2 APRILE 2020
La solidarietà europea al tempo del Covid-19
Di Andrea Campiotti
In appena dieci anni, un periodo di tempo relativamente breve, le fragilità dell’assetto ordinamentale, politico ed economico dell’Unione europea sono venute drammaticamente alla luce. A questa situazione di debolezza istituzionale, politica ed economica hanno contribuito soprattutto tre avvenimenti che hanno messo a dura prova la stabilità delle Istituzioni europee, ponendo numerosi interrogativi sul futuro dell’integrazione eurounitaria.
- la crisi del debito sovrano, cheha compromesso la stabilità economica e finanziaria di alcuni Stati membri dell’Unione, generando forti tensioni tra gli Stati più indebitati, come Grecia, Italia, Spagna e Portogallo, e quelli più rigoristi, come la Germania;
- la crisi migratoria,che ha conosciuto la sua fase più acuta in seguito alla c.d. “primavera araba” e al conseguente flusso massiccio di migranti provenienti dai Paesi del Medio Oriente (Siria) e dell’Africa settentrionale (Libia);
- la Brexit, ovvero il recesso ex 50 TUE[1]del Regno Unito dall’Unione europea richiesto a seguito dell’esito favorevole registrato al referendum del giugno 2016. Dopo aver notificato la propria volontà di recedere nel marzo 2017 e aver negoziato le condizioni con le Istituzioni europee per oltre due anni, il Regno Unito ha formalizzato il proprio recesso dall’Ue lo scorso 31 gennaio.
Questi tre avvenimentihanno contribuito significativamente a mettere in crisi il progetto di integrazione europea. L’Unione, complice anche la resistenza di alcuni Stati membri, si è infatti dimostrata incapace di affrontare in modo comune la situazione di crisi e al ruolo che avrebbe dovuto esercitare hanno, il più delle volte, supplito i singoli Stati in modo più o meno coordinato.
In queste settimane l’Unione europea si trova a dover gestire una crisi altrettanto profonda, che non ha origini politiche o economiche, sebbene le conseguenzesul piano politico, economico e anche sociale siano molto rilevanti.Si tratta della crisi sanitaria provocata dal Covid-19, il virus che ha colpito dapprima la Cina, in particolare la città di Wuhan (nella parte meridionale del Paese), e che si è poi rapidamente diffuso in Europa e nel resto del mondo.
Questa epidemia, che ha ormai assunto le dimensioni di una pandemia, come ha sottolineato l’Organizzazione mondiale della sanità, ha costretto i governi nazionaliadadottare misure straordinarie per contenere il numero di contagi, che hanno comportato una graduale compressione delle nostre libertà individuali (e fondamentali) senza precedenti.
Nonostante la drammaticità della situazione che stiamo vivendo, la solidarietà sembra non ispirarel’azione dell’Unione europea e quella degli Stati membri.Lo dimostrano chiaramente i contrasti permanenti tra i paesieuropei nell’approvvigionamento del materiale sanitario. Si pensi, ad esempio, a quanto è accaduto nei giorni scorsi in Polonia e in Repubblica Ceca, dove sono state sequestrate da parte delle autorità locali partite di mascherine dirette in Italia.
La mancanza di solidarietà e, più in generale, l’assenza di una strategia comune a livello europeo si è poi dimostrata nell’ultimo Consiglio europeo del 26 marzo, ove di fronte alla richiesta di Italia e Spagna, i paesi che stanno pagando il prezzo più alto in termini di contagi e di morti, di trovare un’intesa sulla sospensione temporanea del Patto di Stabilità e sull’impiego dei c.d. “coronabond”, altri paesi, tra i quali la Germania e i Paesi Bassi, si sono opposti. Proprio a causa della loro opposizione non è si è potuta raggiungere l’unanimità richiesta dai trattati per approvare queste importanti misure.
Eppure, il principio di solidarietà ricorre con frequenza nei testi costituzionali, nelle dichiarazioni universali e nelle convenzioni internazionali dei diritti dell’uomo. Le costituzioni e le altre carte fondamentali dei diritti codificano le “tavole dei valori”, ovvero individuano una serie di principi a fondamento degli ordinamenti giuridici, provvedendo altresì a enunciare veri e propri “cataloghi” dei diritti e delle libertà fondamentali spettanti a ciascuno di noi.
Ciò avviene dalla nascita del costituzionalismo moderno, convenzionalmente individuata nell’approvazione da parte della prima Assemblea nazionale francese della Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789. Essa è, infatti, considerata la prima carta costituzionale della storia moderna, antesignana e fonte di ispirazione per le successive costituzioni e dichiarazioni universali dei diritti. La solidarietà, come principio, deriva dalla “fraternité”, che completa la triade “Liberté,Égalité, Fraternité”, fondamento valoriale alla base della Dichiarazione e della cultura costituzionale europea.
Ancora oggi, tra i principi fondamentali del nostro ordinamento, oltreché di quello dell’Unione europea, si colloca proprio la solidarietà. La nostra Costituzione richiama il principio della solidarietà in numerose sue disposizioni, a volte espressamente (art. 2), altre volte implicitamente (in particolare, agli artt. 3, 4, 31, 34, 37, 38).
Il principio di solidarietà è poi fortemente presente nel diritto dell’Unione europea. In particolare, esso titola il III Libro dellaCarta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (artt. 27-38)del 2000, che, in seguito all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (1° dicembre 2009), ha acquisito pari dignità giuridica dei trattati ai sensi dell’art. 6 TUE. La solidarietà compare inoltre sotto forma di clausola all’art. 222 TFUE[2]. In particolare, quest’ultima disposizione, contenuta del Titolo VII del Trattato, stabilisce al suo primo paragrafo:
«L’Unione e gli Stati membri agiscono congiuntamente in uno spirito di solidarietà qualora uno Stato membro sia oggetto di un attacco terroristico o sia vittima di una calamità naturale o provocata dall'uomo. L'Unione mobilita tutti gli strumenti di cui dispone, inclusi i mezzi militari messi a sua disposizione dagli Stati membri, per:
a) - prevenire la minaccia terroristica sul territorio degli Stati membri;
- proteggere le istituzioni democratiche e la popolazione civile da un eventuale attacco terroristico;
- prestare assistenza a uno Stato membro sul suo territorio, su richiesta delle sue autorità politiche, in caso di attacco terroristico;
b) prestare assistenza a uno Stato membro sul suo territorio, su richiesta delle sue autorità politiche, in caso di calamità naturale o provocata dall'uomo».
Dalla disposizione si evince che le cause che determinano il ricorso (eventuale) alla clausola di solidarietà ex art. 222 TFUE, che impone agli Stati membri dell’Unione europea di agire «in uno spirito di solidarietà» e con tutti i mezzi possibili, compresi quelli militari, sono due: la minaccia terroristica e le calamità di tipo naturale o provocate dall’uomo.
Alla luce delle fragilità emerse a causa di questapandemia, l’Unione e gli Stati membri valutino l’ipotesi di riconsiderare il principio di solidarietà iscritto nei Trattati. Ridefiniscanol’art. 222 TFUE (di cui sopra), inserendo, tra le cause che possono determinarne il ricorso, anche quella che stiamo oggi vivendo, ossia quella di una crisi sanitaria.
Si ricostruisca un’Unione europea più coesa e solidale, capace di far fronte alle grandi sfide che ancora l’attendono, riconsiderandoil principio di solidarietà, che pure trova precisa collocazione all’interno dei trattati e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che ha valore primario al pari dei primi (art. 6 TUE).
Come ha saggiamente ricordato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso alla Nazione lo scorso 27 marzo, date le drammatiche condizioni in cui versa l’Europa e la necessaria urgenza di adottare iniziative comuni, “la solidarietà non è soltanto richiesta dai valori dell’Unione, ma è anche nel comune interesse”.
Note:
[1] Trattato sull’Unione europea.
[2] Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.