Londra del 7 luglio 2005; l’attentatore, un giovane ventiduenne nativo del Regno Unito da famiglia di genitori libici, risultò noto alle forze dell’ordine per il suo coinvolgimento con alcune gang londinesi violente e per la sua successiva conversione all’islamismo radicale. L’impiego strategico di TACTP a opera di organizzazioni di matrice terroristica è a tutt’oggi un argomento di estrema attualità, non solo per le criticità intrinseche a tale tipologia di sostanza, ma anche per le oggettive difficoltà nel rilevarla attraverso il patrimonio tecnologico afferente al settore della detection; un’attenzione particolare è infatti rivolta al perossido di acetone da parte degli operatori specializzati in attività di antisabotaggio, soprattutto alla luce degli svariati ritrovamenti avvenuti sul nostro territorio nazionale, con specifico riferimento alle procedure per il riconoscimento, la flemmatizzazione (ovvero la riduzione della sensibilità all’innesco), il trasporto in sicurezza e la sua distruzione.  
1208. Laureati al Lavoro  
08 Luglio 2020 Il 57% trova lavoro dopo la laurea ( il 90% entro un anno). Nonostante Covid-19 e lockdown, oltre alla Didattica a Distanza, ci sono state più di 1000 ore di laboratori con oltre 3000 persone La Link Campus University ha concluso una Convenzione con il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Roma, in base alla quale gli studenti iscritti all’ultimo anno del corso di studi in Giurisprudenza, in regola con gli esami dei quattro anni, possono chiedere di essere ammessi all’anticipazione di un semestre di tirocinio in costanza degli studi universitari e prima del conseguimento del diploma di laurea magistrale. Lo stesso avviene con l’ordine dei Commercialisti. La Laurea Magistrale in Consulenza del Lavoro e Sistemi di Workfare, invece, in collaborazione con il Consiglio Nazionale dell’ordine, dà la facoltà agli iscritti in possesso dei requisiti di legge di accedere al percorso di tirocinio obbligatorio propedeutico all’esame di Stato per la professione di Consulente del lavoro. Durante il lockdown, oltre ai corsi tenuti in modalità a distanza, l’Università Link Campus University , come molte altre, ha ospitato seminari, workshop, attività e laboratori trasversali online aperti ad accademici, professionisti e manager di diverse discipline, a cui hanno partecipato oltre 2000 tra studenti, professionisti e manager. Centinaia di ore di approfondimento e affiancamento con le aziende hanno mantenuto un legame forte tra mondo del lavoro e università. A tutto questo si affiancano i dati (ormai consolidati) dei “laureati al lavoro”, cioè coloro che che hanno trovato un inserimento professionale dopo la laurea. Interpellati, secondo i criteri previsti dal MIUR per valutare il grado di inserimento professionale e le opinioni sull’Università, hanno chiarito il panorama. Ad oggi: il 56,9% trova lavoro, (il 90% entro un anno,) il resto entro 2; del 43 % che dichiara di non essere ancora inserito, il 50% sta proseguendo un percorso di studi post universitario. Si dichiara occupato La marcia verso il lavoro è largamente sostenuta da ricerche su internet per il 73% ed è accompagnata da stage e tirocini. La stragrande maggioranza (90%) di questi neolaureati trova lavoro nel settore privato o in grandi istituzioni. I nomi delle realtà nelle quali ragazzi e ragazze hanno fatto le loro esperienze sono sia piccole che grandi aziende: dai grandi brand della moda alle organizzazioni sportive, dalle start-up alle imprese internazionali del settore dei videogames e della comunicazione digitale, studi legali e grandi società di consulenza, e naturalmente istituzioni dalle forze dell’Ordine, all’Esercito. Pure nella crisi aggravata dalla Pandemia e nonostante i drammatici ritardi del sistema universitario, la formazione terziaria è , a tutt’ora, uno dei pochi investimenti redditizi nel futuro del lavoro. di Massimo Micucci  
1209. Information Security e Digital Single Market. Il "consulente europeo per la cybersecurity"  
31 Luglio 2020 Information Security e Digital Single Market: dalla consultazione pubblica sulla revisione della Direttiva Europea NIS alla proposta di Regolamento sul Cybersecurity Research and Competence Centre, declinando le competenze del nuovo profilo di “consulente europeo per la cybersecurity”. di Davide Maniscalco - Ricercatore CYRCE (CYbersecurity Research CEnter) La minaccia cibernetica diventa sempre più pervasiva, anonima e polimorfa e si caratterizza per uno scenario ibrido preordinato, tra l’altro, alla destabilizzazione di sistemi democratici, anche attraverso la mirate campagne di disinformazione, nonché all’attività di spionaggio e di sabotaggio di presidi strategici di uno Stato. Per queste ragioni, la natura transnazionale della minaccia e la sua connotazione asimmetrica, hanno richiesto e continuano a richiedere una risposta di sistema, per mitigare le vulnerabilità e le esternalità negative. Del resto, l’espansione delle tecnologie di ICT unita alla forte esigenza di presidiare le infrastrutture critiche di un Paese,  nonché l’evoluzione progressiva dell’economia digitale “data driven”, al cui progressivo sviluppo contribuirà l’avvento delle reti di quinta generazione con l’aumento della potenza di calcolo “in locale” (edge computing), attraverso le interconnessioni sempre più eterogenee dei devices dell’Internet of Things, configurano, su scala europea, una road map verso la costruzione di un mercato unico digitale sicuro ed affidabile. In tale scenario, come recentemente dichiarato dal Vice Presidente Esecutivo della Commissione Europea Margrethe Vestager, "Poiché la nostra vita quotidiana e le nostre economie diventano sempre più dipendenti dalle soluzioni digitali, abbiamo bisogno di una cultura della sicurezza all'avanguardia in tutti i settori vitali che si affidano alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione". L’Information Security (IS) persegue dunque il sempre più sfidante obiettivo di fornire una protezione adeguata agli assets di un’organizzazione, attraverso un essenziale ed imprescindibile framework e programma strategico, condiviso dal senior management in relazione a precisi direzione, tasks e goals. La strategia di IS fornisce dunque le basi per “governare” ed “implementare” un complesso di policies, standards e procedure che costituiscono la direzione ed i controlli delle complesse attività e dei flussi di processo di un’organizzazione. E’ per questo che il primo dominio dell’IS è definito “Information Security Governance”, perché, appunto, il programma viene definito sulla base degli outcames specificamente individuati e desiderati dal senior management, che ne dichiara anche un preciso commitment, e poi meglio declinati in termini di risk management e risk tolerance. E’ così che l’individuazione degli obiettivi e della soglia di rischio “accettabile” consente di determinare le precise esigenze di un’organizzazione che vengono cristallizzate in uno “stato desiderato” verso cui tenderà il programma di IS, attraverso una serie di misure indicate tutte in un documento ad hoc che viene definito gap analysis. La definizione poi di Policies di Governance e di Standards, combinati con set di controlli per la definizione di linee guida e procedure, e la loro implementazione on a regular basis, fornisce la rappresentazione sistemica e strutturata di un programma di IS caratterizzato da una strategia “dinamica” che affronta rischi, minacce, vulnerabilità, derivanti da fattori interni ed esterni all’organizzazione ed in continua evoluzione. Per questo un programma di IS necessita di costante supporto del senior management, al fine di favorire la più ampia diffusione nell’organizzazione della cultura della sicurezza, nonché l’allineamento agli obiettivi strategici e di business, mediante buone metriche di monitoraggio ai diversi livelli organizzativi (operational, management e strategic) e frequenti audits. In questa prospettiva, già nel maggio 2018 veniva recepita in Italia la Direttiva Europea UE/2016/1148, sulla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi (Directive on Security of Network and Information Systems, NIS). La Direttiva, molto importante sul piano della strategia europea sulla cybersecurity, introduceva, tra l’altro, tre fondamentali elementi di novità: Necessità per gli Stati membri di dotarsi di un’organizzazione nazionale in grado di vincolare a stringenti misure di protezione i maggiori operatori di servizi essenziali (OSE) per l’economia (energia, trasporti, finanza, sanità, erogazione di acqua potabile, smistamento del traffico telematico) e di fornitori di servizi digitali (FSD), quali a titolo esemplificativo, motori di ricerca, mercati online, fornitori di servizi di cloud computing; Obbligo a carico degli OSE e FSD di notifica alle autorità degli incidenti con “effetti negativi rilevanti” (la cui definizione dei criteri di individuazione veniva demandata agli Stati membri); l’istituzione di un gruppo di cooperazione in ambito UE per l’information sharing e le best practices finalizzate alla più efficiente ed efficace difesa e resilienza cibernetica (CSIRT), che in Italia,  a decorrere dal 6 maggio 2020, nell’ambito del piano di attuazione della Direttiva NIS (Decreto legislativo 18 maggio 2018 n. 65) raccoglierà le funzioni del CERT-PA e del CERT Nazionale, con la collaborazione dell’Agenzia per l’Italia Digitale, specificamente in forza del DPCM 8 agosto 2019 in materia di “Disposizioni sull’organizzazione e il funzionamento del Computer Security Incident Response Team – CSIRT italiano”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’8 novembre 2019. La Direttiva ha evidentemente contribuito ad aumentare il livello di preparazione degli Stati membri verso una resiliente risposta agli incidenti cibernetici anche attraverso il costante confronto e supporto del Gruppo di cooperazione NIS (https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/nis-cooperation-group). Dalla Direttiva NIS al Regolamento (UE) 2019/881 (Cybersecurity Act), è proseguito inesorabilmente l’impegno europeo nella costruzione di un Digital Single Market sicuro e affidabile, che possa polarizzare la fiducia degli utenti del mercato unico digitale. Per questo, è essenziale la costruzione di un framework condiviso che fissi regole efficaci per la protezione e la resilienza cibernetica nell’ambito del nuovo mandato dell’Agenzia Europea per la sicurezza informatica (ENISA) e del prossimo sistema di certificazione europeo di sistemi, prodotti hardware e software e processi. Frattanto, in Italia, con Decreto-Legge del  21 settembre 2019, n. 105 recante “Disposizioni urgenti in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica e di disciplina dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica  (GU n.222 del 21-9-2019), convertito con modificazioni dalla Legge 18 novembre 2019, n. 133 (in G.U. 20/11/2019, n. 272), è stato introdotto il framework normativo che disciplina organicamente il perimetro di sicurezza cibernetica nazionale, in cui viene inclusa anche la delicata materia del “Golden power” che amplia i poteri speciali del Governo in materia di 5G e su atti ed operazioni delle aziende che detengono asset strategici. Orbene, decorsi poco più di due anni dalla sua pubblicazione, la Commissione Europea, nel quadro di un strategia coordinata ed orizzontale alle sfide in materia di sicurezza (https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/cyber-security), ha avviato una  consultazione pubblica sulla revisione della Direttiva NIS, preordinata alla raccolta da parte degli stakeholders di opinioni funzionali sulla sua attuazione e sull'impatto di potenziali modifiche al pacchetto normativo, favorendo anche sia l’acquisizione di utili informazioni sullo stato di preparazione della sicurezza informatica di società e organizzazioni sia la proposizione di soluzioni di maggiore efficacia. La consultazione pubblica, accessibile dal seguente link https://ec.europa.eu/eusurvey/runner/NISreview, resterà aperta fino alla data del prossimo 2 ottobre 2020 e rappresenta una importante opportunità per tutti gli interessati, a vario titolo, di fornire un utile contributo al miglioramento, se possibile, del pacchetto normativo. Intanto, l’Agenzia Europea per la Sicurezza Informatica (ENISA), nell’ambito del suo mandato permanente, rafforzato dal Cybersecurity Act, ha annunciato i seguenti sette obiettivi della nuova strategia (https://www.enisa.europa.eu/publications/corporate-documents/a-trusted-and-cyber-secure-europe-enisa-strategy) dell’UE per la sicurezza cibernetica: Comunità autorizzate e coinvolte nell'ecosistema della sicurezza informatica; Sicurezza informatica come parte integrante delle politiche dell'UE; Cooperazione efficace tra gli attori operativi all'interno dell'Unione in caso di incidenti informatici gravi; Competenze e capacità all'avanguardia nella sicurezza informatica in tutta l'Unione; Un alto livello di fiducia nelle soluzioni digitali sicure; Lungimiranza sulle sfide emergenti e future della cybersecurity; Informazioni e gestione della conoscenza della cybersecurity efficienti ed efficaci per l'Europa. L’importanza della sicurezza del cosiddetto “quinto dominio” è ulteriormente evidenziata dalla Commissione Europea che, come recentemente annunciato, stanzierà quasi 49 milioni di Euro per la promozione e la più larga diffusione di progetti per l'innovazione dei sistemi di cybersecurity, nonché per le misure di sicurezza in funzione di data protection, in larga parte attraverso il programma Horizon 2020 che sosterrà 9 progetti innovativi. Cinque di questi nuovi progetti si concentreranno su soluzioni di cybersecurity e tutela della privacy per i cittadini e PMI, mentre gli altri quattro mirano a migliorare i sistemi di sicurezza critici come le infrastrutture sanitarie e i sistemi di trasporto multimodale. Altri 21 progetti saranno inoltre finanziati mediante il ricorso al meccanismo per collegare l'Europa (CEF), ossia il programma per le reti e le infrastrutture europee, che ha anche una copertura sui temi digitali. Questi progetti porteranno un budget complessivo di 7,6 milioni di Euro ed andranno ad ulteriormente rafforzare le capacità di sicurezza e resilienza del dominio cibernetico europeo contro le sempre più pervasive minacce informatiche. Tra tali progetti spiccano quelli di tre ospedali in Croazia e Lettonia che punteranno a migliorare la loro configurazione organizzativa ed anche l’assetto tecnologico per una più efficace sicurezza dei sistemi informativi nonché quello che vedrà istituire un Centro di analisi e condivisione delle informazioni (ISAC) per il settore dell'aviazione italiano. La sicurezza cibernetica necessita di competenze in continua evoluzione perché le vulnerabilità cambiano e nuove tecniche per sfruttarle si sviluppano incessantemente. In considerazione di quanto sopra, la Commissione Europea ha anche recentemente lanciato un sondaggio per partecipare alla definizione del profilo del “consulente europeo per la cybersecurity”. Tale ruolo sta diventando sempre più importante per tutti i tipi di organizzazione (grandi o piccole, private, pubbliche o di altro tipo). Al momento, attraverso una serie di procedure, la figura consulenziale europea risulta definita sulla base di una selezione di 90 competenze e 200 elementi della conoscenza dal NIST Cybersecurity Workforce Framework ritenute rilevanti per il mercato europeo, che sono state poi implementate in un'innovativa applicazione CONCORDIA. Attraverso l’applicazione (https://concordia.monitorboard.nl/) si potrà contribuire alla classificazione di questa raccolta di skills. I risultati opportunamente aggregati verranno presentati nel seminario di CONCORDIA Education (https://www.concordia-h2020.eu/news/participate-in-the-definition-of-the-european-cybersecurity-consultant-profile/) . Infine, lo scorso 4 giugno i rappresentanti permanenti degli Stati membri (COREPER) hanno raggiunto l’intesa per la prosecuzione dei negoziati tra Consiglio, Parlamento Commissione europei in ordine alla proposta di  istituzione regolamentare di un Cybersecurity Research and Competence Centre. Si tratta di un ulteriore step normativo preordinato alla costruzione di un mercato unico digitale (DSM) sicuro, contribuendo anche ad accrescere l'autonomia dell'UE nella difesa del dominio cibernetico. L’iniziativa della Commissione Europea risale, invero, mese di settembre 2018, sotto l’egida della precedente presidenza Juncker con la  dichiarata intenzione di creare un network europeo di centri competenza per la cybersecurity che fosse coordinato da un  competence center europeo, vale a dire l'European Cybersecurity Industrial, Technology and Research Competence Centre. A metà marzo dello scorso anno poi il COREPER convergeva verso la condivisa determinazione di affidare alla presidenza rumena del Consiglio Europeo il mandato ad avviare i negoziati con il Parlamento Europeo. Si è così pervenuti all’adozione di una proposta di Regolamento i cui negoziati con le altre istituzioni europee venivano comunque differiti all’insediamento della nuova presidenza della Commissione Europea Von der Leyen ed anche alla nuova compagine dell’Europarlamento. Nella sua proposta, la Commissione ha previsto l’istituzione del centro di competenza europeo industriale, tecnologica e di ricerca sulla cybersecurity con decorrenza dal 2021, attraverso una rete di competence centers nazionali coordinati a livello europeo e lo sviluppo di una comunità delle competenze in materia di cybersecurity. Più precisamente, il network per la cybersicurezza viene immaginato come una serie di centri nazionali di coordinamento designati da ciascuno Stato membro, con qualificate competenze tecniche e tecnologiche nella protezione del cyber spazio. Obiettivo precipuo del Centro di competenza è quello di polarizzare e rendere gli investimenti in ricerca, innovazione tecnologica e sviluppo industriale, maggiormente funzionali alla cybersecurity e, in ultimo, più efficienti e efficaci nella costruzione di un mercato unico digitale più sicuro e resiliente agli attacchi informatici. In tale nuovo scenario, il Competence Center europeo, attraverso una collaborazione sinergica con il network di competenza degli stati membri, costituirà un virtuoso catalizzatore in cui far confluire risorse a sostegno degli obiettivi europei di sviluppo strategico della cybersecurity, attraverso i programmi del nuovo Quadro Finanziario Europeo Pluriennale Digital Europe e Horizon Europe, senza tuttavia precludere eventuali contributi volontari degli stati membri. Inoltre, come da prassi europea, la proposta di Regolamento prevede anche l’istituzione di una comunità delle competenze in materia di cybersecurity, con la finalità strategica di favorire la divulgazione ed il consolidamento delle competenze in materia di cybersecurity nell’area europea ed opportunamente costituita da qualificati stakeholders provenienti da Enti di ricerca, mondo accademico, Enti pubblici ed altri attori a vario titolo impegnati nella diffusione della cultura della sicurezza e della resilienza cibernetica. Ambizioso il progetto proposto dalla Commissione che prevede l’istituzione del Centro per un periodo compreso fra il 1° gennaio 2021 e il 31 dicembre 2029, con la previsione di un suo scioglimento al termine del periodo ipotizzato, salvo tuttavia una eventuale revisione regolamentare eventualmente adottata medio tempore. Degno di nota anche l’importante rafforzamento dei tasks che verranno attribuiti all’Agenzia Europea per la sicurezza informatica (ENISA), che, dopo l’assegnazione del nuovo e rafforzato mandato permanente introdotto dal Cybersecurity Act, con potere di diretto intervento a sostegno degli Stati Membri in caso di incidente cibernetico, nonché del nuovo ruolo gestore del sistema di certificazione della sicurezza informatica di prodotti e servizi digitali, a regime dal mese di giugno 2021, si vedrà anche trasformata in un'Agenzia permanente dell'UE per la cybersecurity, nella quale si integreranno tutte le attività del nuovo centro europeo di competenza.  
1210. Pandemia e Università: una sfida per il futuro  
27 Agosto 2020 di Riccardo Piroddi Nella premessa alla raccolta di interventi, intitolata “Dal lockdown le sfide all’Università”, pubblicata da Eurilink University Press a luglio 2020, Vincenzo Scotti affronta il complesso tema delle criticità, per l’Università, che si sono fortemente acuite a causa dalla pandemia da Covid-19. Criticità che, comunque, affliggono le istituzioni universitarie da ormai trent’anni e alle quali non è stato ancora posto rimedio, nonostante gli impegni assunti, in tre decenni, dai partiti, dai governi e dai ministri pro- tempore. In questa preziosa silloge, docenti universitari ed esperti di alto profilo hanno recato riflessioni, non limitando l’analisi alle proprie appartenenze disciplinari, ma analizzando i nodi che caratterizzano l’intero universo universitario italiano. Tali riflessioni hanno riguardato tutti gli aspetti del sistema: l’unità del progetto formativo e le specifiche missioni della scuola e dell’Università, la ricerca, l’innovazione, la sperimentazione, la domanda di specifiche professioni e di classe dirigente, fino all’esigenza di percorsi formativi uniformati, per coerenza di impostazione, con quelli degli altri paesi europei. Le riflessioni tengono conto dell’intera “filiera” dell’educazione e della formazione, non separando l’unità del percorso, indicano alcune urgenze per uscire dalla confusione che l’Università si trascina ormai da anni e, non da ultimo, pongono la “questione centrale” del valore dei titoli accademici. L’Università rappresenta, senza dubbio, il punto di arrivo di un processo di educazione-formazione “istituzionale” e deve essere il luogo formativo per eccellenza, nello spirito del dialogo-confronto tra cultura umanistica, cultura scientifica, ruolo delle pubbliche istituzioni, mondo del lavoro, professioni, imprese, sistema economico- produttivo e ordine sociale. Appare evidente come, specie dopo il cataclisma pandemico, l’epoca in cui viviamo e nella quale dovremo vivere richieda interventi e riforme, che non nascano dai soliti compromessi tra interessi diversi, ma, soprattutto, portino al conseguimento, per l’Università, della piena autonomia, mediante il reperimento di risorse adeguate per l’innovazione e la sperimentazione, con l’obiettivo della formazione di professionalità in grado di affrontare le nuove sfide dei cambiamenti politico-istituzionali, tecnologici-digitali, culturali ed economici-sociali. Oggi è più che manifesta la necessità dell’acquisizione, per gli studenti, di conoscenze e di competenze in ambiti particolari, ma, allo stesso tempo, senza rinunziare ad una “formazione alla vita”, aperta a interrelate dinamiche storiche e sociali, peraltro in rapito cambiamento, a presidio della stessa salvaguardia delle istituzioni democratiche, sempre più minacciate. Bisogna affermare, alto e forte, come la cosiddetta sfida del digitale e delle tecnologie possa migliorare l’attività universitaria, ma non sostituire il rapporto “in presenza” tra docenti e studenti. Il “Campus 4.0”, con le Università che, a causa del Covid-19, sono state “gettate”, da un giorno all’altro, nel mare della rete, costrette, per non chiudere, a usare tutte le tecnologie possibili per svolgere lezioni, esami, sedute di laurea e ogni altra attività, può diventare un’esperienza utilissima, ancorché improvvisata, per disegnare il futuro dei sistemi formativi, ma non deve essere utilizzata come la panacea di tutti i mali universitari. Si impone, quindi, un ripensamento collettivo, non limitato agli ambiti accademici, sulle nuove modalità di trasmissione del sapere, alla luce degli eventi intervenuti e delle nuove tecnologie disponibili. Questo testo ha il merito, non trascurabile, di aver introdotto quel ripensamento, stimolando il confronto pubblico, quasi come una sorta di programma-memorandum sulle questioni fondamentali e sulle priorità da affrontare, non domani o dopodomani, ma da subito! Si presta, inoltre, come un interessante esercizio di autonomia, da parte dei contributori, utile a chi voglia percorrere strade nuove e progettuali, di cui l’Università ha fortemente bisogno. Una Università completamente immersa nei processi storici, soggetto nella società e non monade isolata e separata dal resto, che utilizzi, con creatività, tutti gli strumenti della modernità e si ponga come motore di una nuova alleanza per affrontare le complessità del presente e del futuro. Una università che sappia ricongiungere quanto è stato, nel corso degli anni, disperso, soprattutto, nel rapporto tra sapere e potere, tra sapere e lavoro, tra sapere e impresa, quest’ultimo inteso come fondamento per lo sviluppo economico, in un’ottica di sostenibilità ambientale e di risparmio energetico.  
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