26 GENNAIO 2018
di Gabriele Natalizia - tratto da https://www.geopolitica.info/
Il documento, infatti, si apre con una rappresentazione originale del modo di intendere il ruolo internazionale, i modelli e i valori degli Stati Uniti. Se l’utilizzo dei concetti di “egemonia”, “primato” e “unipolarismo” era stato generalmente evitato dopo la fine della Guerra fredda, per non associare l’immagine del Paese a quello delle grandi potenze del passato e favorirne la percezione come di una potenza “nuova” (il cosiddetto “egemone benigno”), la NSS pubblicata lo scorso 18 dicembre non esita a ricorrere al concetto di “superpotenza solitaria”. Un secondo elemento di discontinuità, soprattutto nei confronti delle Amministrazioni Clinton e Bush, è la rinuncia di fatto alla realizzazione del progetto wilsoniano di modificare il mondo a immagine e somiglianza degli Stati Uniti. A più riprese, infatti, la NSS-17 ribadisce come non sia possibile imporre la way of life americana agli altri Stati e che la sua rappresentazione come momento culminante e inevitabile del progresso umano sia fallace. In questa prospettiva, piuttosto, gli Stati Uniti devono guidare il mondo ponendosi come esempio per gli altri. Sempre in contrasto con l’approccio wilsoniano, infine, il documento indica nel “principled realism” la chiave di lettura teorica delle dinamiche politiche internazionali, affermando di rifiutare qualsiasi rappresentazione influenzata da un’impostazione ideologica.
Il “principled realism” dell’Amministrazione Trump si fonda su tre convinzioni. La prima – legata al sostantivo “realism” – è lo Stato-centrismo: secondo la NSS-17 la pace e la sicurezza sono fondate sull’esistenza di Stati forti e sovrani, che rispettano i diritti dei loro cittadini nella sfera domestica e sono disponibili alla cooperazione in quella internazionale. La seconda – che spiega sempre il sostantivo “realism” – è l’interpretazione ciclica della storia, che si oppone alla teoria della pace democratica che aveva influenzato le precedenti presidenze: nessuna epoca è eccezionale rispetto alle altre e l’idea di evoluzione è chimerica, in quanto la lotta per il potere è una caratteristica ineliminabile dell’ambiente internazionale e grava costantemente sui rapporti tra gli Stati. L’unico elemento di novità del tempo presente va ricercato nel fatto che le sfide non avvengono più prevalentemente nella dimensione militare, ma si realizzano su una molteplicità di arene le cui dinamiche sono accelerate dal progresso tecnologico. La terza, invece, interviene a declinare l’aggettivo “principled”: l’azione del governo americano è fondata sulla certezza che l’avanzamento dei principi etici e politici degli Stati Uniti sia funzionale alla diffusione della pace e del benessere nel mondo.
La NSS-17, comunque, lascia spazio anche a qualche evasione dallo steccato del realismo. Da un lato fa una concessione alla scuola liberale, sostenendo che la sfida attuale prende forma tra i sostenitori dei sistemi politici repressivi e quelli delle società libere (sebbene ciò entri in contraddizione con il recente riavvicinamento con l’Arabia Saudita). Dall’altro ammicca all’approccio regionalista, parlando di “long term challenges” che attraversano le dimensioni politica, militare ed economica ma che restano circoscritte su scala regionale.
L’immagine realista torna comunque subito a prevalere quando il documento affronta le minacce all’ordine unipolare. Al suo interno, infatti, si nota rispetto al passato un’inversione della scala di priorità attribuita alle minacce all’ordine unipolare. La NSS-17, infatti, non esita ad ammettere che gli sfidanti degli Stati Uniti non sono solo attori medi e piccoli o a soggetti non statuali, ma anche alcune grandi potenze. Distingue, infatti, tre tipi di avversari: 1) la Russia e la Cina, che hanno assunto una postura revisionista nei confronti dell’ordine internazionale e si trovano in conflitto con il potere, l’influenza e gli interessi americani; 2) l’Iran e la Corea del Nord, definiti come in passato “Stati canaglia”, che agiscono come fattori di destabilizzazione per il Medio Oriente e l’area dell’Indo-Pacifico; 3) le reti jihadiste (ISIS e al Qaeda) e le organizzazioni transnazionali criminali, che danneggiano attivamente gli Stati Uniti.
Dall’ordine di presentazione degli sfidanti seguito nel documento, si intuisce immediatamente la gerarchia delle minacce percepite dall’America di Trump. E lo spazio successivamente dedicato a Russia e Cina interviene a scansare ogni possibile fraintendimento. Forse anche come conseguenza del “Russiagate” i toni su Mosca sembrano sin troppo enfatici. La NSS-17, infatti, attribuisce a Mosca il ruolo di principale minaccia militare alla sicurezza di Washington nel breve termine. L’ex nemico della Guerra fredda è presentato come un attore spasmodicamente alla ricerca del ripristino del suo status di grande potenza, da cui derivano tre politiche principali: 1) la definizione di una sfera d’influenza invalicabile nello Spazio post-sovietico, come dimostrato dal mancato riconoscimento di fatto della sovranità di Ucraina e Georgia; 2) il ricorso a pratiche sovversive per indebolire la credibilità dell’impegno americano nel mondo, minare l’unità euro-atlantica e indebolire i governi e le istituzioni del continente europeo; 3) la proiezione d’influenza in Europa e in Asia centrale attraverso la leva dell’energia e del controllo delle infrastrutture strategiche.
Pechino, dal canto suo, è considerata attualmente la maggiore antagonista degli Stati Uniti nella dimensione economica ed è rappresentata come la più importante minaccia militare nel medio-lungo termine. Il suo obiettivo attuale, tuttavia, resta quello di ottenere un riordino nella gerarchia del potere e del prestigio nell’area dell’Indo-Pacifico, per rimpiazzare Washington nel ruolo di sua potenza guida. Tre politiche sono particolarmente funzionali al conseguimento di tale scopo: 1) l’espansione del raggio d’azione del suo modello economico “State-driven”; 2) la modernizzazione ottenuta grazie all’accesso alle innovazioni apportate dagli Stati Uniti; 3) lo sviluppo di quello che diventerà l’esercito più potente e meglio finanziato al mondo dopo quello americano, integrato da un arsenale nucleare sempre più ampio e diversificato.
Secondo la NSS-17, inoltre, Russia e Cina sono accomunate da alcuni elementi. In primis, l’incremento delle loro capacità militari è finalizzato a impedire l’accesso degli Stati Uniti in tempo di crisi nelle aree cruciali per i loro interessi strategici. In secondo luogo, le due potenze cercano di sfruttare la visione binaria dei rapporti internazionali degli Stati Uniti – che si sentono alternativamente “in pace” o “in guerra” con gli altri Paesi – realizzando una competizione su vasta scala attraverso metodi innovativi che non implicano direttamente il ricorso alla violenza. Infine, entrambe indirizzano i loro investimenti per ottenere vantaggi competitivi sull’America e sfruttano la posizione ottenuta all’interno di quelle istituzioni internazionali il cui sviluppo è dipeso dall’impegno politico ed economico di Washington proprio per indebolire quest’ultima.
L’Amministrazione Trump passa poi a delineare le politiche che attuerà per fronteggiare la sfida di queste due potenze nel prossimo futuro, ribadendo, anzitutto, l’impegno per garantire un elemento cruciale per la sicurezza nazionale americana: la libera navigazione dei mari. Nel documento, inoltre, esprime la necessità di riaffermare il gap di potere che divide la superpotenza dal resto del mondo, ricorrendo anche agli strumenti militari quando necessario. Dalla percezione di una maggiore forza degli Stati Uniti, infatti, il governo fa dipendere la vitalità delle loro alleanze e la rinuncia dei Paesi revisionisti a ingaggiare la sfida. La concretezza di uno scenario di guerra definito da un rapporto di forze impari, d’altronde, li distoglierebbe dai loro intenti. Secondo l’Amministrazione Trump, tuttavia, l’America ha bisogno anche del sostegno dei suoi alleati del “mondo libero” e, quindi, richiede a questi ultimi l’assunzione di maggiori responsabilità, attraverso l’acquisizione di capacità operative e l’ampliamento delle forze armate. Nei confronti degli altri Stati, invece, Washington si dichiara disponibile a fornire collaborazione e sostegno economico solo agli aspiranti partner che dimostreranno un reale allineamento internazionale con i suoi interessi. Infine, Washington teorizza una politica che sta già mettendo in atto nei confronti delle Nazioni Unite: darà priorità – in termini di impegno diplomatico ed economico – solo a quelle organizzazioni internazionali che agiscono in maniera compatibile agli interessi degli Stati Uniti. Nella NSS-17, infatti, è scritto a chiare lettere che l’impegno sproporzionato che viene richiesto a Washington rispetto agli altri Paesi membri in futuro dovrà trovare necessariamente un corrispettivo nel grado di influenza che gli Stati Uniti vi potranno esercitare.