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1461. L'ESISTENZA DELL'EUROPA - Il contributo di Piergiorgio Valente e Luca Bagetto  
17 MARZO 2020 Quale Europa uscirà dal Coronavirus? di Piergiorgio Valente e Luca Bagetto Col sangue di generazioni in persistente lotta si è trovato un ordine in Europa, nell’assetto di Stati nazionali. La spada ne ha disegnato i confini, fucili e cannoni li hanno resi mobili, ferro e fuoco li hanno forgiato. Ma - cauterizzati i mostri dello spirito - solo le macerie del 2^ conflitto mondiale rappresentano il vero catalizzatore per la “ricostruzione della famiglia dei popoli europei” (secondo la feconda espressione di Winston Churchill nel discorso di Zurigo, 19.9.1946) mediante l’integrazione a carattere regionale che chiamiamo l’Europa. Verticalità e sovranità La verticalità dell’ordinamento sovra-nazionale si fonda sulla capacità di aprirsi a un nuovo inizio. Essa avverte,con l’emergenza epidemiologica del Coronavirus,una frattura, una crepa, una faglia, e non più pienezza di una identità. L’identità europea sembra raccogliersi oggi intorno all’interruzione della normalità e della sua rassicurante ripetizione. E allora? L’apertura al nuovo cui siamo costretti ospita in sé grande forza, unita ad altrettanta debolezza. La forza è quella della fiducia e della tenacia che accompagnano la meta che si insegue. La debolezza riguarda quella specifica vulnerabilità che appartiene a ogni inizio, quando ci si trova di fronte a una pagina bianca. Mancano i riferimenti, il sostegno di una continuità pregressa, la capacità di procedere speditamente. In questo orizzonte disorientato, la potestasdirectadell’Europa, cioè la sua capacità di decisione esecutiva, non può essere a tutto tondo. L’Europa deve cercare la sua potenza attuativa chiamando a raccolta la percezione di ogni Stato e di ciascuna istituzione circa la criticità del momento. Solo in un orizzonte allarmato si dà infatti sensibilità per il nuovo, e apertura alla decisione che interrompe la continuità. Percepire l’allarme per una difficilecomune sfida dischiuderà forse lo spazio politico di un’Europa che sa decidere. Un pericolo condiviso può fondare una sovranità effettivamente condivisa, sotto il segno dell’interruzione della normalità della legge. Le differenti potestatesindirectaedegli Stati e delle istituzioni europee costruiranno la decisione politica europea avvalendosi del venir meno, nel momento della crisi e del pericolo, della tradizionale linearità della storia e delle sue catene di comando? Pensiamo di sì. La sensibilità per il pericolo e per la vita nuova costituisce quella forza unita alla debolezza che l’Europa di questi tempi fraintende e capovolge. La forza sta nella nozione di un potere inteso come la capacità di far nascere qualcosa di nuovo, laddove l’Europa equivoca la forza nei termini di un potere inteso come pura imposizione, o come neutralizzazione formalistica. Solidarietà e integrazione Ora, la solidarietà nell’anima comunitaria impone di (ri)formulare in modo nuovo e creativo le identità territoriali, da re-interpretare in chiave non esclusiva né escludente. Si dovrebbe quindi rimanere fedeli all’apertura dell’oikos per stare in modo emancipativo dentro la globalizzazione. Ciò richiede: l’assunzione dei conflitti nell’ordine politico della serietà del reale e la loro rimozione dall’ordine della morale; la negazione del rigorismo sacrificale della ricerca costante del colpevole; il venir meno di quell’ossessione smascherante che eleva ogni problema locale a sintomo della Spectre malvagia degli arconti di questo mondo. Di più. Bisognerebbe saper pensare l’economia come un sistema di promesse che trasforma la dipendenza reciproca in una garanzia generale: tra cittadini-contribuenti di uno Stato membro con cittadini-contribuenti di un altro Stato membro; tra Stati membri diversi della stessa Unione. Obiettivo auspicabile sarebbe quello di trasformare il latente conflitto di sovranità in sforzo di cooperazione, in quanto i singoli interessi nazionali possono essere più efficacemente perseguiti in un contesto comunitario. Solo attraverso l’apertura di un vuoto al centro di ciascun ordinamento, si apre la possibilità di una sovranità sovranazionale, alla quale i singoli Stati non si sottomettono, ma si riferiscono. Il processo di integrazione comunitaria rappresenterebbe così un punto di riferimento fondamentale per la cooperazione a livello globale. E nel giusto equilibrio tra coordinamento sovranazionale e competizione internazionale, l’Europa riscoprirebbe l’anima solidale dei nostri Padri, risorti savi dall’orrido abisso del conflitto mondiale... Torna all'Appello  
1462. L'ESISTENZA DELL'EUROPA - Il contributo di Maurizio Melani  
17 MARZO 2020 Le sfide attuali e le risposte necessarie dell’UE di Maurizio Melani Il flagello sanitario che sta colpendo l’Italia, l’Europa e il Mondo interviene su corpi già provati con diverse intensità da una crisi ormai più che decennale. Per alcuni, come la Cina, si è trattato del rallentamento di una crescita impetuosa negli anni precedenti fino all’arresto improvviso delle ultime settimane. Per altri, situazioni di stagnazione o di crescita del tutto anemica stanno diventando di recessione più o meno marcata in presenza comunque di gravi disagi sociali, di aumento delle diseguaglianze e di contrazioni dei livelli di benessere e di fiducia nel futuro. E’ questa la situazione in cui si trova l’Europa. La priorità assoluta va data all’aspetto sanitario e alla cooperazione da sviluppare in questo campo ai livelli europeo e mondiale. E’ urgente che all’Unione Europea siano fornite le competenze e le risorse necessarie  a realizzare quel che gli Stati membri non possono fare o fanno insufficientemente da soli. Immediate sono anche le gravissime conseguenze economiche dell’epidemia in corso alle quali occorre fare fronte. Questa esigenza si aggiunge all’enorme impegno finanziario richiesto dal contrasto ai cambiamenti climatici, posto dalla Commissione come una priorità caratterizzante, tenendo anche presente la necessità di preservare una biodiversità le cui mutazioni dovute alle conseguenze del riscaldamento globale non sono probabilmente estranee alla diffusione dell’attuale epidemia con il rischio che altre possano svilupparsi. Questo stato di cose ripropone più che mai per l’Unione, ed in particolare per l’Eurozona, la necessità da tempo evidenziata di una capacità fiscale comune, e quindi di spesa, di acquisizione di risorse proprie e di ricorso al mercato dei capitali con capacità di garanzia delle relative obbligazioni. Le vicende attuali confermano infatti che in relazione alle sfide cui sono confrontati i paesi europei la risposta nazionale è insufficiente o è comunque condizionata da problemi correlati soprattutto all'ammontare dei debiti sovrani dei singoli stati membri. Tra le esigenze determinate da tali sfide vi sono: - la realizzazione di un programma di investimenti pubblici ad alto moltiplicatore nelle infrastrutture, per l'innovazione e per la conoscenza, in grado di contribuire a far crescere la domanda aggregata con il conseguente indotto di investimenti privati e al tempo stesso di stimolare e facilitare il miglior funzionamento e l'efficacia dei fattori dell'offerta, nonché di sviluppare quali beni comuni settori cruciali come quello sanitario; - il sostegno ad una politica industriale basata sull'innovazione che sia coerente con il Green Dealannunciato dalla Commissione e voluto dal Parlamento Europeo anche quale nuovo volano di crescita; - l'istituzione di una assicurazione europea per la disoccupazione ed altri interventi di protezione sociale per contrastare povertà e disagi, con particolare riguardo a quelli in campo sanitario, assieme all’adeguamento dell’istruzione e delle capacità professionali alle nuove esigenze nella produzione di beni e servizi; - la partecipazione ad un sistema di garanzie nell'ambito dell'unione bancaria che vada oltre o integri il "bail in"; - il contributo in termini finanziari alla gestione dei flussi migratori e delle frontiere esterne sostenendo i paesi di transito e di primo arrivo, l’equa distribuzione dei richiedenti asilo e la loro integrazione ed inclusione; - la cooperazione con i paesi di origine e di transito delle migrazioni, diretta a sostenere rimpatri volontari e assistiti, a gestire canali di migrazione legali, ad orientare in tali paesi una crescita più inclusiva, equilibrata e sostenibile, a contrastare i danni ambientali, ad affrontare efficacemente i temi della salute, la questione demografica e l'empowerment della componente femminile, a sostenere istituzioni e capacità di governo dotate di legittimazione democratica e in grado di gestire i processi di sviluppo; - il contributo ad una parte delle spese per la sicurezza, la difesa e la gestione delle crisi e dei conflitti, in una prospettiva di progressivi processi di messa in comune e condivisione di assetti, capacità, acquisizioni e relativa base industriale per il perseguimento di una autonomia strategica, pur nell’ambito dell’Alleanza Atlantica, come ripetutamente affermato in diverse conclusioni del Consiglio Europeo ed avviato con la costituzione de Fondo Europeo di Difesa e di un meccanismo per il coordinamento delle acquisizioni. Tale lista non è tassativa né esaustiva ma le sue dimensioni e articolazioni potranno essere oggetto dell’intesa tra gli Stati Membri che lo vorranno. Questo sforzo comune richiede una capacità di spesa comune, e quindi un bilancio comune. Se specifico dell'Eurozona esso andrebbe separato da quello dell'Unione (pari attualmente a circa l'1 % del Pil dell'UE) ed essere ad esso parallelo. La sua gestione andrebbe affidata ad un centro di responsabilità politica in un contesto di condivisione di sovranità riguardo alle specifiche competenze individuate e di controllo e decisione da parte del Parlamento Europeo ma con una specializzazione e una partecipazione differenziata rispetto alle competenze riferite all'Europa a 27. Tale bilancio dovrebbe essere in grado anche di garantire obbligazioni europee (eurobonds) per il finanziamento di iniziative nei settori considerati, senza mutualizzazione dei debiti nazionali il cui assorbimento deriverebbe gradualmente anche dalla crescita indotta da quegli investimenti. Si tratterebbe quindi di una capacità fiscale che affianchi quella monetaria, la cui esigenza è stata ripetutamente evidenziata dall’ex-Presidente della BCE Mario Draghi, accanto ad un rafforzato ruolo della BEI nella raccolta del risparmio e nell’erogazione di finanziamenti. Si tratterebbe in altri termini di uno strumento che contribuisca ad evitare errori di politiche pro-cicliche, come quelle del Presidente americano Hoover e del Cancelliere tedesco Bruning dopo la crisi del 1929, o risposte assai diversa da quella degli Stati Uniti date dall’Unione Europea ai seguiti della crisi del 2008-2009 con la giustificazione dello scarso spazio fiscale dovuto all’alto livello dei debiti sovrani di alcuni paesi membri. In relazione alle competenze, tale capacità di spesa dovrebbe essere di alcuni punti del Pil dell'Eurozona. Su questo tema, seppure in forma alquanto generica, si sono espressi alcuni dei Governi italiani succedutisi negli ultimi anni, nonché il Presidente francese Macron che non ha però a lungo trovato la necessaria sponda dal lato tedesco. Per questa capacità occorrerà fare ricorso a risorse proprie attingendo ad almeno una parte della tassazione delle multinazionali ICT nell'ambito anche di una perequazione o quanto meno armonizzazione dell'imposizione fiscale sui proventi delle società tra i paesi dell'Eurozona, nonché dell’imposizione su ciò di cui vanno limitati l’impiego industriale e i consumi ai fini della transizione energetica. Si tratta certamente di un compito non facile. Necessita di visione e di capacità di elaborare tecnicamente progetti per la sua realizzazione, Esso va tuttavia perseguito con determinazione, con gli strumenti già previsti dai Trattati vigenti o con strumenti nuovi tra chi li voglia in un contesto di integrazione differenziata ma aperta ad una progressiva inclusività. A questo scopo andrà impostata una robusta iniziativa politica, costruendo bene le necessarie alleanze e il sostegno delle opinioni pubbliche e della società civile, con gli opportuni coordinamenti in ambito G7, OCSE e G20. La recente lettera congiunta dei Ministri delle Finanze di Francia, Germania, Italia e Spagna sembra andare nella giusta direzione cosi come molti degli orientamenti espressi dalla Commissione europea e da alcuni Stati membri soprattutto dopo l’esplosione dell’attuale emergenza sanitaria. 16 Marzo 2020 Torna all'Appello  
1463. L'ESISTENZA DELL'EUROPA - Il contributo di Roberto Esposito  
16 MARZO 2020 Istituzioni e reti: il sistema immunitario del Paese di Roberto Esposito L’altra sera a ‘Otto e mezzo’ Marco Damilano ha fatto un riferimento assai pertinente ai ‘Due corpi del re’ di Ernst Kantorowicz (Einaudi): il re ha due corpi, quello fisico e dunque mortale, e quello, immortale, dell’eredità dinastica, che passa di padre in figlio. Questa duplicità non caratterizza solo le monarchie, ma anche le democrazie. Nelle quali al periodico ricambio dei leader fa riscontro la permanenza delle istituzioni. Ciò vale anche, e tanto più, quando uno o più leader si ammala, come accade oggi per effetto del coronavirus. Una corona, speriamo, meno duratura di quella che cingeva la testa dei re. Ciò che fa la differenza è comunque la pluralità di una leadership collettiva che si rivela ben più affidabile dei capi soli al comando, come nota ancora Damilano nell’ultimo numero dell’‘Espresso’. L’unica sorpresa positiva, tra le tante negative del momento, è stata la tenuta non solo degli amministratori politici, ma anche dei medici di servizio e della Protezione civile. È questa leadership diffusa il vero contraltare di un possibile ‘stato d’eccezione’. Certo, quella che viviamo è una situazione di emergenza. Ma determinata, piuttosto che da una volontà sovrana, dalla necessità obiettiva di proteggere il Paese da un ospite aggressivo e impercettibile. Come nessun corpo umano, così nessun corpo sociale sarebbe in grado di sopravvivere senza un sistema immunitario – che nella fattispecie è costituito appunto dalle istituzioni, più resistenti di coloro che temporaneamente le occupano, perché prive di corpo fisico. Allora si può tradurre la metafora dei due corpi del re in tal modo: ciò che salva un Paese, quando i suoi leader s’indeboliscono o falliscono, è la saldezza permanente delle istituzioni. Naturalmente a patto che le istituzioni abbiano la capacità di adattarsi alle contingenze, anche le più drammatiche, come quella che stiamo vivendo. Ciò è possibile a due condizioni. Che da un lato si allarghi il recinto delle istituzioni ben al di là di quella – pure insostituibile – dello Stato sovrano. È precisamente questa sottrazione dell’architettura istituzionale all’unicità della sovranità a impedire lo scivolamento nello stato di eccezione sinistramente evocato da Carl Schmitt. Come sosteneva il grande giurista italiano Santi Romano ne ‘L’ordinamento giuridico’ (ristampato recentemente da Quodlibet), istituzioni sono tutte le associazioni, interne, esterne o addirittura estranee allo Stato, dotate di un’organizzazione, come ad esempio le Ong, le reti di volontariato, i presidi medici locali o internazionali. La seconda condizione è che venga meno l’annosa contrapposizione tra istituzioni e movimenti. Nel doppio senso che i movimenti che vogliono durare nel tempo devono, almeno in parte, istituzionalizzarsi. E che le istituzioni devono essere capaci di mobilitarsi, come, dopo una fase di inevitabile vacillamento sotto l’urto del coronavirus, hanno cominciato a fare quelle italiane. Probabilmente ci vorrà tempo per uscire dalla crisi. Ma, quando alla fine ce la faremo, anche le nostre categorie politiche risulteranno cambiate. In meglio, si spera. (articolo pubblicato su L’Espresso del 15 marzo 2020) Torna all'Appello  
1464. L'ESISTENZA DELL'EUROPA - Il contributo di Luigi Paganetto  
16 MARZO 2020 Alleghiamo all’appello per l’Europa un contributo del Professor Luigi Paganetto, Presidente della Fondazione Economia “Tor Vergata”, su “Europa e sfide globali ai tempi del coronavirus”: di fronte alla sfida per la tutela della salute, che rischia di agire quale acceleratore della recessione già in atto, è necessario che l’Unione Europea metta in atto al più presto il  programma di attività contenuto nell’agenda per l’Europa 2019-24. Il contributo costituisce la premessa al volume “Europa e sfide globali. La svolta del Green Deal e del digitale” in corso di pubblicazione dall’Eurilink University Press, casa editrice della Link Campus University,  che prende in esame le scelte che la nuova Commissione Europea - guidata da Ursula von der Layen - ha messo al centro del proprio programma di attività e che rappresentano una svolta sul piano delle politiche della UE: Green deal, emissioni zero di Co2 al 2050, impegno sulle nuove tecnologie e l’innovazione, in particolare sul Digitale. Europa e sfide globali ai tempi del Coronavirus di Luigi Paganetto Le scelte della Commissione, espresse con l’Agenda per l’Europa del novembre scorso e successivamente con la Comunicazione di gennaio sul Sustainable Europe Investment Plan rappresentano una svolta importante per un’Europa che stenta a crescere e deve fronteggiare sfide globali quali la crisi demografica e migratoria, i conflitti commerciali, tra Usa e Cina, le conseguenze della globalizzazione, il cambiamento climatico e le esigenze ambientali. A queste sfide globali e alle risposte che devono venire dall’Europa è dedicato questo volume con una serie di contributi che affrontano vari temi di carattere interno e internazionale. Ma a queste sfide se ne aggiunta più di recente un’altra, del tutto inattesa, ma decisiva. La sfida per la tutela della salute. Quelle della Commissione sono scelte e decisioni prese quando non c’era ancora piena consapevolezza del rischio cui ci trovavamo di fronte con l’esplosione in Cina della crisi sanitaria da coronavirus.  Non c’è dubbio tuttavia che alla luce di quel che è successo con la diffusione dell’infezione e con la dichiarazione di pandemia da corona virus dell’OMS, le sfide globali della Commissione diventano ancora più urgenti e difficili da affrontare in quanto viene rimessa in discussione la salute, bene assolutamente primario. E così le scelte avviate da Ursula von der Leyen - e discusse nei contributi di questo volume - escono rafforzate da questi avvenimenti più recenti perché, di fatto, nel riconoscere la necessità di rilanciare la crescita e gli investimenti in Europa, avviano una stagione diversa da quella del passato con politiche d’intervento in cui avranno un maggior ruolo le scelte pubbliche senza per questo rinunciare ad uno dei principi fondanti della EU, quello della concorrenza. È un segnale di cambiamento in cui domina l’esigenza di privilegiare le scelte d’investimento su ICT, innovazione, tecnologie per energia e ambiente che indica una linea di direzione da seguire anche se oggi appare più urgente ed importante dare risposta immediata ai problemi della crisi sanitaria. Ma è chiaro che le risposte vincenti non possono venire che da ricerca e innovazione, rispetto alle quali l’Europa ha molto cammino da fare. Viviamo anni difficili. La strada scelta da Ursula von der Leyen, già di per sé impervia perché presuppone una logica interventista sul piano delle politiche commerciali ed industriali cui l’Europa non è abituata, diventa ancora più difficile nel momento in cui la crisi sanitaria che stiamo vivendo richiede un di più di solidarismo e responsabilità collettiva da parte di tutti. E non vale richiamare la circostanza che la EU non ha competenze specifiche in materia sanitaria. L’intervento europeo è ancora più necessario non solo perché il coronavirus sta agendo da acceleratore e amplificatore di una recessione, peraltro già attesa alla fine dello scorso anno in Europa, ma perché rende ancor più evidente l’esigenza di politiche che spingano, ad esempio, in direzione di più investimenti pubblici in infrastrutture, materiali ed immateriali. Al riguardo, il caso del digitale e, in particolare, del 5G è illuminante. Sono entrambi essenziali per realizzare quella sanità a distanza che se fosse già in essere consentirebbe di diminuire la pressione sul sistema ospedaliero così gravato di migliaia di pazienti in questi giorni. Sia diminuendo la durata delle degenze per i convalescenti che evitando, con opportuni monitoraggi a distanza nei luoghi di residenza, di ospedalizzare chi non ne ha stretta necessità. Ma non basta. Il risultato che si può ottenere dalle tecnologie digitali è anche la valorizzazione di un sistema che permetta diagnosi a distanza, informazione digitale per medici e pazienti, ampia disponibilità di casi clinici e cure come guida per l’assistenza ai pazienti. Per arrivare a quest’approccio servono, è ovvio, importanti investimenti in infrastrutture fisse e mobili. Servono risorse pubbliche importanti perché è evidente che le linee dorsali in fibra ottica per il 5G non si realizzano, come ci insegna l’esperienza passata della diffusione dell’elettricità e del telefono, in assenza dell’intervento pubblico. La direzione disegnata da Ursula von der Leyen è, dunque, quella giusta. Ma da sola non basta. Serve un impegno straordinario della Ue per realizzare opportune politiche macroeconomiche e fiscali che consentano ad un tempo di fronteggiare l’esigenza di un grande programma di investimenti - come messo in luce da vari contributi di questo volume – ed evitare che le spinte recessive annunciate e già in atto, a causa della diffusione del coronavirus, si trasformino in una spinta inarrestabile verso la crisi dell’intera economia europea. Sarebbe un esito drammatico e da evitare ad ogni costo visti i rischi che si prospettano di una crisi globale - come molto autorevolmente ha sostenuto il premio Nobel Stiglitz – addirittura peggiore di quella del 2008. Secondo IMF la caduta dell’attività manifatturiera in Cina è fino ad oggi della stessa entità di quella generata dalla crisi finanziaria del 2008 ma la caduta di attività nei servizi è enormemente maggiore. L’effetto sul resto del mondo legato al ruolo della Cina di fornitore di beni intermedi si farà sentire, in particolare nell’elettronica, automobili nonché macchinari e attrezzature.Ne risentiranno soprattutto i Paesi del sud-est asiatico, a loro volta fornitori di Europa, Giappone e Stati Uniti. È proprio a seguito della crisi del 2008, peraltro, che ci troviamo in una situazione di tassi di interesse ultra-bassi e non si può pensare, come in passato, di risolvere la situazione solo con una politica monetaria accomodante. È certo che la Banca Centrale europea dovrà continuare a intervenire con immissione di liquidità e la sostanziale prosecuzione della politica di quantitative easing, anche se le dichiarazioni di questi giorni sono assai meno impegnative di quanto ci si aspettasse. Non così il Fondo Monetario Internazionale che, nelle parole del suo capo economista Gita Gopinath, dopo aver riconosciuto gli aspetti globali dello shock sanitario, ha sostenuto che "sono chiare le ragioni per una risposta coordinata di tipo internazionale, …con il sostegno delle Banche centrali in materia di tassi di interesse e politica monetaria per interventi a favore di famiglie e imprese che comprendano sussidi salariali, trasferimenti monetari e agevolazioni fiscali”. Ma non dobbiamo illuderci che anche se l’atteggiamento della BCE fosse più aperto nell’assicurare ai Paesi che si dovranno indebitare, come il nostro, la garanzia di un maggiore riacquisto dei titoli emessi, ciò possa essere sufficiente. Né che la maggiore liquidità possa garantire attraverso il mercato la realizzazione dei maggiori investimenti necessari, come d’altronde insegna l’esperienza di questi anni. Non basterà neppure una politica della domanda e della spesa perché il quadro che si sta profilando a seguito delle misure prese (del tutto necessarie) di restrizione e chiusura delle attività economiche indica ampie possibilità di strozzature dell’offerta. Più in generale, siamo in una situazione in cui è difficile aspettarsi soluzioni dalla sola azione delle forze di mercato. È naturale e necessario rivolgersi ai Governi per un’iniziativa appropriata che non può esaurirsi in una mera attività di spesa, per quanto ampia. Proprio alla luce delle gravi conseguenze economiche del coronavirus servono politiche opportunamente mirate che in accordo con quanto indicato nel programma e nelle scelte della Commissione presieduta da Ursula von der Leyden chiedano all’Europa un maggior intervento diretto a fronteggiare le difficoltà che inevitabilmente si registreranno nella struttura dell’offerta per gli interventi a tutela della salute. Proprio il corona virus ha reso ancor più evidente una realtà ben conosciuta e cioè che viviamo in un mondo fortemente interconnesso. Le catene globali del valore ne sono l’espressione più conosciuta. Come stiamo sperimentando, una indisponibilità delle componenti per automobili, computers o all’interno della catena alimentare in uno o più Paesi crea difficoltà e/o variazioni di prezzo che mettono in forte difficoltà il mercato dei prodotti finali. In questa prospettiva, occorre più cooperazione e meno conflitto rispetto a quello che abbiamo sperimentato negli ultimi anni. Riuscirà la Ue a realizzarla, respingendo tentazioni nazionalistiche che sarebbero perdenti per tutti? È il momento in realtà di realizzare iniziative comuni che utilizzino anche l’idea della “resilienza”. Nata come modo di reagire ai disastri naturali essa può essere applicata a quelli sociali come capacità di adattamento a shock del quadro sanitario quali quelli di questo periodo. Solo una società resiliente agli shock può assicurare ai propri cittadini il benessere e la salute che essi richiedono. Nell’indicare alcune scelte da fare e direzioni lungo cui muoversi questo volume mostra che si può essere fiduciosi nelle capacità di reazione dell’Ue anche di fronte a crisi molto gravi quale quella in corso. D’altronde, è già accaduto in passato quando l’Europa si è trovata a fronteggiare tornanti altrettanto difficili della sua storia. Torna all'Appello  
1465. L'ESISTENZA DELL'EUROPA - Il contributo di Luigi Paganetto  
4 APRILE 2020 Un bazooka finanziario anti-crisi (di Luigi Paganetto)  di Luigi Paganetto pubblicato su La Stampa, 4 aprile 2020 Che ci sia, a seguito dell’emergenza coronavirus, un problema  di liquidità per il sistema economico e’ a tutti chiaro. Su come risolverlo le idee sono assai  meno messe a punto. Qualche giorno fa la Germania, seguita dalla  Francia (ma anche dalla Danimarca) ha presentato le proprie proposte di intervento alla Commissione  europea nell’ambito del “Temporary Framework”, strumento creato da poco che consente agli Stati membri di essere autorizzati ad interventi diretti a mitigare le conseguenze economiche del coronavirus. Si tratta di interventi ,in questi casi,che possono essere descritti come veri e propri “bazooka” perche’ ,con una scelta senza precedenti, il Governo tedesco ha chiesto l’autorizzazione,che gli e’ stata concessa ,all’immissione nella propria economia di “un illimitato ammontare di liquidità. La Francia si e’ limitata a proporre l’immissione di 300 miliardi. Elemento comune alle due richieste  e’ lo strumento  preposto a realizzare gli interventi .Si tratta di due Istituzioni finanziarie KFW  e BFI France , Istituti che agiscono sul mercato in regime privatistico ma sono posseduti interamente dal settore pubblico. Entrambi gli Istituti hanno la funzione di investire per lo sviluppo ,con la differenza che BFI diversamente da KFW  ha anche natura e funzioni di banca. Ciò che importa e’ che entrambi gli Istituti sono in grado di far arrivare la liquidità necessaria, tempestivamente e  direttamente, alle imprese che ne hanno bisogno in presenza di una garanzia pubblica . In questa occasione  il finanziamento di KFW alle imprese viene garantito dallo Stato per  80% del suo valore e addirittura fino al 90% per il  caso di attività di investimento. Non e’ dunque lo Stato che interviene direttamente ma  lo fa, in maniera assai più agile ed efficace  attraverso Istituti che operano sul mercato e sono in grado di valutare le esigenze dell’economia e delle imprese. Si parla molto in questi giorni di interventi di sostegno al reddito delle famiglie che ,per quelle bisognose e’ indispensabile,C’e’ poi l’altro lato della questione altrettanto importante che e’ quello di chi ha visto venir meno le sue fonti di reddito per la  chiusura,ovviamente necessaria ,  delle attività non essenziali. Ciò che va considerato e’ che le filiere produttive nell’economia di oggi sono così complesse da mettere in crisi anche le imprese che, per essere definite essenziali, sono rimaste aperte. E ciò è vero non solo perchè in molti casi vengono  a mancare, per chiusura, le sub forniture senza le quali non e’ possibile realizzare il  prodotto finito ma anche per le difficoltà finanziarie che mettono in crisi  molte piccole e medie imprese  che lavorano per quelle più grandi. Ciò è grave, in questo momento, per il settore sanitario, soprattutto per la produzione di apparecchi medicali e strumenti diagnostici. La verità è che la crisi in corso ha determinato strozzature dell’offerta oltre che caduta della domanda. Perchè l’economia riprenda e’ necessario intervenire su queste strozzature, tanto più se riguardano settori rivolti all’export. Perdere il passo con i concorrenti in quest’occasione può significare perderlo anche per il futuro. Servono perciò interventi mirati che rimedino al venir meno di anelli essenziali del processo produttivo. La scelta tedesca e quella francese di intervenire a sostegno delle imprese con un’immissione immediata di liquidità realizzata da chi agisce sul mercato ed ha un mandato a favore dello sviluppo  garantisce l’adeguatezza dell’intervento oltre che la sua tempestività. L’ampia garanzia dello  Stato sui prestiti concessi consente un’azione che ha il solo limite della responsabilità  degli Istituti cui e’ demandato il compito del finanziare il sistema produttivo nel condurre le valutazioni necessarie per il finanziamento. Ma si tratta di Istituzioni che hanno nel loro genoma non solo la competenza finanziaria ma anche quella dello sviluppo, due aspetti da coniugare come non mai, oggi. Il tema della ripresa non può essere rinviato e  giustifica anche nel nostro Paese l’uso di un “bazooka” finanziario simile a quello tedesco. Torna all'Appello  
1466. L'ESISTENZA DELL'EUROPA - Il contributo di Massimo Cacciari  
16 MARZO 2020 Ricordando oggi il lontano giorno in cui tutta l’Italia fu dichiarata “zona rossa” e miriadi di confini dividevano o cercavano di dividere comuni, provincie, regioni, anzi: una casa dall’altra, sembra incredibile misurare il cammino percorso. A molti  quella grande crisi sanitaria apparve come il sigillo di un processo di irreversibile decadenza delle istituzioni nostre ed europee, il simbolo della loro inettitudine a governare quel generale “mutamento di stato” che la nostra epoca rappresenta. E invece fu quel toccare il fondo da cui rimbalzò volontà politica, grande Politica. I giovani nati dopo quella data non possono immaginare la vera e propria “conversione” che la crisi produsse nell’intera classe dirigente del Paese, dalle forze politiche a tutte le organizzazioni di categoria. Mai, certo, il male è provvido, ma quello risvegliò intelligenze, fece comprendere i disastri del precedente trentennio, ne iniziò la sistematica cura. I primi segni della nuova fase, d’altronde, si potevano cogliere già nella gestione dell’emergenza stessa. Sotto il profilo medico-sanitario non vi era altra scelta, infatti, che seguire le indicazioni delle autorità scientifiche, del Consiglio superiore della sanità. Ma il Governo non si limitò affatto a questo né a stanziare confusamente qualche risorsa a fronte della scontata catastrofe per vitali settori della nostra economia. No, grazie anche a un’approfondita concertazione con le stesse opposizioni, il governo indicò le priorità di intervento, criteri e modalità di erogazione. Dimostrò subito di comprendere benissimo come non ci si ammali soltanto di corona virus, ma anche, e forse son mali di più lunga durata, e facilmente somatizzabili, di crescita ulteriore della disoccupazione, di precarietà dilagante, di smarrimento di ogni fiducia. Perciò si rivolse ai settori più colpiti dalla crisi (e fondamentali per l’economia del Paese), garantendo anzitutto ai lavoratori ogni forma di tutela (cassa integrazione o altro), e promettendo alle imprese una precisa riformulazione complessiva dei loro obblighi fiscali. Non solo, il Governo disegnò già durante i giorni in cui sembrava che l’unico imperativo categorico fosse “io sto a casa” (“padroni a casa propria” finalmente, scherzava qualcuno) le linee per affrontare le eccezionali difficoltà economico-finanziarie in cui ci si sarebbe trovati a “liberazione” avvenuta. I conti erano presto fatti e vennero esposti con chiarezza ai cittadini: erano in ballo centinaia di miliardi del PIL (solo turismo, con annessi e connessi, valeva il 13%); altro che qualche miliardo in più di deficit; occorreva finalmente porre mano a riforme strutturali della spesa. Vennero cosi richiamati in servizio i Cottarelli, i Cassese, ed altre voci prima sistematicamente ignorate. Si indicarono i colossali risparmi ottenibili da una radicale spending review collegata a una autentica riforma anti-burocratica e federalistica del nostro Stato. Si ammisero francamente i ritardi, gli errori, le impotenze dei governi passati. E soprattutto si dichiarò solennemente che i costi della piccola guerra non sarebbero stati “spalmati” sui cittadini, tantomeno su quel 50% di essi che paga regolarmente e in toto le tasse. Finalmente la lotta all’evasione non sarebbe rimasta il solito ritornello. Tutto questo rassicurò, rincuorò, fece intendere che dalla crisi nascevano volontà e progetti nuovi. Mentre medici, infermieri, protezione civile lottavano nel loro campo con tutti i mezzi a disposizione, malgrado i tagli susseguitisi per tutto il precedente trentennio e le disuguaglianze immense tra le strutture sanitarie delle diverse regioni, il ceto politico compiva cosi il proprio dovere, anche girando Europa e mondo per difendere l’immagine del nostro Paese e combattere lo sciacallismo di “amici” concorrenti. I risultati di tutte queste iniziative e decisioni venivano illustrati ogni sera dopo i bollettini medici. Il buon giorno si vide cosi fin dal mattino, anzi: dal buio della notte. Il nostro Governo, forte di quella dolorosissima esperienza, si battè in ogni sede perché una nuova cultura politica si affermasse, coerente con il mondo globale in cui, ci piaccia o no, dobbiamo vivere. L’emergenza corona-virus non era “logicamente”diversa da tante altre che tormentavano quell’epoca fortunatamente passata. Nessuna crisi poteva restare locale. Si trattasse di finanza, di movimenti migratori, di ambiente, di malattie. Nessun muro ci difende dal dilagare del contagio. Se non quello che sappiamo costruire attraverso la cooperazione, l’intesa tra Stati, la definizione di regole e norme internazionali che si incardino nel diritto positivo di ciascuno. E ciò vale per ogni materia. La crisi sanitaria mise a nudo la necessità di questo salto. È vero che la sua natura, come quella dei terremoti, sembra trascendere ogni potenza politica, ma non è cosi. Il caso trascende soltanto una politica che non sia capacità di analisi e di previsione. Ma su tutte le grandi questioni noi abbiamo la capacità di prevedere e dunque prevenire. Una politica che insegue l’emergenza non poteva essere all’altezza dell’epoca. Per il semplice fatto che  l’emergenza in essa si fa fisiologica e cessa perciò di essere tale. Scoprimmo allora che era necessaria una cultura politica in grado di prevenire, come la buona medicina, pronta, cioè, ad affrontare quello che una volta sarebbe sembrato mero accidente. Ma per saper prevenire occorre sapere; le forze politiche divennero coscienti di ciò, si riorganizzarono in tal senso; interiorizzarono, per cosi dire, specialismi e competenze; moltiplicarono sforzi e risorse per la formazione di ceti amministrativi, burocratici, tecnici in grado di convivere con la “rivoluzione permanente” del nostro tempo. Ciò che vent’anni fa sembrava si potesse soltanto sperare contro ogni speranza, nel corso di questa generazione si è quasi realizzato. Le nostre forze politiche hanno saputo far leva su quella crisi sanitaria per iniziare insieme la fase costituente che avevano ignobilmente mancato trent’anni prima, alla caduta del Muro. Per questo celebriamo oggi l’anniversario del 10 marzo 2020. (articolo pubblicato su L’Espresso del 15 marzo 2020) Torna all'Appello  
1467. L'ESISTENZA DELL'EUROPA - De profundis Europa, Il contributo di Massimo Cacciari  
23 MARZO 2020 De profundis Europa di Massimo Cacciari L’età della globalizzazione potrebbe diventare quella delle pandemie? Certo che si. Come un collasso finanziario in un nodo del sistema contagia l’intero in tempi infinitamente più rapidi che nel passato, come una guerra, una carestia, una crisi mettono in movimento interi popoli che premono su frontiere sempre più virtuali, lo stesso è inevitabile avvenga per le malattie infettive. Natura matrigna perciò? No, cecità culturale e politica. Non eravamo stati forse “avvisati” del trauma finanziario che blocca lo sviluppo economico e sociale dell’Occidente dal 2007-2008? Occorreva grande fantasia per comprendere che il modo in cui siamo intervenuti in Iraq, in Siria, in Libia avrebbe se non generato, certo moltiplicato i disperati flussi migratori di questi anni? E’ diverso ora per il corona-virus? Fino a un certo punto. L’Organizzazione mondiale della sanità( WHO – appunto, chi è? Chi la conosce nei palazzi del potere?) da molti anni ha lanciato l’allarme. Le modifiche radicali dell’ambiente, la deforestazione, gli allevamenti intensivi, l’uso massiccio di antibiotici per gli animali( con conseguente resistenza all’antibiotico nell’uomo), il commercio illegale di fauna viva cosi come di carni o parti di animale, costituiscono una serie di cause precisamente documentabili per l’emergenza di gravissime pandemie. In un incontro del WHO del 2018  l’esplodere di un’Epidemia X esattamente con le caratteristiche( e sembra anche la genesi) del corona-virus era stata prevista. Evola, Sars, Mers non avevano insegnato nulla. Lo staffilococco aureo aveva fatto 7000 morti in Europa nel 2015; nello stesso anno 33000 persone avevano perso la vita per infezioni resistenti alle cure. Quando in Cina o in Corea trovano un’infezione in un allevamento altro non sanno fare che prendere in massa gli animali, cacciarli in una fossa e bruciarli vivi. Si vedano in rete le agghiaccianti immagini di stragi di maiali, in violazione tra l’altro di leggi internazionali sottoscritte dai vari Stati. Di tutto questo pochi o nessuno stanno a parlare; solo l’emergenza la fa da padrona, come per le crisi finanziarie e sociali, e per l’immigrazione. (Emergenza perenne, che alla fine “sospenderà” parlamenti e elezioni, o ne dimostrerà l’inefficacia…è questa la tendenza generale? Fondamentale discorso che non possiamo qui svolgere). Nessuna analisi di lungo periodo, nessuna coscienza dei pericoli ( cosi come delle grandi opportunità) che fisiologicamente appartengono all’epoca in cui ci tocca di vivere. Strategie totalmente inadeguate. Si attende che il male arrivi, e poi a caccia di cure e vaccini. Gli scienziati prevedono e ammoniscono invano. Voci che chiamano nel deserto.Se ne invoca l’aiuto nell’emergenza, e poi via a tagliare di nuovo per formazione, ricerca, posti letto,ecc. Tanto nessuno sa e quel che si sa si dimentica. Di una politica incapace di essere all’altezza del mondo globale, di sapere e di prevedere, l’Europa ha fatto sfoggio in questa crisi più ancora che nelle precedenti. Ed è cosa incredibile a pensarci, poiché questa volta non si trattava di egoismi locali, psicologicamente anche spiegabili se non giustificabili, come nel caso di difendere il proprio bilancio a scapito dell’”amico” o i sacri confini della patria dalla presunta invasione dell’alieno – no, questa volta si trattava di un’epidemia in corso e necessariamente destinata a coinvolgerci più o meno, prima o poi, tutti. E invece per settimane e settimane ognuno “padrone a casa propria”, come anche il corona-virus potesse essere bloccato nei lager libici o in quelli di Erdogan o alle frontiere del Brennero o tra Ventimiglia e Nizza. Abbiamo forse toccato il fondo? Una Unione europea che non riesce a disporre tempestivamente un piano comune di fronte a un nemico di questo genere come potrà mai superare gli abissi che la dividono dalla attuazione di una qualche convergenza nelle politiche finanziarie e sociali, da una presenza politica decente sulla scena internazionale? La pandemia finirà – non le sue numerose, dichiarate concause, se non ci si mette tutti mano. E finirà con un’immagine della politica europea ancora più frammentata, occasionale, incapace di previsione e prevenzione, di prima. Senza un grande sforzo in queste prossime settimane per interventi su scala continentale davvero coordinati, simbolo di questa crisi resteranno il cieco e sordo tecnicismo finanziario della Lagarde, della BCE orfana di Draghi, o le follie di Johnson e del suo staff (degne di uno Swift le loro battute sulla “terapia del gregge”). Anzitutto a coloro che la crisi potrebbe colpire ben più gravemente dello stesso virus la politica europea è chiamata a prestare la massima cura, e cioè proprio a quei ceti e a quelle classi le cui sofferenze essa ha ignorato, ad esempio, quando dovette affrontare la catastrofe della Grecia. A chi non può “stare a casa” perchè  non ce l’ha, o ce l’ha, per cosi dire, troppo stretta per viverci a lungo comodamente, o a chi perdendo lavoro e reddito magari rischia di perdere anche quella. Non possiamo più permetterci una politica all’inseguimento degli eventi, fatta di semplici raccomandazioni, molta retorica, poco sapere e niente progetto. Se questa crisi segnerà la svolta, la ricorderemo tra vent’anni quasi con gioia. Ciò che è certo è che nulla deve essere più come prima. (pubblicato su L’Espresso del 22 marzo 2020) Torna all'Appello  
1468. Fondamenti dopo l’emergenza. Digital Conference  
Quando 22 Aprile 2020 Dove Digital Convention su Piattaforma Google Meet Orario ore 11:00-12:30 A partire dall’appello per L’Esistenza dell’Europa INTERVENGONO VINCENZO SCOTTI Presidente, Link Campus University MASSIMO CACCIARI Filosofo MAURIZIO MELANI Ambasciatore, Professore presso la Link Campus University MODERA MASSIMO MICUCCI Responsabile Comunicazione, Link Campus University A causa del numero limitato di accessi in piattaforma, l’incontro può essere seguito in streaming RSVP: m.emanuele@unilink.it. Contributi alla discussione possono essere inviati a m.emanuele@unilink.it per pubblicazione sul blog di Ateneo, antivirus19.it Scarica la locandina  
1469. New Frontiers of Public Security  
Quando 25 Marzo 2020 Dove Università degli Studi Link Campus University - Via del Casale di San Pio V, 44 – Roma Orario ore 09:00 New Frontiers of Public Security thanks to LCU’s research projects Evento annullato in ottemperanza alle più recenti restrizioni governative disposte sull’intero territorio nazionale per contrastare il virus COVID-19 e rimandato a data da destinarsi. Link Campus University esplora le ultime frontiere della tecnologia nel campo della pubblica sicurezza. Droni, sensori e operazioni informatiche sono gli strumenti tramite i quali migliorare oggi le capacità di sorveglianza e difesa di uno Stato, in modo da prevenire e fronteggiare al meglio le principali minacce ai diritti e alle libertà individuali e collettive (terrorismo, attivismo, spionaggio internazionale e industriale, criminalità). In una giornata studio con gli stakeholders della forza pubblica, dell’industria e dell’assistenza umanitaria, Link University presenta i propri progetti di ricerca nel settore, finanziati dalla NATO e dall’Unione Europea. h. 9.00 Arrivo e accreditamento     h. 09.45 Saluti Prof. Vincenzo Scotti, Presidente LCU   Utilizzo essenziale dei Fondi Europei per incrementare la ricerca, analisi del QFP e nuove prospettive On. Laura Agea, Sottosegretaria agli Affari Europei Governo Italiano   Introduzione alla ricerca di LCU Prof. Carlo M. Medaglia, Presidente Scuola Undergraduate & Graduate LCU     Ing. Pasquale Russo, Direttore Generale LCU   Minacce contemporanee e nuove tecnologie Gen. Vincenzo Camporini, ex Capo di SM Difesa IAI h. 11.30 Coffee break     h. 11.50 Vision NATO e UE di fronte alle nuove minacce Prof. Maurizio Melani LCU   Attività e risultati tecnici MIDAS Coordinatore tecnico CRISS   Attività e risultati tecnici WITNESS Prof. Vasileios Argyriou, Project manager Kingston University h. 13.00 Lunch break     h. 14.30 Input progetto ECHO Dott. Matteo Merialdo, Project implem. coordinator RHEA Group   Attività e risultati tecnici Ing. Marco Angelini LCU   Input progetto STEPWISE Dott. Patrick Garnier, Project manager DGNEXT   Attività e risultati tecnici Ing. Stefano Armenia LCU h. 16.00 Coffee break     h. 16.20 Tavola rotonda Dott. Alessandro Torrisi CONSIT     Prof. Walter Matta LCU     Dott. Francesco Vignarca, con altri relatori RID     Modera: Prof. Arturo Di Corinto LCU h. 17.30 Conclusioni: nuove progettualità e placement LCU Prof.ssa Paola Giannetakis, Direttore Dipartimento Ricerca LCU Registrazioni: research@unilink.it Scarica la locandina. Download the flyer.  
1470. Legal Challenges of Public Sector – Digital Transformation  
Quando 21 Aprile 2020 Dove Digital Convention – Piattaforma Google Meet Orario ore 13:00 – OPENING REMARKS – Carlo Maria Medaglia President of Link Campus University School for Undergraduate e Graduate Activities Angelo Giuseppe Orofino University Lum Jean Monnet and Link Campus University of Rome – FIRST SESSION – CHAIR Antonio Barone University of Catania Digital Transformation of Administration and Access to Rights: Much Ado about Nothing? Emilie Chevalie University of Limoges Digital Government and Digital Exclusion: Setting the Scene Sofia Ranchordas University of Groningen E-government in France, a Threat to Sovereignty? Marcel Moritz University of Lille Electronic Administrative Act in French Administrative Law? Philippe Cossalter Saarland University The Limits of Automated Decision Systems in Public Sector. A Comparative View Paolo Clarizia Link Campus University of Rome The Principle of Informality as a Guarantee of the Rights of Citizens Facing the Digital Administration Marcos Almeida Cerreda University of Santiago de Compostela – SECOND SESSION – CHAIR Julián Valero Torrijos University of Murcia Smart Contracts in Public Administration Giovanni Gallone TAR, Puglia, Lecce Regulatory Agencies and Big Data Fulvio Costantino University of Macerata E-government and Artificial Intelligence from Theory to Reality Daniele Marongiu University of Cagliari Co-Creation of Public Digital Services Francisco García Morán Special Advisor at European Commission The European Approach to COVID-19, an Analysis from the Perspective of Data Protection Ricard Martínez Martinez University of Valencia Scarica la locandina. La partecipazione all’incontro è consentita, previa registrazione inviando una email di conferma all’indirizzo: eventi entro e non oltre Lunedì 20 aprile p.v. Successivamente sarà nostra cura inviare il link per l’accesso diretto alla conferenza.  
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