25 MARZO 2020
Lo scatto che manca all'unione
di Michele Valensise
Oltre al dolore per le migliaia di vittime e agli incalcolabili effetti della recessione economica, il coronavirus rischia di lasciare dietro di sé un'Europa in macerie. Una buona notizia per chi persegue quell'obiettivo, più o meno dichiaratamente; una prospettiva allarmante per quanti credono che, pur tra debolezze e ritardi, il progetto europeo sia essenziale, nell'interesse dei Paesi membri e dell'Unione.
E' naturale che nell'attuale congiuntura le attese siano rivolte a Bruxelles, per un approccio comune alla sfida epocale in corso e per misure rapide ed efficaci.
L'Europa ne sta prendendo consapevolezza, ma troppo lentamente e con molte incertezze. La video-conferenze dei leader Ue di martedì pomeriggio ha prodotto qualche intesa, per il controllo delle frontiere esterne dell'Unione,il mantenimento della libertà di circolazione intra-Ue delle merci, l'urgente approvvigionamento congiunto di mascherine e respiratori. Tuttavia, l'esito della riunione è stato di ordinaria amministrazione. E'mancato, nonostante i tempi eccezionali che viviamo, un colpo d'ala capace di far sentire l'Europa vicina e partecipe. Alle critiche degli euro-scettici e dei dubbiosi di complemento si affianca la delusione di chi, consapevole del potenziale dell'Ue, deve riconoscerne la modestia dei risultati.
L'Italia ha fatto la sua parte con impegno. Ha portato l'esperienza di giornate durissime, decisioni rigorose, medici e infermieri in prima linea. Non è poco. A questo punto però è fondamentale che l'Europa risponda in concreto e rapidamente alla richiesta di solidarietà. Giuseppe Conte ha opportunamente insistito sulla necessità di titoli europei "coronavirus" e di garanzie a sostegno delle economie dei Paesi Ue più colpiti. Oltre alla Commissione, sulla stessa linea si è espressa solo la Francia, che pure qualcuno da noi accusa di oscure trame ai danni dell'Italia. Tiepida e iperprudente Angela Merkel, mentre altri rigoristi respingevano l'idea senza troppi convenevoli. La strada è in salita.
Senonché resta l'urgenza di provvedimenti, con le opportune modalità tecniche, che l'Europa non deve procrastinare. Dieci anni fa le tergiversazioni e le pastoie decisionali dell'Ue nell'intervento di stabilizzazione finanziaria in Grecia fecero lievitare enormemente per tutti il costo del risanamento. Occorre evitare l'errore di allora, tanto più che oggi le dimensioni della crisi fanno paura e impongono di ristabilire quanto prima la fiducia negli e tra gli Stati oltre che sui mercati.
Non bastano procedure e strumenti ordinari. Ci vorrebbero gesti decisi, di forte empatia. Nel 1970 a Varsavia, senza curarsi della contrarietà anche di alcuni amici, Willy Brandt cadde in ginocchio in silenzio davanti al monumento alle vittime del nazismo. Oggi in Europa nessun leader è in grado di emularlo con un messaggio così contundente e convincente. Né Macron isolato anche se evoca "la guerra" alla pandemia, né Merkel prigioniera dei tatticismi e refrattaria a scatti di audacia anche se vicina al tramonto, né altri miopi e svogliati. Eppure dovrebbero sapere che per l'Ue questa è forse l'ultima possibilità per risorgere, con consapevolezza e lungimiranza, nell'interesse comune.
(da La Stampa, 19 marzo 2020)