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L'ESISTENZA DELL'EUROPA - Il contributo di Piergiorgio Valente e Luca Bagetto

17 MARZO 2020

Quale Europa uscirà dal Coronavirus?

di Piergiorgio Valente e Luca Bagetto

Col sangue di generazioni in persistente lotta si è trovato un ordine in Europa, nell’assetto di Stati nazionali. La spada ne ha disegnato i confini, fucili e cannoni li hanno resi mobili, ferro e fuoco li hanno forgiato.

Ma - cauterizzati i mostri dello spirito - solo le macerie del 2^ conflitto mondiale rappresentano il vero catalizzatore per la “ricostruzione della famiglia dei popoli europei” (secondo la feconda espressione di Winston Churchill nel discorso di Zurigo, 19.9.1946) mediante l’integrazione a carattere regionale che chiamiamo l’Europa.

 

Verticalità e sovranità

La verticalità dell’ordinamento sovra-nazionale si fonda sulla capacità di aprirsi a un nuovo inizio. Essa avverte,con l’emergenza epidemiologica del Coronavirus,una frattura, una crepa, una faglia, e non più pienezza di una identità. L’identità europea sembra raccogliersi oggi intorno all’interruzione della normalità e della sua rassicurante ripetizione.

E allora? L’apertura al nuovo cui siamo costretti ospita in sé grande forza, unita ad altrettanta debolezza. La forza è quella della fiducia e della tenacia che accompagnano la meta che si insegue. La debolezza riguarda quella specifica vulnerabilità che appartiene a ogni inizio, quando ci si trova di fronte a una pagina bianca. Mancano i riferimenti, il sostegno di una continuità pregressa, la capacità di procedere speditamente.

In questo orizzonte disorientato, la potestasdirectadell’Europa, cioè la sua capacità di decisione esecutiva, non può essere a tutto tondo. L’Europa deve cercare la sua potenza attuativa chiamando a raccolta la percezione di ogni Stato e di ciascuna istituzione circa la criticità del momento. Solo in un orizzonte allarmato si dà infatti sensibilità per il nuovo, e apertura alla decisione che interrompe la continuità. Percepire l’allarme per una difficilecomune sfida dischiuderà forse lo spazio politico di un’Europa che sa decidere.

Un pericolo condiviso può fondare una sovranità effettivamente condivisa, sotto il segno dell’interruzione della normalità della legge. Le differenti potestatesindirectaedegli Stati e delle istituzioni europee costruiranno la decisione politica europea avvalendosi del venir meno, nel momento della crisi e del pericolo, della tradizionale linearità della storia e delle sue catene di comando?

Pensiamo di sì. La sensibilità per il pericolo e per la vita nuova costituisce quella forza unita alla debolezza che l’Europa di questi tempi fraintende e capovolge. La forza sta nella nozione di un potere inteso come la capacità di far nascere qualcosa di nuovo, laddove l’Europa equivoca la forza nei termini di un potere inteso come pura imposizione, o come neutralizzazione formalistica.

 

Solidarietà e integrazione

Ora, la solidarietà nell’anima comunitaria impone di (ri)formulare in modo nuovo e creativo le identità territoriali, da re-interpretare in chiave non esclusiva né escludente. Si dovrebbe quindi rimanere fedeli all’apertura dell’oikos per stare in modo emancipativo dentro la globalizzazione.

Ciò richiede:

  • l’assunzione dei conflitti nell’ordine politico della serietà del reale e la loro rimozione dall’ordine della morale;
  • la negazione del rigorismo sacrificale della ricerca costante del colpevole;
  • il venir meno di quell’ossessione smascherante che eleva ogni problema locale a sintomo della Spectre malvagia degli arconti di questo mondo.

Di più. Bisognerebbe saper pensare l’economia come un sistema di promesse che trasforma la dipendenza reciproca in una garanzia generale:

  • tra cittadini-contribuenti di uno Stato membro con cittadini-contribuenti di un altro Stato membro;
  • tra Stati membri diversi della stessa Unione.

Obiettivo auspicabile sarebbe quello di trasformare il latente conflitto di sovranità in sforzo di cooperazione, in quanto i singoli interessi nazionali possono essere più efficacemente perseguiti in un contesto comunitario. Solo attraverso l’apertura di un vuoto al centro di ciascun ordinamento, si apre la possibilità di una sovranità sovranazionale, alla quale i singoli Stati non si sottomettono, ma si riferiscono.

Il processo di integrazione comunitaria rappresenterebbe così un punto di riferimento fondamentale per la cooperazione a livello globale. E nel giusto equilibrio tra coordinamento sovranazionale e competizione internazionale, l’Europa riscoprirebbe l’anima solidale dei nostri Padri, risorti savi dall’orrido abisso del conflitto mondiale...

 

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