23 MARZO 2020
Covid-19: il futuro delle relazioni internazionali
di Giovanni Castellaneta
Proviamo ad azzardare qualche analisi di scenario sulle conseguenze che la pandemia di Covid-19 lascerà sulle relazioni internazionali, a livello sia politico che economico, in un periodo intermedio tra BC (Before Corona) e AC (After Corona) come dice efficacemente Alan Friedman che aveva già ipotizzato un mondo senza ostacoli (The World is Flat) per qualsiasi flusso di persone, cose, informazioni ed epidemie.
È chiaro che l’Unione Europea si trova ad affrontare forse la sfida più grande della sua storia: una parte importante del proprio futuro dipenderà dalla risposta data dalle sue istituzioni e dal livello di coordinamento che gli Stati Membri saranno in grado di fornire.Le caratteristiche peculiari di questa sfida cruciale, e le prime risposte messe in camponegli ultimi giorni, consentono di effettuare alcune riflessioni iniziali.
Lo shock che l’Unione Europea sta vivendo in queste settimane – e che presumibilmente continuerà nei prossimi mesi – è paragonabile, seppur con le dovute proporzioni, a quanto vissuto dall’Europa durante la Seconda Guerra Mondiale. Da quella tragica esperienza nacquero i germogli, poi sbocciati, del progetto di integrazione comunitaria. È anche possibile attendersi, in questo caso, una reazione positiva e sfruttare l’emergenza attuale come un’occasione per un nuovo slancio di questo progetto. Al di là delle ricadute economiche, non sottovalutiamo dunque il significato politico di questa vicenda.
A fronte di una Unione Europea che potrebbe ricompattarsi, la crisi attuale mette a nudola debolezza del Regno Unito che si trova da solo ad affrontare questa situazionedimostrando di non avere una strategia chiara. Sono passati meno di due mesi dall’uscitadi Londra dall’UE, ma fino ad ora la Brexit non sembra dare quei vantaggi sperati. In un’ottica costi- benefici, il “prezzo” da pagare per far parte del club europeo sembrainferiore ai benefici che si possono trarre dalla membership.
L’impatto della pandemia è diverso nell’Unione Europea rispetto alla Cina per caratteristiche demografiche ed economiche. È stato più semplice circoscrivere laprovincia di Wuhan, sia per quanto riguarda i contagi, sia per la trasmissione al sistema produttivo: questa crisi evidenzia il profondo grado di interconnessione tra gli Statieuropei lungo le supply chains del settore manifatturiero. È dunque evidente che similidinamiche non possono essere gestite se non in maniera coordinata e organica: quandotutto questo sarà finito, occorrerà riflettere sull’opportunità di aumentare il livello di integrazione includendo anche settori chiave come la Sanità nei livelli transazionali eriportando alcune produzioni di beni essenziali in ambito europeo, dopo averle negli ultimianni cedute al resto del mondo ed in particolare all’Asia.
A livello economico, tutti si aspettano un rimbalzo verso l’alto dopo il crollo inevitabileche si prospetta nelle prossime settimane. Sarebbe illusorio però attendersi una ripresa immediata e di entità proporzionale allo shock: aspettiamoci un periodo di incertezza e, dunque, una curva di risalita meno ripida. Vero è che la crisi attuale è determinata da un fatto congiunturale e non sistemico, dunque nel medio-lungo periodo la ripresa sarà più sostenuta; ma questa emergenza ha messo a nudo gli errori della classe dirigente nel trascurare investimenti in settori chiave come ricerca, salute, università, infrastrutture.
Alla luce di queste riflessioni, speriamo che si riesca ad interpretare tutto questo comeuna wake up call per impostare politiche lungimiranti, basate su importanti investimentipubblici da parte di uno Stato che torni ad essere “virtuoso”. Se così sarà, le opportunità per gli investitori privati non mancheranno e, anzi, questa vicenda potrebbe aiutare ilnostro sistema economico a velocizzare la transizione verso la digitalizzazione e la green economy. La pandemia attuale, e quelle che ciclicamente verranno, pongono poi quesiti sulla posizione dominante delle grandi multinazionali (Apple, Google, Alibaba, Huawei, etc.). Queste, infatti, si preoccuperanno di mantenere ed incrementare la società globaledi consumo sostenendo i settori dei servizi ed un quadro finanziario positivo nell’esclusiva ottica di profitto, di mantenimento e di miglioramento delle proprie posizioni worldwide.
Infine, è necessaria una riflessione sul ruolo della globalizzazione. Questa, da un lato, si rafforza in un mondo interdipendente, consentendo il libero flusso di opinioni, servizie, purtroppo, anche pandemie; dall’altro, si diluisce in una virtuale cacofonia perché indebolisce tutti gli attori statuali, inclusa la Cina e gli Stati Uniti che ne stanno uscendo entrambi indeboliti. Nel breve periodo, governi autoritari e nazionalisti potranno trarne vantaggio usando tutte le possibilità tecnologiche di controllo della popolazione (riconoscimento facciale, tracking di movimenti e di profili individuali) senza tuttaviaavere la forza, nel medio periodo, di contrastare le varie crisi sanitarie, ambientali edeconomiche, se non coalizzandosi tra di loro. Ecco perché dunque l’Unione Europeapotrebbe emergere alla distanza come esempio vincente, a patto che si uniscano le forze democratiche ed economiche e che si faccia un uso rispettoso delle tecnologie moderne.