30 MARZO 2020
Europa. Alla ricerca di un’anima comune
di Gaia Pandolfi
Europa.
Una parola che riporta alla mia mente le parole della professoressa di Storia: quando si parlava della nascita della CECA e della CEE, dell’Atto Unico europeo, del Trattato di Maastricht e dell’Unione monetaria che, ricordo, fu l’ultimo capitolo affrontato. Riaffiorano i momenti delle lezioni universitarie, in particolare il corso di Storia dell’Integrazione europea: ore di approfondimento e confronto, antefatto di veementi dibattiti fra noi studenti sul senso dell’Unione ieri, oggi e domani, che proseguivano fin nei corridoi dell’Ateneo e, a volte, duravano per giorni. Con il passare degli anni, ho compreso come spesso l’Europa venga considerata una realtà astratta, incapace di far percepire il proprio valore se non agli addetti ai lavori.
“L’Europa? Ah, ma è a Bruxelles”, sento spesso quando cerco di spiegare che l’Europa non è soltanto l’Interrail. E a nulla vale ricordare la Storia: l’Italia fra i padri fondatori; Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio mediatore per la democrazia e la libertà del nostro Paese; il Manifesto di Ventotene come presupposto fondante di quell’ideologia europeista che Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi auspicavano. L’Europa nella mente di molti, forse troppi, resta chiusa nei Palazzi di Bruxelles e Strasburgo, priva di quell’anima di cui oggi più che mai necessita. Parafrasando un grande statista, che di unioni fra stati nazionali se ne intendeva “abbiamo fatto l’Europa, ora dobbiamo fare gli europei” – avrebbe commentato il Conte Cavour.
Ancora oggi l’Unione europea appare lontana, mentre la terribile pandemia da Covid-19 falcia impietosa il nostro continente, mietendo vittime fra le fasce più deboli della popolazione, i Grandi della terra (europea) faticano a trovare un accordo per arginare e contrastare le disastrose conseguenze che l’emergenza epidemiologica avrà inesorabilmente sulla nostra società.
“Di fronte all'emergenza di COVID 19, l’Europa è chiamata a scelte radicali.
Questa emergenza mette in pericolo l’esistenza della ‘nostra’ Europa.
Insieme alla dimensione sanitaria di COVID 19 ci sono pesanti conseguenze sociali ed economiche da affrontare congiuntamente”
Quanto dovremo aspettare prima che l’Europa, già minata dalla ferita ancora sanguinante della Brexit soltanto due anni fa, converga verso un punto comune? Quanto prima che i Capi di Governo raggiungano un’intesa per un nuovo Piano Marshall che possa risollevare se non ricostruire, una volta che la tempesta sanitaria sarà terminata, l’economia dell’Unione? Molto, purtroppo, se gli Stati europei anche quando serve il cuore, si chiudono in se stessi.
In fondo, non sarebbe neppure così difficile ritrovarsi. “L’Europa sarebbe diventata di fatto un popolo solo; viaggiando ognuno si sarebbe sentito nella patria comune… Tale unione dovrà divenire un giorno o l’altro per forza di eventi. Il primo impulso è stato dato, e dopo il crollo e dopo la sparizione del mio sistema io credo che non sarà più possibile altro equilibrio in Europa se non la Lega dei Popoli”. Scriveva nel suo Memoriale, già qualche secolo fa, un certo Napoleone Bonaparte.