Ateneo

L'ESISTENZA DELL'EUROPA - Il contributo di Gaetano Tedeschi

23 MARZO 2020

LETTERA APERTA

di Gaetano Tedeschi

Signori, Il grande senso dello Stato che ci accomuna, mi induce a esporvi mie riflessioni

Sono un semplice Ingegnere ancorchè abbia gestito grandi gruppi Industriali pubblici e privati, e come tale conservo una visione analitica dei problemi. Vogliate pertanto perdonarmi invasioni in campo politico,comunque da prendere come spunto.

Vorrei in un clima di sintesi partire dalle conclusioni a cui giungo portando sul tavolo politico i vari step e percorsi logici.

  1. La globalizzazione (messa in evidenza nell’attuale emergenza)ci porta comunque a traguardare modelli di Unione tra Stati e per quanto ci riguarda Europa
  2. Il modello ci viene con semplicità mostrato proprio da questa esperienza dalla quale si esce (vedi Cina)solo con un sistema unitario in cui il default di una regione (in questo caso Italia e Spagna) è superabile se fanno parte di una nazione che accomuna popoli di culture e religioni affini. L’effetto moltiplicatore di diseguaglianze con certezza prevedibili nella situazione di emergenza ci induce a accelerare tale processo
  3. Va in tale chiave affrontato il tema dei rapporti economici e produttivi tra i grandi (Europa Russia Cina Usa) con nuovi criteri e strategie.Quelle attuali sono figlie di conflitti mondiali ormai lontani e successive guerre fredde, allo stato obsolete. Tali strategie pertanto vanno modificate con decisione e fermo impulso valutando gli elementi motori dello sviluppo. In particolare nella produzione di energia e delle sue fontivero motore di qualsiasi progresso industriale.Le società di Stato come ENI , che rivedere le proprie strategie fino ad oggi impostate su investimenti per concessione di estrazione puntando invece su sistemi energetici ecocompatibili
  4. Un ruolo determinante lo svolgeranno I grandi player, bancari e industriali, e soprattutto le società di Stato nel loro ruolo di essere trainanti di un sistema produttivo fatto di piccole e medie imprese, ad oggi viste solo come strumenti di un mercato speculativo, teso all’unico obiettivo degli utili e per lo Stato incalzato da obblighi di indici, dividendi.

Tali conclusioni partono dalla seguentesintetica analisi

La politica europea sta con difficoltà traguardando l‘urgenza di un modello sociale europeo capace di ricostruire i diritti universali che le politiche economiche neoliberiste hanno indebolito.”

e si completano attraverso la lettura di dati e con la proiezione degli stessi nello scenario di emergenza finanziaria/sociale che si scatenerà a breve a seguito delle necessarie (in quanto etiche) misure per arginare la pandemia del Coronavirus

EUROPA NELLA SITUAZIONE ATTUALE

un decennio di lunga e profonda crisi, l’impoverimento della classe media, l’invecchiamento della popolazione, la precarizzazione del lavoro e lo spettro della povertà che è avanzato in tutta Europa, specie in Paesi come il nostro caratterizzati da un sistema di protezione sociale inefficace. Vi sono poi state le scelte politiche europee neoliberiste più attente al rigore del pareggio dei bilanci degli Stati membri, alla competitività globale, che non ad assicurare condizioni di vita e di lavoro dignitose per tutti. Fattori concomitanti questi, che hanno di fatto ridotto l’accesso ai servizi pubblici aggravando ulteriormente le già precarie condizioni di milioni di persone. Viene, de facto, rimesso in discussione il principio dell’accesso universale a condizioni di vita dignitose per tutti i cittadini, mentre le distanze tra ricchi e poveri continuano ad acuirsi. Segno, quest’ultimo, dell’importante arretramento della politica in tema di giustizia sociale, di redistribuzione dei redditi e delle ricchezze, della sua rinuncia a fronteggiare dinamiche economiche di natura internazionale. Ne sono prova i dati Eurostat sui redditi degli individui che ci riconsegnano un’Europa diseguale con incrementi consistenti dell’indice di disuguaglianza economica

La scarsa efficacia delle politiche nazionali ed europee nel contrastare questo fenomeno fortemente correlato alla nuova stagione del capitalismo contemporaneo, il fincapitalismo , ha inevitabilmente impattato su un aumento dell’indicatore relativo alla popolazione a rischio di povertà monetaria. Tale indice definisce chi vive in famiglie con un reddito equivalente non superiore alla soglia di povertà è passato nel periodo 2010/2015 dal 16,5% al 17,3% (Eurostat 2017). È evidente l’urgenza di un recupero della centralità delle politiche pubbliche in ambito sociale per rispondere al disagio economico e sociale che non lascia immuni neanche coloro che un lavoro ce l’hanno, ma sono retribuiti in modo insufficiente o comunque non godono della stabilità necessaria per potersi considerare al riparo dal rischio povertà, .Dato questo ancora più  preoccupante il trend di crescita dei– Lavoratori a rischio povertà in Europa valori tra il 6% (Finlandia) e  20% (Romania)| . Il quadro descritto da Eurostat, in un generale avanzamento del lavoro povero in Europa, pone l’Italia (anno 2016) tra i Paesi con il più alto tasso di lavoratori a rischio di povertà o esclusione sociale, preceduta solo da Spagna, Grecia e Romania  Tali indici e relativi squilibri  fanno ipotizzare “espulsioni” o peggio”autoesclusioni” Insomma, l’area degli “esclusi” o a rischio di espulsione si allarga senza più importanti resistenze, poiché “includere” non è funzionale allo sviluppo dell’economia finanziaria a differenza dell’economia materiale ,L’economia politica globale ci pone di fronte quindi ad un nuovo e allarmante problema: l’emergere della condizione di espulsione  Nonostante l’urgenza di politiche pubbliche atte a frenare le disuguaglianze sociali ed economiche che stanno minando i valori di un’Europa più equa e inclusiva, si deve prendere atto del fallimento della Strategia Europa 2020, licenziata dalla Commissione europea nel pieno della crisi economica (2010)  in quell’ambizioso obiettivo di ridurre di 20 milioni gli oltre 80 milioni di persone nell’UE (16,5% dell’intera popolazione nel 2008) che vivevano al di sotto della soglia di povertà è stato seppellito da una politica di austerità imposta a tutti gli Stati membri, di cui lo stesso Fondo monetario internazionale ne riconosce oggi i limiti. In poco tempo, di quel modello di sviluppo e dei suoi target è rimasta la mera evocazione, mentre la popolazione a rischio di povertà o di esclusione sociale è aumentata in Europa senza alcun freno, colpendo 119 milioni di persone (nonostante le prestazioni sociali) e attestandosi al 25% della popolazione totale. È pur vero che Europa 2020 mirava a risolvere alcuni dei problemi che avevano caratterizzato la strategia del decennio precedente (la cosiddetta Strategia di Lisbona) portando l’Europa verso un modello di prosperità, piuttosto che di austerità. Nel lodevole tentativo di realizzare una crescita bilanciata, la Strategia Europa 2020, inghiottita dalla crisi del debito sovrano, ha mostrato tutta la sua debolezza nel processo di implementazione, ma dato allarmante la sua visione viene riproposta nella stesura della successiva Agenda 2030

COSA CAMBIA CON L’ATTUALE EMERGENZA

Vorrei tralasciare le cause che ci hanno portato alle misure adottate, essendo meri esercizi e di analisi che vedranno la dialettica politica/scientifica, sulle quali si discuterà a lungo. Certamente in sintesi comunque riconducibili a una presa d’atto dell’insufficienza sanitaria a fronteggiare fenomeni ancorchè naturali, aprendo un vasto dibattito sia etico che strutturale/istituzionale.Mi soffermo invece su quelle che sono le conseguenze di tale emergenza.

L’effetto devastante è una accelerazione di problemi che non sono compatibili con il tempo di uscita da crisi finanziaria, ma che compromettono lo status di sopravvivenza generato da improvvisa povertà che produrrebbe  scenari di distruzione di qualsiasi politica Europea o comunque di aggregazione , in virtù delle regole imposte dalla globalizzazione .Nulla a che vedere per gli effetti con il 29 o il 2003 e 2008

Il crollo del PIL stimato in circa il 4% al mese è un fattore con crescita esponenziale, nel senso che per effetto induttivo il secondo mese avrà un crollo del 8 e il terzo del 16%, fino a collassare nella soglia del 33%.

Riportando tale dato negli indici di povertà l Italia con una differenziazione massima nella crescita PIL  rispetto a Germania di  soli 1,2 punti ha mostrato una crescita del 3% all’anno di tale indice rispetto allo 0.3% della stessa Germania. Questo vuol dire che il L’indice di povertà si moltiplica 10 volte la differenziazione nella crescita di PIL.

Va da se che nel più ottimistico quadro di una differenzazione dovuta al periodo di emergenza vedrebbe l’Europa deflagrata da un big bang socioeconomico

EUROPA FUTURA post emergenza CORONAVIRUS

Sembra cinismo ma sono profondamente convinto che non lo sia. L’emergenza che ha sempre caratterizzato i cambiamenti mondiali, anche questa volta ci porge la possibilità di rinnovarci e superare con tempistiche eccezionali percorsi che se affrontati con confronto dialettico avrebbe allungato a dismisura

Non cè molto tempo per prendere decisioni, ma è chiaro che è il momento di richiamare ogni centro decisionale, ogni lobby internazionale, ogni struttura che possa incidere in tali scelte a proporre un modello di Europa davvero pronto a sostenere una cura e un programma di ricrescita comune.

La prima immediata decisione è la creazione di una vera banca centrale con le caratteristiche di autonomia dei governi correndo anche il rischio di una governance di tipo finanziario e non gia sociale, credo sia la terapia più semplice da mettere in atto. Forse una amara (in termini di democrazia) immediata medicina, che comunque avrebbe effetto di intubamento del malato (in fondo lo siamo Spagna e Italia in Primis) per dargli poi il tempo con il proprio corpo di reagire.

Superato il primo periodo la reazione di terapia sarà poi la creazione di un unico modello di Unione. Lo stesso che sia federativo odi altra natura farà parte di un dibattito politico da affrontare con scadenze certe e magari sottoposto a referendum europeo entro 12 mesi

La base dello stesso dovrà essere in ogni casofondata  sullo  sviluppo integrato Intelligente, sostenibile e Inclusivo che punta a una crescita sostenibile non solo in termini di PIL, ma anche in ambito sociale e ambientale.

MODELLI PRODUTTIVI E INDUSTRIALI CONSEGUENTI

Da qui anche i vari conseguenti modelli produttivi non più finalizzati alla generazione di meri guadagni  premianti solo e sempre più gli effetti speculativi, che per loro  natura , non possonoche favorire sleale concorrenza e corruzione.

Serve un cambio di percorso anche gestionale. I grandi gruppi soprattutto di controllo Pubblico saranno chiamati a favorire il trascinamento della piccola e media impresa, sollevando la stessa dai temi che ne impediscono lo sviluppo, cioè incapacità di mezzi finanziari e mancata possibilità di investimento in ricerca e sviluppo.

In campo Internazionale soprattutto per L’Energia , bisognerà essere pronti , a svincolarsi da politiche degli ultimi decenni  basate solo su accaparramento delle risorse con acquisizioni di concessione o dei mercati  e mettere in atto nuove strategie, puntando su innovazione tecnologica di cui i mercati attuali cmq si serviranno.Per i mercati emergenti in particolare Africano,attuando una nuova politica, non più colonialista ma fornitore di servizi e attrezzature tecnologicamente avanzate.saranno invece prodotti di riferimento per il loro sviluppo

Per questo servono anche uomini nuovi, che abbiano la conoscenza degli apparati nonché delle necessarie interazioni tra politica e strategia ,ma che non ne fanno parte e quindi liberi di seguire “nuove direttive”che  la politica, mi auguro Europea , vorrà dare. Io ci sono.

 

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