14 APRILE 2020
Non vi è dubbio che il vecchio nomos stia venendo meno, e con esso un intero sistema di misure, di norme e di rapporti tramandati.
Non per questo tuttavia, ciò che è venturo è solo assenza di misura, ovvero un nulla ostile al nomos.
Anche nella lotta più accanita fra le vecchie e nuove forze nascono giuste misure e si formano proporzioni sensate.
Carl Schmitt, Terra e mare, 1942
Di Favorita Barra
Il veloce diffondersi a livello globale del Coronavirus ha dissodato i già precari equilibri della vita; risulta dirompente l’urto con la fragilità della condizione umana.
La contaminazione di gran parte della popolazione mondiale non conosce barriere. Mentre il virus si propaga, gli Stati si chiudono nei loro confini. Il contagio, come è noto, comporta che gli uomini si isolino l’uno dall’altro. La prospettiva di vita e la vita stessa si condensano nella distanza dall’altro1.
Il microcosmo delle relazioni tra gli individui trova un duplicato nei rapporti interstatuali.
Più specificamente, in ambito europeo, la gestione della crisi sanitaria ed economica prodotta dallo scatenarsi dell’epidemia non si è articolata su di un fronte comune e la trattativa relativa alle misure necessarie da adottare per affrontare l’emergenza appare un’impresa gravosa.
È necessario rilevare che da sempre i corpi politici hanno messo in atto una pratica costante di immunizzazione delle minacce provenienti dall’evento non sussumibile in una previsione.
Il percorso verso la ricostituzione di un equilibrio perennemente in bilico si è manifestato storicamente attraverso differenti dinamiche, le quali hanno cercato di garantire l’esistenza e la conservazione identitaria, dapprima dei sistemi embrionali e, successivamente, delle società sempre più complesse. Come Roberto Esposito ha osservato, risiede in questo procedimento il “perno di rotazione simbolico e materiale” di ogni sistema sociale2.
In tale ottica, la situazione attuale ci invita a riflettere, partendo proprio dalla gestione della crisi a livello europeo, sull’esistenza di un’anima politica dell’Europa, retta da uno spirito di solidarietà e fratellanza tra gli Stati.
Il recente dibattito sugli Eurobond darebbe, viceversa, una fotografia dell’Unione Europea, come un insieme di “piccole patrie” portatrici di egoismi nazionalistici.
Di forte attualità sono le parole che, alla fine delle prima guerra mondiale, Hans Kelsen ha scritto in un saggio dedicato al “pacifismo giuridico”: «compito infinito del giurista che voglia realizzare la civitas maxima è quello di smantellare la categoria della sovranità degli Stati»3.
Del resto solo il superamento del concetto di Stato-Nazione può condurre a ripensare l’Europa in chiave di inedito. E l’inedito consiste nel porre limiti alle politiche di austerità a beneficio del pareggio di bilancio e alla continua opposizione tra paesi creditori e paesi debitori.
Eppure non si fa altro che collocare lo spazio politico europeo in un orizzonte concettuale già noto, vincolato alle categorie della tradizione costituzionale degli Stati-Nazione.
Tuttavia nel momento in cui l’emergenza non fa altro che marcare nuovamente le distanze e le divisioni tra gli Stati, si fa acceso il dibattito sulla necessità di promuovere una “Costituzione della Terra”, un patto a garanzia del rispetto dei diritti fondamentali, dei beni comuni e della vita di ogni individuo4. D’altronde se i diritti fondamentali costituiscono, da un lato “limiti” del potere, dall’altro,
vincolano ad azioni condivise, ispirate ai principi di solidarietà e fratellanza.
Emblematiche sono le parole di Jürgen Habermas nell’affermare che solo la solidarietà può liberarci dall’odio che scorre tra paesi creditori e debitori dell’Unione e che, neanche la recente catastrofe sanitaria ed economica sembra riuscire a scalfire5.
La solidarietà è un principio, che appartiene alla dimensione costituzionale, ma è anche un processo. Essa esige, per verso, un ambiente abilitante, inteso come condizioni e strumenti istituzionali diretti all’attuazione di pratiche solidali, per l’altro, che gli Stati, nonché le persone che li rappresentano abbandonino egoismo ed individualismo.
È palese la contraddizione in cui l’Unione Europea si incaglia nel momento in cui esclude dal suo quadro istituzionale la Carta dei diritti fondamentali, che ai sensi dell’art. 6 del Trattato di Lisbona “ha lo stesso valore giuridico dei trattati”. Si rileva una scissione tra ciò che è affermato nei Trattati
e quel che appare un rifiuto istituzionale di assumere decisioni, che promanano da prospettive solidali.
Sul punto è rilevante menzionare l’articolo 168 del Trattato sul funzionamento dell’Unione, che al fine di garantire un livello elevato di protezione della salute umana», sancisce: «gli Stati membri coordinano tra loro, in collegamento con la Commissione, le rispettive politiche» e altresì che: «il Parlamento europeo e il Consiglio possono anche adottare misure per proteggere la salute umana, in particolare per lottare contro i grandi flagelli che si propagano oltre frontiera».
In aggiunta a ciò, l’art. 222, intitolato «clausole di solidarietà», stabilisce che «l’Unione e gli Stati membri agiscono congiuntamente in uno spirito di solidarietà qualora uno Stato membro sia vittima di una calamità naturale».
Pertanto, affinché tale principio alimenti effettivamente le scelte di politica europea, si auspica che l’Unione Europea lo prenda sul serio, e lo liberi dal sequestro della logica dell’austerità.
Come Stefano Rodotà ha evidenziato nello scritto “Solidarietà. Un’utopia necessaria”: «Nessuno può essere condannato alla solitudine e all’abbandono senza che questo determini una perdita radicale di legittimità delle istituzioni pubbliche, con effetti evidenti sulla possibilità stessa di continuare a classificare un sistema tra quelli democratici6».
La situazione attuale può essere il punto di partenza per un cambiamento di vedute.
Una realtà, svuotata dalla capacità di spingere lo sguardo oltre i tragici avvenimenti del presente e l’impotenza di assumere decisioni orientate al bene dell’intera comunità europea, è ingannevole.
In tale ottica, l’utopia è un invito a far sì che un futuro politico diverso possa invadere il presente.
L’utopia è capacità di visione.
1 Così come rilevato da: E. Canetti, Massa e potere, Milano, Adelphi, 1981.
2 R. Esposito, Immunitas, Torino, Einaudi, 2002, p. 4.
3 H. Kelsen, Il problema della sovranità e la teoria del diritto internazionale, trad.it A. Carrino, Milano, Giuffrè, 1989, p. 468.
4 L’avvento di un costituzionalismo globale è auspicato da: L. Ferrajoli, Il virus mette la globalizzazione con i piedi per terra, in Il Manifesto, Roma, Il Nuovo Manifesto- Società Cooperativa, 9 aprile 2020; sul dibattito relativo alla Costituzione europea, E. Resta, Il diritto fraterno, Roma-Bari, Laterza, 2002, pp. 48-60.
5 J. Habermas, Nella spirale tecnocratica. Un’arringa per la solidarietà europea, trad. it. L. Ceppa, Laterza, Roma-Bari, 2013.h
6 S. Rodotà, Solidarietà. Un’utopia necessaria, Laterza, Bari, 2014, p.114.